Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46774 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46774 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VALERIO GIUSEPPE N. IL 30/10/1959
avverso l’ordinanza n. 24/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
15/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. h.0.11… F/U2 44

e

Uditi dife or Avv.;

i &t V Idso

Data Udienza: 30/10/2013

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 15.05.2012 la Corte di Appello di Bari liquidava in
favore di Valerio Giuseppe la somma di C 75.440,00 a titolo di riparazione per
l’ingiusta detenzione subita dal medesima esponente.
La Corte di Appello osservava che Valerio era stato sottoposto alla misura
cautelare carceraria per 305 giorni, nel periodo corrente dal 28 maggio 2001 al 28
marzo 2002, ed in seguito a quella degli arresti domiciliari, per 46 giorni, sino

Collegio evidenziava che il quadro indiziario si sostanziava nelle sole dichiarazioni
rese dalla persona offesa; e che il prevenuto era stato di poi assolto con sentenza
del Tribunale Di Foggia del 23.02.2006 (irrevocabile il 9.02.2006) per insussistenza
del fatto, stante l’integrale ritrattazione delle dichiarazioni accusatorie effettuata dal
Costantini in corso di dibattimento.
Esclusa la sussistenza di alcun profilo di colpa ascrivibile al richiedente,
rispetto alla detenzione subita, la Corte di Appello stabiliva in C 230,00 la somma
da computare per ogni giorno di custodia carceraria; ed in C 115,00, quella relativa
a ciascun giorno in regime di arresti domiciliari, liquidando in favore dell’esponente
la complessiva somma pari ad C 75.440,00, sopra richiamata. La Corte territoriale
rigettava la richiesta relativa ai lamentati danni economici, in assunto derivanti alle
culture presenti nella azienda agricola del prevenuto, osservando che si trattava di
azienda famigliare, di talché i lavori necessari alle colture ben avrebbero potuto
essere svolti da altri familiari dell’esponente, nel periodo in cui Valerio Giuseppe si
trovava ristretto.
2. Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Bari ha proposto
ricorso per cassazione Valerio Giuseppe, a mezzo del difensore.
La parte denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in
riferimento alla determinazione dell’indennizzo. Osserva che la Corte Territoriale,
nel fare riferimento al criterio aritmetico individuato dalla giurisprudenza di
legittimità, ha computato immotivatamente la somma di C 230,00 per ogni giorno
di detenzione in carcere e quella di C 115,00 per ogni giorni in regime di arresti
domiciliari, laddove la Corte regolatrice ha costantemente indicato in C 235,83 il
fattore di indennizzo per la custodia carceraria, ed in C 117,91, quello relativo alla
detenzione domestica, attesa la sua minore afflittività.
L’esponente osserva che, pur procedendo ad una valutazione equitativa, il
giudice della riparazione deve comunque giustificare il discostamento dai richiamati
parametri. E rileva che, nel caso di specie, la Corte di Appello ha pure omesso di
considerare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli subite dall’esponente, in
riferimento all’ambito della attività lavorativa, pure a fronte di specifica
documentazione versata in atti. A tale ultimo riguardo, la parte osserva che la
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14.05.2002, in riferimento al delitto di estorsione in danno di Costantini Nicola. Il

Corte territoriale ha affermato che i lavori agricoli avrebbero potuto essere svolti
dai familiari del richiedente, non considerando che pure il figlio e due fratelli del
Valerio erano stati tratti in arresto.
3. Il Procuratore Generale con requisitoria scritta ha chiesto l’annullamento
con rinvio del provvedimento impugnato, osservando che la Corte territoriale non
ha applicato i consolidati principi affermati dalla Suprema Corte di Cassazione nella
materia che occupa ed abbia omesso di apprezzare le gravi ripercussioni in ambito

Considerato in diritto
4. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
4.1 Occorre considerare che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che
la liquidazione dell’indennizzo in questione va disancorata da criteri o parametri
rigidi e che deve, al riguardo, procedersi con equità, valutando la durata della
custodia cautelare e, non marginalmente, le conseguenze personali e familiari,
derivanti dalla privazione della libertà, questa intesa non “come un dato o valore
statico, ma come valore dinamico, come valore (…) indispensabile ad ognuno per
sviluppare, liberamente, la propria personalità (…)”; sicché “debbono essere
valutati i due criteri di proporzionamento della riparazione, che consistono nella
durata della custodia cautelare e nelle conseguenze personali e familiari derivanti
dalla privazione della libertà” (Cass.

Sez.

U, Sentenza n. 1 del 13/01/1995,

dep. 31/05/1995, Rv. 201035). Ne consegue che il giudice della riparazione deve
procedere alla liquidazione dell’indennizzo, sulla base di tali parametri ed entro il
tetto massimo del quantum indennizzabile, tenendo conto della durata della
custodia cautelare ed apprezzando tutte le conseguenze pregiudizievoli che essa ha
comportato, sotto il profilo personale, familiare, patrimoniale, morale, diretto o
mediato, che siano in rapporto eziologico con la ingiusta detenzione. Ed è stato
ulteriormente chiarito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24287 del 09/05/2001,
dep. 14/06/2001, Rv. 218975) che la liquidazione dell’indennizzo va effettuata
tenendo conto del parametro aritmetico costituito dal rapporto tra il tetto massimo
dell’indennizzo di cui all’art. 315, comma 2 cod. proc. pen., e il termine massimo
della custodia cautelare di cui all’art. 303, comma 4, lett. c), cod. proc. pen.,
espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di
ingiusta detenzione subita, mentre il potere di liquidazione equitativa attribuito al
giudice per la soluzione del caso concreto non può mai comportare il superamento
del tetto massimo normativamente stabilito.
Posto, dunque, che il criterio aritmetico sopra enunciato deve essere tenuto
presente come dato di partenza della relativa valutazione indennitaria – ponendosi
esso come dato oggettivo di equità valutabile dal giudice – qualora il giudice intenda
discostarsi dalla misura dell’indennizzo, anche in riferimento alle modalità, più o
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professionale derivanti dalla detenzione.

meno afflittive della detenzione, deve fornire adeguata motivazione idonea a dare
contezza delle circostanze specificamente apprezzate, sotto il profilo personale e
familiare, che hanno giustificato il discostamento dal predetto criterio (Cass. Sez.
IV, sentenza n. 30317 del 21.6.2005, Rv. 232025).
4.2 Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale, nel riconoscere in favore
di Valerio Giuseppe la complessiva somma pari ad € 75.400,00, a titolo di
riparazione per l’ingiusta detenzione subita dall’esponente, ha fatto espresso

sostanzialmente conformi a quelli indicati dalla Suprema Corte, di talché la dedotta
carenza motivazionale non ha alcun pregio.
Con riguardo, poi, al rigetto della richiesta che era stata pure spiegata dal
deducente, relativa al riconoscimento di ulteriori danni, derivanti dalla detenzione
subita, afferenti all’ambito lavorativo della parte medesima, il Collegio ha sviluppato
un percorso argomentativo che risulta del tutto immune dalle denunciate aporie di
ordine logico e che non può pertanto essere sindacato in questa sede di legittimità.
Ed invero, il Collegio ha osservato che la cura delle coltivazioni in essere
presso l’azienda agricola di famiglia, ben poteva essere utilmente affidata ad altri
componenti della azienda del richiedente o a personale esterno, in costanza di
detenzione del Valerio; ed ha chiarito che proprio l’ambito dimensionale della
azienda agricola di cui si tratta, emergente dalla consulenza tecnica di parte
acquisita agli atti, giustificava tale assunto.
5. Si impone, pertanto, il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 30 ottobre 2013.

riferimento al parametro aritmetico, applicando fattori indennitari che risultano

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