Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46771 del 19/09/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46771 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

Data Udienza: 19/09/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDO ROCCO N. IL 22/04/1985
avverso l’ordinanza n. 1171/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 28/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
ntite le conclusioni del PG Dott.
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Ricorrente LOMBARDO Rocco.
Ritenuto in fatto

Con ordinanza pronunziata in data 28 dicembre 2012, il Tribunale di Reggio
Calabria – Sezione del riesame-respingeva la richiesta di riesame proposta da
LOMBARDO Rocco ci. 85 avverso il provvedimento 4 dicembre 2012 del GIP
dello stesso Tribunale, di applicazione della misura cautelare intramuraria al
predetto quale indagato dei delitti di cui all’art.74, commi 1, 2 e 3 d.P.R. n.

d.P.R. n. 309/1990 ( capi nn. 23, 26 e 30 ), rispettivamente commessi nella
provincia di Reggio Calabria, sia sul versante jonico che su quello tirrenico con
diramazioni anche nelle province di Crotone e di Catanzaro, fino alla data della
richiesta del P.M. nonché in Africo ed in Marina di Gioiosa Jonica il 16, il 23 ed il
18 agosto 2007.
Ricorre per cassazione Lombardo Rocco, per tramite del difensore, deducendo
un unico motivo per vizi di violazione di legge e di mancanza ed illogicità della
motivazione, così riassunto.
Deduce il ricorrente che il Tribunale del riesame, nel confermare il
provvedimento restrittivo della libertà emesso dal GIP, ha, con motivazione priva
di qualsiasi coordinazione e di coerenza logica con gli elementi indiziari, del
tutto omesso di verificare che il contenuto dei dialoghi intercettati ( che
costituiscono l’unico riscontro per l’accusa ) non corrispondeva a verità ma era
frutto di pura millanteria. Avrebbe dovuto invero riconoscersi che Lombardo
Rocco ( a dispetto del contenuto apparente delle conversazioni che potevano
far pensare alla disponibilità di due kg di stupefacente ) non aveva mai di fatto
trattato siffatti quantitativi di stupefacente, avendo come unico scopo quello di
accreditarsi presso l’ignoto acquirente identificato solamente con il nome di
Giuseppe. Con particolare riferimento sia alla gravità indiziaria del delitto
associativo e dei reati – fine di spaccio sia alla ritenuta sussistenza delle esigenze
cautelari, sostiene il ricorrente che i Giudici del riesame non avrebbero tenuto in
alcun conto le dichiarazioni autoaccusatorie rese dal prevenuto che ebbe ad
ammettere qualche singolo episodio di cessione, contribuendo in tal modo alla
ricostruzione investigativa dei fatti e dimostrando un’assoluta volontà di
resipiscenza rispetto al passato.
Conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Considerato in diritto

309/1990 ( capo n. 1) ed agli artt. 110 cod. pen.73 commi 1 e 1- bis lett. a)

Il ricorso è infondato e deve quindi esser respinto con il conseguente onere del
pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente,

ex art. 616 cod.

proc. pen.
Diversamente dalle dedotte censure sapoditticheh talvolta neppure conferenti
con lo specifico

thema decidendum

e sostanzialmente finalizzate alla

rivisitazione dell’apprezzamento della gravità del quadro indiziario – è opportuno
preliminarmente rilevare che il Tribunale del riesame ha fatto buon governo degli
insegnamenti interpretativi delle disposizioni normative di riferimento,

convincimento il Giudice a quo ha poi dato adeguata ed ineccepibile contezza
con motivazione appropriata e congrua che si sottrae alle obiezioni – invero
infondate – avanzate dal ricorrente.
Il Tribunale, facendo propria la motivazione dell’ordinanza cautelare impugnata,
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ha messo in rilievo, Pir.15A.unq al requisito dei gravi indizi di colpevolezza, il
contenuto di talune intercettazioni ambientali ( testualmente ritrascritte )
captate a bordo dell’automobile intestata alla madre del prevenuto ed in uso a
quest’ultimo, direttamente concernenti le imputazioni dei c.d. reati-fine, la cui
interpretazione

costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del

giudice di merito e che si sottrae al sindacato di legittimità, se tale valutazione è
motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza ( cfr.
ex multis: Sez. 6 n.35680/2005; Sez. 6 n.15396/2007; Sez. 6 n.17619/2008).
Era così emerso,quanto all’imputazione sub n. 23, che il Lombardo – unitamente
al cugino Macrì Domenico – aveva la disponibilità di circa due kg. di sostanza
stupefacente tipo cocaina ( ” due pacchi ” )

che entrambi erano intenzionati a

cedere a terzi dopo avere, di comune accordo, fissato il prezzo di vendita.
Quanto al reato di cui al capo n. 26 – relativo alla cessione di circa 0,7-0,8 gr. di
cocaina al prezzo di circa 70 euro ascritta in concorso anche al Lombardo Rocco si era acclarato che costui, ricevuta la richiesta della cessione dello stupefacente
da un interlocutore sconosciuto verosimilmente di nome Orlando, di ” un paio di
pezzi di cocainella ” su incarico di tale Peppe, d’intesa con il padre Carlo, curò il
reperimento dello stupefacente fissandone il prezzo e riferendo poi al padre
dell’avvenuta consegna.
In relazione ai delitti sub capi n. 29 e 30 (ritenuta dal GIP quest’ultima
contestazione, assorbita nel capo precedente) relativi rispettivamente alla
detenzione di circa kg due di cocaina poi occultata e distribuita dall’indagato, in
concorso con altri, ad ignoti acquirenti ed alla cessione a tale Antonio (non
meglio identificato ) di un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente
verosimilmente tipo cocaina, era risultato indiscutibilmente comprovato che
trattavasi effettivamente di tale tipo di stupefacente, avendo il Lombardo Rocco
avvertito che: “bruciava il naso !” .

Ha peraltro ineccepibilmente ribadito il

2

costantemente ribaditi dalla giurisprudenza di questa Corte. Del raggiunto

Collegio del riesame che, in base al contesto fattuale dei colloqui captati,
restava escluso che ”

i conversanti abbiano detto il falso per ragioni

calunniatorie, millantatorie, ludiche o di altri tipo ”

sull’ineccepibile e perspicuo

rilievo del contenuto ” autoaccusatorio ( prima ancora che eteroaccusatorio ) di
molti dialoghi; della coerente successione di telefonate con soggetti diversi; della
puntuale realizzazione dei viaggi indicati nella conversazioni stesse e delle
verifiche compiute attraverso i tradizionali servizi di P.G., in concomitanza con
l’ascolto di talune conversazioni “.

al sodalizio criminale appariva agevolmente desumibile non solo dalla
sussistenza di continui traffici di sostanza stupefacente,dalle analoghe modalità
operative, dal linguaggio convenzionale criptico ( non altrimenti plausibile ) e
dalle reciproche e stabili relazioni di affidabilità intercorse tra gli stessi soggetti,in
un rilevante arco di tempo compreso tra aprile e settembre 2007, ma anche dai
veri e propri movimenti di gruppo che,posti i notevoli quantitativi di stupefacente
trattato, risultavano destinati alla realizzazione di un programma e di comuni
obiettivi criminali indeterminati. Il tutto valeva ad avvalorare la fattuale
consistenza di quel minimo di organizzazione necessario per raggiungerli. Con
particolare riferimento alla posizione del Lombardo Rocco cl. 85 era emerso che
costui intratteneva relazioni stabili e qualificate con tutti gli altri famigliari ( a
vario titolo coinvolti nello stesso sodalizio ) sul presupposto della indubbia
consapevolezza di contribuire alla realizzazione delle finalità illecite
dell’associazione criminale, svolgendo anch’egli attività professionale nello stesso
settore dello spaccio di sostanze stupefacente.
In ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale del riesame,
richiamata la presunzione normativa di carattere relativo di cui all’art. 275,
comma 3° codice di rito, a seguito della sentenza della Corte costituzionale, ha
rimarcato che non appariva di per sé sufficiente a vincerla, il mero decorso del
tempo,tenuto conto del forte radicamento territoriale dell’associazione criminale;
del numero dei soggetti coinvolti; della frequenza degli episodi e dei significativi
quantitativi di droga trattati. La gravità dei fatti ed i collegamenti con il sodalizio
denotavano ex se una precisa scelta di vita delinquenziale dell’indagato, come
tale non influenzabile dal mero decorso del tempo. Di talchè il Tribunale ha
opportunamente confermato gli assunti argomentativi del GIP in ordine
all’inadeguatezza di altra misura custodiale – meno afflittiva – a salvaguardare in
particolare l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione di reati della stessa
specie.

PQM

3

Per ciò che concerne l’imputazione sub capo n. 1, la partecipazione dell’indagato

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’articolo 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.

Così deciso in Roma,lì 19 settembre 2013.

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