Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46759 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46759 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EPIFANIO ANNAMARIA
EPIFANI VITA MARIA
nei confronti di:
BUTA GAETANO N. IL 26/02/1958
MASTROROCCO SAVERIO N. IL 22/01/1961
CARELLA ANNA N. IL 20/12/1961
avverso la sentenza n. 781/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
12/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Eti e.
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Udito, per la parte civile, l’Avv,
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La Corte di Appello di Bari, con sentenza in data 12 ottobre 2012, pronunciando sugli appelli proposti dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari e dalle parti civili Epifani Vita Maria ed Epifanio Annamaria, nonché sugli appelli incidentali degli imputati Carella e gttrorocco, confermava integralmente la sentenza di primo grado. Il Collegio rilevava che risulta maturato il termine prescrizionale massimo relativo al reato in addebito; e che, non di meno, doveva confermarsi la sentenza assolutoria resa dal Tribunale, essendo emersa con evidenza solare l'innocenza dei tre imputati. La Corte territoriale chiariva che se pure risultava sussistente il nesso causale tra la caduta dal letto della paziente e l'evento morte verificatosi, doveva escludersi ogni profilo di colpa, in termini di omessa vigilanza, ascrivibile agli imputati. Il Collegio sottolineava che il lieve stato di agitazione della paziente, come accertato in corso di giudizio, in epoca antecedente alla caduta da letto, non imponeva la predisposizione di sistemi di contenzione, i quali si rendono necessari nei soli casi in cui i pazienti manifestano segni di insofferenza e palese agitazione. E rilevava che la caduta della paziente risultava, nel caso di specie, evento del tutto imprevedibile. 3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari hanno proposto ricorso per cassazione le parti civili Epifanio Annamaria e Epifani Vita Maria, a mezzo del difensore. In primo luogo gli esponenti deducono il vizio di motivazione, con riguardo alla intervenuta esclusione di profili di colpa ascrivibili agli imputati. Le parti rilevano che la Corte di Appello, contraddittoriamente, da un lato ha ritenuto sussistente il nesso di derivazione causale tra la caduta della paziente e l'evento morte e, dall'altro, ha escluso la responsabilità degli imputati nella causazione dell'evento. I deducenti si soffermano sulla deposizione resa dal teste Lancialonga, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Cardiologia dell'Ospedale ove ebbe a verificarsi la caduta; rilevano che dalle predette dichiarazioni emerge la sussistenza 2 di avere omesso i controlli e la vigilanza che il caso imponeva, di guisa che la di un obbligo di controllo e sorveglianza nei confronti dei pazienti; e ritengono che la Corte di Appello abbia ignorato tale dato. I ricorrenti osservano, inoltre, che i consulenti avevano evidenziato che la paziente versava in stato di agitazione già in data 4.05.2004. Sul punto, ritengono che la Corte territoriale, dopo avere dato atto del lieve stato di agitazione in cui versava la paziente, ha contraddittoriamente affermato che la Barberio non aveva mai manifestato segni di agitazione prima della caduta. pavimento con la parte sinistra del corpo, parte che di fatto era paralizzata; ed assumono che, illogicamente, la Corte di Appello ha ritenuto che la caduta si sia verificata nel giro di pochi attimi. Sotto altro aspetto, le parti ricorrenti osservano che certamente sussiste il nesso causale tra la caduta e le lesioni riportate dalla Barberio (come affermato anche dalla Corte di Appello); ed, altresì, tra l'omesso controllo e l'evento morte. In ordine a quest'ultimo profilo, gli esponenti considerano che la Corte territoriale si è stranamente discostata dalle conclusioni rassegnate dal consulente della parte civile. Sottolineano che la stessa Corte di merito dà atto della circostanza che il sinistro si è verificato in ambiente protetto, sotto l'ambito di percezione di due infermieri. Considerato in diritto 4. Il ricorso in esame si pone al limite della inammissibilità, atteso che i motivi di doglianza dedotti dagli esponenti, che è dato esaminare congiuntamente, si risolvono nella prospettazione di una ricostruzione alternativa del compendio probatorio, rispetto alle valutazioni effettuate dai giudici di merito. 4.1 Giova, al riguardo, rilevare che secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, invero, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (in tal senso, "ex plurimis", Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272). Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali, hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera 3 I ricorrenti osservano poi che la donna era stata trovata riversa sul prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo comunque preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). 4.2 Ciò posto, deve rilevarsi che la Corte di Appello ha sviluppando un percorso argomentativo immune da fratture di ordine logico e pienamente aderente alle acquisite risultanze. In primo luogo, il Collegio ha considerato che deve ritenersi sussistente il nesso di derivazione causale tra la caduta della degente e l'evento morte, come in concreto verificatosi. Al riguardo, nella sentenza si chiarisce che le già precarie condizioni di salute della Barberio andarono incontro ad un progressivo e vistoso peggioramento, proprio in ragione delle policontusioni che la donna ebbe a riportare per effetto della caduta dal letto; e si specifica che la compromissione dei parametri vitali esitò nel decesso della paziente, verificatosi in data 2.06.2004. 4.3 La Corte di Appello, soffermandosi sull'elemento psicologico del reato in addebito, ha osservato che dagli atti non erano emersi profili di colpa a carico degli imputati. In particolare, la Corte territoriale ha osservato che al medico ed ai due infermieri addetti al reparto di Terapia Intensiva dì Cardiologia dell'Ospedale Miulli ove la Barberio si trovava ricoverata, non poteva ascriversi l'omessa vigilanza della richiamata paziente. Al riguardo, i giudici del gravame, nel confermare la valutazione effettuata dal G.i.p., hanno evidenziato che, prima della caduta, secondo le risultanze della cartella clinica, la donna aveva manifestato solo un "lieve stato di agitazione"; e che l'unico episodio di insofferenza della degente si era verificato dopo l'incidente. Sulla scorta di tali rilievi, la Corte di Appello ha quindi conferentemente osservato che, prima della caduta verificatasi 1'11 maggio 2004, non erano emerse condizioni di fatto tali da richiedere la predisposizione di sistemi di contenzione fisica della Barberio, onde evitare accidentali cadute dal letto. E preme evidenziare che la Corte di merito ha del tutto legittimamente considerato che i sistemi di contenzione, in quanto limitativi della libertà di locomozione del 4 della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o malato, possono essere attuati solo eccezionalmente, qualora il paziente abbia dato segni di insofferenza e di palese agitazione. Sul punto, la Corte di Appello ha pure osservato che l'assenza di profili di colpa, nella condotta omissiva ascritta agli imputati, discendeva altresì dal contenuto della deposizione resa dal direttore dell'Unità di Cardiologia del predetto Ospedale, il quale, sentito in giudizio, aveva riferito che la paziente Barberio, da lui personalmente conosciuta, non aveva mai manifestato segni di agitazione o di pienamente collaborante con il personale sanitario, di talché il verificarsi di una caduta dal letto risultava del tutto imprevedibile. Infine, si osserva che la Corte di merito ha considerato che la localizzazione delle lesioni riportate dalla donna, nella parte sinistra del corpo, evidenziava che la paziente era scivolata dal letto nell'atto di girarsi; e che tale evenienza aveva reso vano ogni intervento protettivo da parte del personale paramedico, che pure si trovava a breve distanza. 4.4 Ebbene, il percorso argomentativo sviluppato dalla Corte territoriale, ora richiamato nelle sue linee essenziali, si colloca del tutto coerentemente nell'alveo dell'insegnamento espresso dalla Corte regolatrice, in ordine all'ambito di operatività dei presidi limitativi della libertà di movimento, nei confronti di degenti ricoverati in strutture sanitarie. Al riguardo, si è infatti chiarito, ai fini che qui vengono in rilievo, che la limitazione della libertà di movimento deve essere imposta ed attuata dal personale sanitario, nei limiti strettamente indispensabili allo scopo, nell'esercizio del dovere di vigilanza di pazienti infermi, soggetti ad imprevedibili reazioni o movimenti (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 409 del 28/10/2004, dep. 13/01/2005, Rv. 230808). Pertanto, non risulta sindacabile in questa sede di legittimità la valutazione effettuata dai giudici di merito, i quali hanno escluso che il personale sanitario fosse venuto meno rispetto ai propri doveri di protezione e vigilanza, per non aver attuato sistemi di contenimento nei confronti della paziente Barberio, che si trovava ricoverata nel reparto di terapia intensiva di Cardiologia dell'Ospedale Miulli. Ciò in quanto la Corte di merito ha chiarito che si trattava di una degente collaborante ed orientata; e che la caduta dal letto risultava perciò del tutto imprevedibile. E' poi appena il caso di rilevare che le riferite considerazioni svolte dalla Corte di Appello, circa l'elemento psicologico del reato, non si pongono in termini di contrasto logico rispetto alla ritenuta sussistenza del nesso di derivazione causale tra la caduta dal letto e l'aggravamento del quadro clinico della degente, giacché si tratta di valutazioni che involgono il diverso e specifico aspetto della rimproverabilità colposa della condotta in concreto posta in essere dagli odierni imputati, nell'adempimento dei doveri di protezione e controllo nei confronti dei soggetti garantiti. 5 disorientamento spazio-temporale; e che di converso, la donna si era presentata 5. Il ricorso, per quanto detto, deve essere rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 30 ottobre 2013.

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