Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46757 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46757 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
OMAR MOHAMED N. IL 16/07/1982
avverso la sentenza n. 1222/2013 TRIBUNALE di LIVORNO, del
20/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Data Udienza: 30/10/2013

Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Livorno, con sentenza in data 20.05.2013, resa all’esito di
giudizio abbreviato, dichiarava Omar Mohamed responsabile del delitto di furto
indicato in rubrica e, concessa l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4, cod. pen., con
giudizio di equivalenza sulle contestate aggravanti e la recidiva, condannava il
prevenuto alla pena di mesi otto di reclusione oltre la multa.
Il Tribunale rilevava che l’imputato risultava responsabile del reato di furto

in sosta ed impossessarsi di un telefono cellulare che si trovava all’interno del
veicolo. Osservava, inoltre, che il modesto valore del telefono cellulare giustificava
l’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., con
giudizio di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti ed alla recidiva.
2. Avverso la richiamata sentenza del Tribunale di Livorno ha proposto
ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di
Appello di Firenze.
Con unico motivo la parte deduce il difetto di motivazione e la falsa
applicazione della legge penale. Il ricorrente osserva che dalla sentenza non risulta
da quale dato processuale il Tribunale abbia ricavato il valore del telefono cellulare
oggetto del furto. Rileva, inoltre, che il giudicante non ha considerato che la rottura
del vetro delle portiera dell’auto aveva provocato un danno che doveva essere
valutato ai fini del riconoscimento della attenuante in questione.
3. Il difensore dell’imputato ha depositato memoria, chiedendo il rigetto del
ricorso proposto dal Procuratore Generale.
Considerato in diritto
4. Il ricorso che occupa muove alle considerazioni che seguono.
4.1 Come noto, in riferimento all’ambito applicativo della circostanza
attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità, nei reati contro il
patrimonio, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che viene in rilievo non solo il
valore economico della cosa, ma anche il complesso dei danni patrimoniali
oggettivamente cagionati alla persona offesa dal reato, come conseguenza diretta
del fatto illecito e perciò ad esso riconducibili, la cui consistenza va apprezzata in
termini oggettivi e nella globalità degli effetti (Cass. Sez. U, sentenza n. 35535 del
12.07.2007, dep. 26.09.2007, Rv. 236914).
4.2 Nel caso di specie il Tribunale di Livorno ha analiticamente ricostruito la
dinamica del reato per il quale si procede, evidenziando che il prevenuto aveva
commesso il fatto con violenza sulle cose; ciò in quanto Omar aveva infranto il
vetro di un’auto, per impossessarsi del telefono cellulare che si trovava
nell’abitacolo. Tanto chiarito, il giudicante ha considerato che in ragione del
modesto valore del telefono cellulare, poteva trovare applicazione la circostanza
2

per il quale si procede, essendo stato visto mentre infrangeva il vetro di una vettura

attenuante di cui all’art. 62 n. 4, cod. pen., con giudizio di equivalenza rispetto alle
contestate aggravanti ed alla recidiva. In tali termini il Tribunale ha proceduto alla
valutazione del compendio probatorio, giungendo a ritenere che il complesso dei
danni patrimoniali oggettivamente cagionati alla persona offesa dal reato
giustificasse il riconoscimento della circostanza attenuante del danno di speciale
tenuità. Si tratta di un percorso argomentativo che risulta immune da aporie di
ordine logico e congruente rispetto alle acquisite evenienze di fatto, di talché

di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve
condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile
opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente
(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1004 del 30/11/1999, dep. 31/01/2000, Rv. 215745;
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 21/12/1993, dep. 25/02/1994, Rv. 196955). E,
secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, l’art. 606 cod. proc. pen. non
consente alla Corte di Cassazione una diversa “lettura” dei dati processuali o una
diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il
controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. Deve,
altresì, osservarsi che questa interpretazione non risulta superata in ragione delle
modifiche apportate all’art. 606, comma primo lett. e) cod. proc. pen. ad opera
della Legge n. 46 del 2006; ciò in quanto la selezione delle prove resta attribuita in
via esclusiva al giudice del merito e permane il divieto di accesso agli atti istruttori,
quale conseguenza dei limiti posti all’ambito di cognizione della Corte di Cassazione.
4.3 Tanto chiarito, si deve altresì rilevare che il motivo di doglianza in
esame, afferente alla diversa valutazione prospettata dal ricorrente, circa
l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della circostanza attenuante ex
art. 62 n. 4, cod. pen., non soddisfa il requisito della autosufficienza. Il deducente,
infatti, non ha allegato alcuna documentazione a sostegno del motivo di censura, in
ordine al valore patrimoniale dei beni di cui si tratta. E questa Suprema Corte ha
ripetutamente affermato che l’atto di ricorso deve essere autosufficiente, nel senso
che deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi
di fatto da sottoporre a verifica (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16851 del
02/03/2010, dep. 04/05/2010, Rv. 246980).
5. Per quanto detto, il ricorso deve essere rigettato.

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sfugge dal sindacato di questa Corte regolatrice. Invero, nel momento del controllo

P. Q . M .
Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma in data 30 ottobre 2013.

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