Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46754 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46754 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sui ricorse propost4 da:
1.)

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ANCONA
nei confronti di:

-GUTIERREZ REYNOSO JOSE’ ANTONIO N. IL 23/01/1968
-MARTINEZ VICTOR N. IL 29/09/1980
inoltre:
.-GUTIERREZ REYNOSO JOSE’ ANTONIO N. IL 23/01/1968
-MARTINEZ VICTOR N. IL 29/09/1980
avverso la sentenza n. 612/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
16/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona l Dott.
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che ha concluso per ct~

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Data Udienza: 15/10/2013

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Il Tribunale di Ancona in composizione collegiale, con
sentenza del 25.11.2010, assolveva Gutierrez Reynoso Josè
Antonio e Martinez Victor dal reato di cui all’articolo
74 d.PR n. 309/90 e li dichiarava invece responsabili in
ordine a fattispecie criminose di cui all’articolo 73
commi 1 e 6 d.PR.309/90 e li condannava, ritenuta la
continuazione, alla pena di anni 15 di reclusione ed euro
50.000 di multa (il Gutierrez) e alla pena di anni 13 di
reclusione ed euro 45.000 di multa (il Martinez) oltre al
pagamento delle spese processuali e confisca di quanto in
sequestro. Disponeva altresì la loro espulsione a pena
espiata.
Avverso tale sentenza proponevano appello i difensori
dei sopra indicati imputati e il pubblico ministero, che
censurava il percorso argomentativo con cui il giudice di
prime cure aveva assolto gli imputati dal delitto di cui
all’art.74 d.PR. 309/90.
La Corte di appello di Ancona, con sentenza datata
16.07.2012, oggetto del presente ricorso, in parziale
riforma della sentenza emessa nel giudizio di primo
grado, dichiarava il solo Gutierrez Reynoso Josè
colpevole anche del reato di cui al capo a) di
imputazione (art.74 d.PR.309/90) e rideterminava la pena
a lui inflitta nel giudizio di primo grado in
complessivi anni ventuno di reclusione per tutti i reati
contestati unificati dal vincolo della continuazione,
ritenuto più grave quello di cui al capo a), esclusa
l’aggravante di cui all’art.4 l. n.146/06 limitatamente
al reato di associazione ed esclusa l’aggravante di cui
all’art.80 co.2 d.PR. n.309/90 contestata negli altri
capi di imputazione (E, H e I), concesse le attenuanti
generiche ritenute equivalenti a tutte le contestate
aggravanti.
Rideterminava altresì la pena inflitta nel giudizio di
primo grado a Martinez Victor ed, esclusa l’aggravante di
cui all’art.80 co.2 d.PR. n.309/90 e concesse le
attenuanti generiche ritenute equivalenti alle residue
aggravanti, lo condannava ad anni sette di reclusione ed
euro 29.000 di multa. Confermava nel resto.
Avverso tale sentenza proponevano distinti ricorsi per
cassazione il Procuratore generale della Repubblica
presso la Corte di appello di Ancona e i sopra indicati
imputati a mezzo dei loro difensori e concludevano
chiedendone l’annullamento.
Il Procuratore generale ricorrente ha censurato la
sentenza impugnata per il seguente motivo:
l) violazione di legge e difetto di motivazione ex
art.606 lett.b) ed e) c.p.p. in relazione
aggravante
della
contestata
all’esclusione

Ritenuto in fatto

(aggravante della cosiddetta transnazionalità) di cui
all’art.4 1.146/2006 limitatamente al capo A).
Sosteneva il Procuratore generale ricorrente che la
Corte territoriale aveva escluso la sussistenza della
sopra indicata aggravante sulla base di una sentenza
della Corte di Cassazione, senza peraltro dar conto
di un diverso orientamento giurisprudenziale che
invece ritiene la compatibilità di tale aggravante
con il reato associativo e senza chiarire il percorso
ermeneutico seguito per ritenere preferibile, in
quanto ritenuto più in sintonia con la norma,
l’orientamento in senso negativo in luogo di quello
contrario.
Gutierrez Reynoso Josè Antonio censurava l’impugnata
sentenza per i seguenti motivi:
l) Nullità della sentenza di primo grado, della sentenza
di appello e della notifica dell’impugnazione proposta
dal pubblico ministero per inosservanza dell’art.143
c.p.p.. Secondo la difesa gli atti di cui sopra sarebbero
affetti da nullità per omessa traduzione nella lingua
conosciuta dall’imputato (lo spagnolo) ai sensi
dell’art.143 c.p.p. e 606 lett.c) c.p.p.. Sul punto
veniva richiamata la Direttiva 2010/64/UE del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 20.10.2010 sul diritto alla
traduzione ed alla interpretazione nei procedimenti
penali.
2) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione ex art.606 comma l lett. e) c.p.p.
in relazione all’art.74 d.PR. 309/90. Secondo la
difesa la sentenza impugnata che, riformando quella
di primo grado, aveva ritenuto la colpevolezza
dell’imputato Gutierrez Reynoso in ordine al reato di
cui all’art.74 d.PR. 309/90, sarebbe affetta da gravi
vizi logici e giuridici. In particolare la Corte
territoriale non avrebbe spiegato quale contributo di
partecipazione al sodalizio criminoso avrebbe fornito
il Gutierrez, il quale al massimo si era limitato a
fornire un apporto contingente ed occasionale,
circoscritto e funzionale alla commissione di
specifici reati specificamente delineati, quali gli
episodi contestati negli altri capi di imputazione.
Anche il rapporto del Gutierrez con la sorella Isabel
sarebbe soltanto un rapporto di reciproco aiuto e
familiarità, comunque un rapporto bilaterale e non
già un rapporto plurilaterale che solo avrebbe potuto
giustificare la sussistenza dell’associazione. Nulla
inoltre veniva evidenziato nella sentenza impugnata a
proposito della sussistenza del dolo in capo al
Gutierrez per quanto concerne il medesimo reato
associativo. Carente e contraddittoria sarebbe poi la
motivazione attraverso la quale la Corte territoriale

6

(3

aveva definito il ruolo di dirigente ed organizzatore
del ricorrente, il quale invece era conosciuto dagli
inquirenti soltanto come gregario di altra
organizzazione criminale radicata nel suo Paese (la
repubblica Dominicana).

3) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione ex art.606 comma 1 lett.e) c.p.p.
in relazione agli articoli 133, 62 bis e 81 cpv.
c.p.. Secondo la difesa la sentenza impugnata sarebbe
carente di motivazione anche laddove si occupa del
trattamento sanzionatorio, in quanto la Corte
territoriale non avrebbe giustificato la sua
valutazione in ordine alla determinazione della pena
stabilita in base ai parametri di cui all’art.133
c.p., nonché in ordine all’applicazione delle
circostanze generiche ed alla correlativa riduzione
di pena. Illogico sarebbe infine l’aumento di cinque
anni per la continuazione con i reati fine con
violazione del divieto della “reformatio in peius”.
Victor Martinez ha censurato la sentenza impugnata per i
seguenti motivi:
l) violazione e/o errata applicazione della legge
processuale penale sub specie art.267 c.p.p.. Carenza di
motivazione. Lamentava sul punto la difesa del ricorrente
che la motivazione dei decreti autorizzativi delle
intercettazioni telefoniche era difforme dai criteri
dettati dall’art.267 c.p.p. sia per quanto concerne i
reato, sia per quanto concerne
“gravi indizi” di
Secondo la difesa
l’indispensabilità delle stesse.
l’iniziale ipotesi del reato di associazione per
delinquere prospettata dal pubblico ministero non può
legittimare l’ampliamento indiscriminato dei soggetti le
cui conversazioni siano intercettate, non potendo
l’originaria ipotesi associativa costituire la sola
ragione sulla base della quale giustificare una serie
indiscriminata di intercettazioni.
2) Violazione della legge processuale penale in relazione
all’art.507 c.p.p.; motivazione carente e
contraddittoria. Secondo la difesa la motivazione con la
quale la Corte di appello aveva rigettato i motivi
inerenti la violazione dell’art.507 c.p.p. da parte del
giudice di prime cure sarebbe carente e contraddittoria
rispetto alle risultanze processuali. Non sarebbe infatti
rispondente al vero quanto si legge in sentenza, che era
stata cioè disposta l’escussione di soggetti che avevano
svolto attività già risultanti da documentazione presente
nel fascicolo per il dibattimento. Il verbale di fermo
non era stato infatti convalidato dal G.I.P. del
Tribunale di Ancona e i verbali di perquisizione e

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3) Violazione della legge processuale penale in relazione
all’art.192 c.p.p. e all’art.195 c.p.p.; motivazione
carente e contraddittoria; travisamento dei fatti.
Lamentava sul punto la difesa che la sentenza impugnata
sarebbe
assolutamente
priva
di
motivazione
con
riferimento al capo d) dell’imputazione, dal momento che
le dichiarazioni della teste Gutierrez Maria Isabel,
sorella dell’imputato Gutierrez Reynoso Josè Antonio,
riguardavano
solo
l’episodio
del
14.02.2007.
Tali
dichiarazioni sarebbero inoltre inutilizzabili in quanto
la donna farebbe riferimento ad affermazioni a lei fatte
dal fratello che non era mai stato escusso e sarebbero
inoltre in contrasto con quelle rese dal maresciallo
Morisco.
4) Violazione della legge penale in relazione all’art.73
d.PR. 309/90 e all’articolo 81, co.2 c.p.. Lamentava sul
punto la difesa che la Corte territoriale aveva ritenuto
responsabile il ricorrente in relazione ai reati di cui
ai capi d) ed e). Tuttavia, secondo la difesa, non si
sarebbe in presenza di due episodi criminosi, ma di un
singolo episodio criminoso, atteso che la condotta
descritta al capo d) dell’imputazione sarebbe prodromica
rispetto a quella di cui al capo e), trattandosi di
un’offerta in vendita di un campione rispetto ad un
quantitativo maggiore.
5) Violazione di legge in relazione agli articoli 62 bis
c.p., 73 co.6 d.PR.309/90 e 59 co.2 c.p.; motivazione
carente e contraddittoria. Lamenta la difesa che in
ordine al ritenuto giudizio di equivalenza tra le
attenuanti generiche e la contestata aggravante la
impugnata
della
sentenza
sarebbe
motivazione
assolutamente carente, non essendo in alcun modo indicate
le ragioni per cui non era stato invece effettuato un
giudizio di prevalenza. Non sarebbe inoltre sussistente
l’aggravante di cui all’art.73 co.6 d.PR.309/90, dal
momento che, ai fini della sua sussistenza, è necessario
che la pluralità dei soggetti sia riferibile a una delle
condotte necessarie all’integrazione del reato (offerta,
eventuale intermediazione, acquisto) e non alla somma
delle tre. Inoltre non vi sarebbe prova che il Martinez
fosse a conoscenza della partecipazione di più persone
all’attività delittuosa.

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sequestro, che avevano dato esito negativo, erano stati
compiuti da personale diverso e del quale non era stata
disposta l’escussione. Sarebbe stato quindi violato il
criterio per il quale la prova “nuova” deve rapportarsi
agli elementi già esistenti in atti.

(

OSSERVA
LA CORTE
DI
CASSAZIONE
che il ricorso
proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso
la Corte di appello di Ancona è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, (cfr,
Cass., Sez.5, Sent. N.1843 del 10.11.2011. Rv.253481) la
circostanza aggravante ad effetto speciale prevista
dall’art.4 legge 16 marzo 2006 n.146 per i reati
transnazionali è configurabile in riferimento al delitto
di associazione per delinquere anche qualora questo venga
consumato interamente in Italia, giacché per
l’operatività dell’aggravante in questione non è
necessario che il reato venga commesso anche all’estero,
essendo invece sufficiente che alla sua realizzazione
concorra un gruppo dedito ad attività criminali a livello
internazionale.
Sul punto sono di recente intervenute anche le Sezioni
Unite di questa Corte (cfr, SU, Sent. N.18374 del
31.01.2013, Rv.255034) secondo cui il gruppo criminale
organizzato, cui fanno riferimento gli articoli 3 e 4
della legge n.146 del 2006 è configurabile, secondo le
indicazioni contenute nell’art.2, punti a) e c) della
Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine
organizzato del 15 novembre 2000, in presenza dei
seguenti elementi: a) stabilità dei rapporti tra gli
adepti; b) minimo di organizzazione senza formale
non
occasionalità
o
ruoli;
c)
definizione
di
estemporaneità della stessa; d)costituzione in vista
anche di un solo reato e per il conseguimento di un
vantaggio finanziario o di altro vantaggio materiale.
La sentenza in questione ha poi evidenziato in
motivazione che il gruppo criminale organizzato è
certamente un “quid pluris” rispetto al mero concorso di
persone, ma si diversifica anche dall’associazione a
che
richiede
al’art.416
c.p.
di
cui
delinquere
un’articolata organizzazione strutturale, seppure in
forma minima od elementare, tendenzialmente stabile e
permanente, una precisa ripartizione di ruoli e la
pianificazione di una serie indeterminata di reati.
La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con
rinvio limitatamente al punto concernente l’aggravante di
cui all’art.4 legge 146/2006 attenendosi ai principi
ricordati.
Passando quindi all’esame del ricorso di Gutierrez
Reynoso Josè Antonio, si osserva quanto segue:
inammissibile è il primo motivo, atteso che il ricorrente
non aveva richiesto nell’atto di appello la traduzione
della sentenza di primo grado e della notifica
dell’impugnazione proposta dal pubblico ministero.

Considerato in diritto

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Sul punto vi è peraltro condivisibile giurisprudenza di
questa Corte (cfr, Cass., sez.6, sent. N.16164 del
19.02.2013, Rv.254903; Cass., sez.3, sent. N.5486 del
12.07.2012, Rv.254399)secondo cui è inammissibile
l’istanza di restituzione nel termine per proporre
appello avverso una sentenza sul presupposto della
nullità della stessa per mancata traduzione nella lingua
dell’imputato alloglotta, in quanto trattasi di motivo
estraneo al modello procedimentale previsto dall’art.175
c.p.p..
Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso, in
quanto la Corte territoriale ha spiegato, con adeguata e
congrua motivazione, le ragioni per cui ha ritenuto il
ricorrente responsabile in ordine al reato di cui
all’art.74 d.PR. 309/90. I giudici della Corte
territoriale hanno infatti sul punto evidenziato, sulla
base delle prove acquisite in sede di istruttoria
dibattimentale, che il Gutierrez, potendo fare
affidamento su importanti canali di approvvigionamento di
cocaina, la cui esistenza aveva verosimilmente conosciuto
nell’ambito di analoga attività svolta nel proprio Paese
di origine, aveva ideato, organizzato e diretto un gruppo
di persone legate tra loro da forti vincoli familiari che
si dedicavano all’attività di “import export” di cospicue
quantità di cocaina proveniente dalla Repubblica
Dominicana.
Per quanto infine concerne il t,q2rzo motivo di ricorso, si
osserva che lo stesso riguarda l;trattamento sanzionatorio
che dovrà essere rivalutato dal giudice di merito alla
luce dell’annullamento con rinvio avente ad oggetto il
punto concernente l’aggravante di cui all’art.4 della
legge 146/2006 e i punti concernenti (in virtù
dell’effetto estensivo) il riconoscimento della
continuazione tra i reati contestati ai capi d ed e della
rubrica e dell’aggravante prevista dall’art.73 co.6
d.PR.309/90 di cui si parlerà a proposito del ricorso
proposto dal Martinez.
Passando all’esame del ricorso proposto da Victor
Martinez, si osserva che lo stesso è fondato nei limiti
di cui in motivazione.
Infondato è il primo motivo.
infatti
indica
impugnato
provvedimento
Il
dettagliatamente i motivi per cui devono ritenersi
utilizzabili le effettuate intercettazioni telefoniche,
atteso che ben potevano i difensori degli imputati
produrre essi stessi i decreti di intercettazione di cui
lamentavano vizi relativi al loro contenuto.
Rilevavano infine i giudici della Corte territoriale che
i predetti decreti di intercettazione erano stati
acquisiti in sede di appello al fascicolo processuale e
in tale sede era stata verificata la loro conformità al

(‘

dato normativo anche per quanto concerne l’indicazione
degli indizi di reato.
Tanto premesso, il ricorrente si è limitato a sostenere
che la motivazione dei sopra indicati decreti sarebbe in
contrasto con quanto indicato dall’art.267 c.p.p. sia per
quanto concerne i “gravi indizi” di un reato, sia per
quanto concerne l’indispensabilità delle intercettazioni,
ma non li ha prodotti onde consentirne l’esame a questa
Corte. Sul punto la giurisprudenza della Corte di
Cassazione è concorde nell’affermare che (cfr., tra le
altre, Cass., Sez.4, Sent. n.37982 del 26 giugno
2008),quando la doglianza abbia riguardo a specifici atti
processuali, la cui compiuta valutazione si assume essere
stata omessa o travisata, deve applicarsi, anche in sede
penale, il principio della cosiddetta “autosufficienza
del ricorso”, elaborato dalla giurisprudenza civile di
legittimità sulla base della formulazione dell’art. 360,
numero 5, c.p.c., onde è onere del ricorrente suffragare
la validità del suo assunto mediante la produzione dei
medesimi in modo da rendere possibile l’apprezzamento del
vizio dedotto.
Conseguentemente non è possibile dare ingresso all’esame
di tale vizio in sede di legittimità allorchè il
ricorrente, come nel caso in esame, si limiti ad
enunciare il preteso difetto di motivazione dei sopra
indicati decreti.
Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso,avendo
la Corte territoriale, con congrua motivazione, spiegato
le ragioni per cui erano stati ammessi di ufficio i
testimoni già indicati dal pubblico ministero, con
richiesta dichiarata precedentemente inammissibile.
Spiegavano infatti i giudici della Corte territoriale che
il Collegio all’epoca era già in possesso di
significativo materiale istruttorio, specificamente
indicato in sentenza, che aveva fatto ritenere la
necessità di escutere gli ufficiali di polizia
giudiziaria che quelle attività investigative avevano
compiuto, trattandosi di legittimo esercizio dei poteri
ufficiosi del giudice (sul punto veniva citata pertinente
sentenza delle sezioni unite di questa Corte).
Passando all’esame del terzo e del quarto motivo di
ricorso si osserva quanto segue: la Corte territoriale ha
ritenuto responsabile il ricorrente in relazione ai reati
di cui ai capi d) ed e), ritenendo che sussistevano due
episodi criminosi e non già un unico e singolo episodio
criminoso, come sostenuto dalla difesa di Victor
Martinez, che ha ritenuto che la condotta descritta al
capo d) dell’imputazione sarebbe prodromica rispetto a
quella di cui al capo e), trattandosi di un’offerta in
vendita di un campione rispetto ad un quantitativo
maggiore.

Sul punto si osserva che i giudici di appello hanno
congruamente motivato in merito alla valutazione degli
elementi probatori da cui hanno desunto la responsabilità
del Martinez in ordine a quanto contestato nei capi di
imputazione contrassegnati con le lettere d) ed e).
Peraltro gli stessi giudici della Corte territoriale,
parlando a proposito della cessione di cocaina indicata
sub d (cfr pag.10 della sentenza impugnata), hanno
affermato testualmente che la cocaina in questione è
“costituente parte del maggior quantitativo oggetto
dell’affare come descritto sub “e”, con ciò sembrando
ritenere che le condotte descritte sub d) e sub e)
costituivano un unico episodio criminoso, in contrasto
con quanto poi effettivamente deciso.
Fondato è infine il quinto motivo di ricorso.
La Corte di appello ha infatti ritenuto sussistente nei
confronti del ricorrente Victor Martinez l’aggravante di
cui all’art.73 co.6 d.PR. 309/90 in ordine ai sopra
indicati capi di imputazione sub d e sub e.
Sul punto peraltro la condivisibile giurisprudenza di
questa Corte (cfr, Cass., sez.4, sent. del 4.10.2006,
Rv.235375 e Cass., sez.6, sent. N.20798 del 10.02.2010,
Rv.247325)ha ritenuto che in tema di reati in materia di
sostanze stupefacenti, perché possa sussistere
l’aggravante del concorso di tre o più persone, occorre
che ciascuno dei soggetti coinvolti agisca nell’ambito di
una delle condotte previste per l’integrazione del reato
(offerta, eventuale intermediazione, acquisto,
detenzione, o altre), non potendosi fare richiamo alla
pluralità di esse, attribuendone indistintamente la
riferibilità a ciascun soggetto, a prescindere dal suo
specifico ruolo.
Nella fattispecie che ci occupa invece i soggetti
concorrenti, come si può desumere dai capi di imputazione
e dalla lettura della sentenza impugnata, ponevano in
essere condotte diverse.
La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con
rinvio nei confronti di Martinez Victor / e per l’effetto
estensivo anche nei confronti di Gutierrez Reynoso Josè
limitatamente ai punti concernenti il
Antonio ì
riconoscimento della continuazione tra i reati contestati
ai capi d ed e della rubrica e dell’aggravante prevista
dall’art.73 co.6 d.PR.309/90.

P.Q.M
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Martinez
Victor- e, per l’effetto estensivo, anche nei confronti
di Gutierrez Reynoso Josè Antonio- limitatamente ai punti
concernenti il riconoscimento della continuazione tra i
reati contestati ai capi D ed E della rubrica e

E

5

dell’aggravante prevista dall’art.73 co.6 d.PR.309/1990e rinvia su tali punti alla Corte di appello di Perugia
per nuovo esame;
rigetta nel resto i ricorsi degli imputati.
In accoglimento del ricorso del Procuratore generale
annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto
concernente l’aggravante di cui all’art.4 l. 146/2006 e
rinvia su tale punto alla medesima Corte.
Così deciso in Roma il 15.10.2013

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