Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46749 del 20/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46749 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALCAGNILE DELILAH N. IL 21/10/1979
avverso l’ordinanza n. 27/2012 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
12/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
lette/sefitite le conclusioni del PG Dott. jUes)ko_ LETT
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 20/11/2013

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con ordinanza del 12.3.2013 il G.I.P. del Tribunale di Lecce – a seguito
di annullamento con rinvio disposto da questa Corte di cassazione in
data 11.12.2013 – ha rigettato il ricorso proposto da CALCAGNILE
Delilah con la quale si chiedeva la rimessione in termini per proporre

predetta il 14.5.2010.
2. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore della
CALCAGNILE deducendo erronea applicazione dell’art. 175 e 462 c.p.p.
in relazione agli artt. 111 Cost. e 6 co. 3 CEDU; violazione dell’art. 627
co. 3 c.p.p. e carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione
anche sotto il profilo del travisamento della prova. Secondo la ricorrente
il giudice del rinvio avrebbe violato il principio di diritto della sentenza
rescindente ripercorrendo il medesimo ragionamento del provvedimento
annullato. Inoltre, il giudice non si sarebbe fatto carico della necessaria
indagine per accertare la effettività della notifica del decreto penale, non
considerando che la produzione della documentazione del primo
tentativo di notifica provava lo sconoscimento della seconda notifica,
mentre alla data di quest’ultima, risultava che la CALCAGNILE aveva già
ceduto a terzi l’immobile in Gallipoli.
3. Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso sulla considerazione che – esclusa
ogni violazione della sentenza rescindente che aveva ad oggetto solo la
fissazione della udienza camerale, puntualmente avvenuta – nella specie
la notifica è avvenuta nella residenza ufficiale dichiarata dalla ricorrente
e risulta sprovvista di prova l’argomentazione dell’alienazione
dell’immobile a terzi; inoltre, il disconoscimento della firma in calce
all’avviso di ricevimento risultava solo genericamente invocato a fronte
della attestazione derivante dall’attività del notificatore circa la
corrispondenza tra il destinatario dell’atto ed il sottoscrittore.
4. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
5. Manifestamente infondata è la dedotta violazione del principio della
sentenza rescindente limitato alla questione della fissazione della
udienza camerale per la decisione sull’istanza, udienza puntualmente
tenuta.
6. Manifestamente infondata è la doglianza in ordine alla omessa indagine
sulla effettività della notifica.

1

opposizione avverso al decreto penale emesso nei confronti della

6.1.

La mera deduzione della mancata conoscenza di un
provvedimento contumaciale ritualmente notificato, non accompagnata
dall’indicazione delle ragioni di tale mancata conoscenza, è insufficiente
a vincere la presunzione, sebbene non assoluta, di conoscenza del
provvedimento al fine di ottenere la restituzione nel termine per
l’impugnazione. ( Sez. 3, Sentenza n. 17965 del 08/04/2010 Rv. 247159
Imputato: Rescio.).
Nell’alveo

del richiamato indirizzo si pone il provvedimento

impugnato, che ha assunto l’inidoneità, per negare la conoscenza
dell’atto, del « disconoscimento» effettuato dalla ricorrente in ordine
alla sottoscrizione della cartolina postale di avviso di ricevimento in data
4.8.2010 sul duplice rilievo dell’assenza di querela di falso del tutto
consona alla emergenza ictu °cui/ comparativa della riconducibilità della
sottoscrizione proprio alla ricorrente. A ciò si aggiungono le pertinenti e
fondate considerazioni svolte dal P.G. in ordine alla insuperata valenza
della attività certificativa del notificatore.
7. Inammissibile è il profilo fondato sulla allegazione del trasferimento
dell’immobile a terzi, per la prima volta proposto in questa sede di
legittimità.
8. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 20.11.2013.

6.2.

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