Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46747 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46747 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOZOVIC IVAN N. IL 28/12/1970
avverso l’ordinanza n. 1016/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
25/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
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-}ette/sentite le conclusioni del PG Dott. 1-5,0_

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 06/11/2013

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RITENUTO IN FATTO

2. Avverso la su indicata ordinanza del Tribunale di Milano ha proposto ricorso per cassazione il
difensore di Ivan Bozovic deducendo la violazione degli artt. 274, 275 e 299 c.p.p., unitamente alla
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, sulla base dei seguenti rilievi:
a) è stata esclusa dal G.u.p. la sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità prevista dall’art. 80
del D.P.R. n. 309/90, né è dato comprendere come la quantità della sostanza stupefacente trattata
(peraltro di tipo “leggero”, trattandosi di hashish e marijuana) possa avere qualsivoglia riflesso
sulla sussistenza delle esigenze cautelari;
b) il ricorrente non è stato condannato per il reato associativo di cui all’art. 74, né gli è mai stata
contestata l’aggravante della transnazionalità prevista dall’art. 4 della 1. n. 146/2006, ma gli è stata
inflitta una condanna con un trattamento sanzionatorio particolarmente vicino al minimo edittale
(sei anni), con la conseguente violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza della
misura cautelare ex art. 275, comma 2, c.p.p.;
c) i positivi elementi di valutazione rappresentati dalla difesa circa la personalità e la particolare
situazione socio-familiare del ricorrente (provenienza da una buona famiglia, assenza di
precedenti penali, regolare e retribuita attività lavorativa, ecc.) sono stati illogicamente ritenuti dal
Tribunale come un’aggravante, in violazione dell’art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p.;
d) con riferimento al pericolo di reiterazione del reato, la motivazione del Tribunale è apodittica,
dovendosi considerare che i fatti contestati si riferiscono all’estate-autunno del 2008 e che,
successivamente, il ricorrente ha trovato un regolare lavoro, si è sposato e si è astenuto dal
commettere qualsiasi reato, con il conseguente ridimensionamento dell’intensità della predetta
esigenza cautelare;
e) con riferimento al pericolo di fuga, il fatto di essere straniero, e dunque radicato nel proprio
paese d’origine, costituisce una circostanza che non può tradursi in una presunzione insuperabile
di permanente sussistenza del pericolo, tenuto conto del fatto che egli si è sempre comportato
correttamente, non è mai fuggito, né ha mai posto in essere atti o condotte da cui tale
determinazione fosse deducibile.
Infine, circa l’operatività di idonee garanzie sull’effettivo controllo dell’imputato, si osserva che
sarebbe comunque possibile il ricorso alle particolari modalità previste dall’art. 275-bis c.p.p. .

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, avendo il ricorrente dichiarato di rinunciarvi con
atto da lui sottoscritto ed autenticato dal proprio difensore di fiducia, pervenuto presso la
Cancelleria di questa Suprema Corte in data 4 novembre 2013.
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1

1. Con ordinanza emessa in data 25 giugno 2013 il Tribunale di Milano ha confermato in sede di
appello ex art. 310 c.p.p. l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il medesimo Tribunale in data 13
maggio 2013, che rigettava l’istanza di revoca e/o sostituzione della misura cautelare della
custodia in carcere applicata ad Ivan Bozovic dal G.i.p. di Milano con precedente ordinanza del 4
luglio 2012, in relazione ai reati di cui agli artt. 110 c.p., 73, commi 1 e 6, del D.P.R. n. 309/90,
accertati in Milano il 10 giugno 2008, per i quali egli veniva condannato, con sentenza emessa il 18
giugno 2013 all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di armi sei di reclusione ed euro
sessantamila di multa.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, lì, 6 novembre 2013
Il Consigliere estensore

4. E’ noto che la rinuncia all’impugnazione è un atto processuale a carattere formale, che consiste in
una dichiarazione abdicativa, irrevocabile e recettizia, da cui discende l’effetto dell’ inammissibilità
dell’impugnazione, una volta che l’atto sia pervenuto alla cancelleria del giudice “ad quem” (ex
multis, v. Sez. 1, n. 37727 del 28/09/2011, dep. 18/10/2011, Rv. 250787).
Peraltro, non essendo stata in alcun modo esplicitata la ragione della rinuncia, e non essendo
possibile, dunque, verificare se la stessa sia stata determinata da fatti indipendenti dalla volontà
del ricorrente (arg. ex Sez. 3, n. 8025 del 25/01/2012, dep. 01/03/2012, Rv. 252910; Sez. 2, n. 30669
del 17/05/2006, dep. 14/09/2006, Rv. 234859), quest’ultimo deve essere gravato della condanna
alle spese ed alla sanzione pecuniaria prevista, in via ordinaria, dall’art. 616 cod. proc. pen., sia
pure secondo la ridotta quantificazione dell’entità in dispositivo meglio indicata.

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