Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46745 del 12/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 46745 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARTELLONE CARMEN N. IL 10/08/1972
avverso la sentenza n. 1285/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 06/04/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in pezra del Dott. T;o094c4.1; eb t Atle-ELD
che ha concluso per j
aveyrsr7

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit iklifensop(Avv. ik9(1312410 kitx
jeate-0,,taxm

bkit,u.kos

tr.e-311.-

cit-m-No

Data Udienza: 12/11/2013

e

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con sentenza del 6.4.2011 la Corte di appello di L’AQUILA – a seguito di
gravame interposto dall’imputata MARTELLONE Carmen avverso la

confermato detta sentenza con la quale la predetta imputata è stata
riconosciuta colpevole del reato di cui all’art. 314/81 c.p. perché nella
propria qualità di rivenditore autorizzato di valori bollati ometteva di
riversare all’Agenzia delle entrate le somme riscosse se non dopo il
provvedimento di messa in mora, condannandola a pena di giustizia.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputata a mezzo
del difensore deducendo:
2.1.inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riguardo agli
artt. 359,358,314 co. 2 e 323bis c.p.. in quanto erroneamente è stata
riconosciuta in capo alla imputata la qualità di incaricato di pubblico
servizio dovendosi, invece, qualificare quale esercente servizio di
pubblica necessità essendo abilitata alla relativa attività in virtù di una
autorizzazione e non di una concessione amministrativa obbligatoria.
Inoltre, non può essere ravvisata automaticamente la sussistenza del
dolo necessario alla configurazione del reato alla semplice scadenza del
termine per il riversamento delle somme. Infine, ed in subordine , la
Corte avrebbe dovuto riconoscere la ipotesi del peculato d’uso e la
circostanza attenuante dell’art. 323bis c.p.: la prima in ragione
dell’assenza di una condotta di appropriazione, la seconda per la
particolare tenuità dei fatti.
2.2. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per
travisamento delle risultanze processuali in ragione delle contrastanti
dichiarazioni rese dai due testi del P.M. e la documentazione acquisita
con particolare riguardo alla sospensione del servizio il 27.7.2006 affermato dal teste COLAUDA – e l’avvenuta sanatoria della omissione
dei versamenti il 16.6.2006.
3. Il ricorso è infondato.
4. Il primo motivo è infondato.
4.1.0sserva questo Collegio che al fine di individuare se l’attività svolta da
un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi e per gli
1

sentenza emessa il 21.1.2010 dal Tribunale di Avezzano – ha

effetti di cui agli art. 357 e 358 c.p., ha rilievo esclusivo la natura delle
funzioni esercitate, che devono essere inquadrabili tra quelle della
p.a..Nell’ambito dei soggetti che svolgono pubbliche funzioni, la qualifica
di pubblico ufficiale è poi riservata a coloro che formano o concorrano a
formare la volontà della p.a. o che svolgono tale attività per mezzo di
poteri autoritativi o certificativi, mentre quella di incaricato di pubblico è
assegnata dalla legge in via residuale a coloro che non svolgono
pubbliche funzioni ma che non curino neppure mansioni di ordine o non

11417).
4.2. Nell’ambito di tale orientamento si è già affermato che i titolari di
tabaccheria delegati alla riscossione delle tasse automobilistiche vanno
considerati incaricati di pubblico servizio poiché essi, per le incombenze
loro affidate, subentrano nella posizione della p.a. e svolgono mansioni
che ineriscono al corretto e puntuale svolgimento della riscossione
medesima. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il delitto
di peculato nei confronti del tabaccaio che si era appropriato dei soldi
riscossi)

(Sez.

6, Sentenza n.

28974 del 11/06/2013 Rv. 255630

Imputato: Palumbo; conf. Sez. 2, Sentenza n. 17109 del 22/03/2011
Rv. 250315 Imputato: P.G. in proc. Venturi).
4.3.L’art. 1 bis del decreto legge 12 luglio 2004 n. 168, convertito con
modif. dalla legge 30.7.2004 n. 191 ha introdotto alcune modifiche al
D.P.R. n.642/72, prevedendo la possibilità di assolvere l’imposta di bollo
mediante il pagamento ad intermediari convenzionati con l’Agenzia delle
Entrate, i quali rilasciano con modalità telematiche un apposito
contrassegno che sostituisce a tutti gli effetti le marche da bollo. Tale
possibilità è stata estesa alle tasse di concessione governativa, nei casi
in cui le stesse sono assolte tramite marche da bollo, dall’art. 7 d.l.
31.1.2005 n. 7 conv. con modif. dalla I.n. 43 del 31.3.2005. Sulla base
di tale normativa i rivenditori di valori bollati, autorizzati ai sensi dell’art.
39 del DPR 642/72, possono aderire alla apposita convenzione con
l’Agenzia delle Entrate e vengono autorizzati dalla predetta Agenzia allo
svolgimento del servizio all’esito delle verifica della copertura
fideiussoria prestata.
4.4. Dai principi ed alla stregua della normativa sinora richiamati emerge che
i rivenditori autorizzati di valori bollati, svolgendo un’attività di interesse
pubblico, consistente nella riscossione di imposte di bollo destinate allo
Stato e sulla scorta di una autorizzazione della P.A. con la correlata
attività di determinazione dell’imposta, siano da considerare, quanto

2

prestino opera semplicemente materiale. (Sez. 6, 21/02/2003, n.

meno, incaricati di un pubblico servizio, secondo una linea interpretativa
conforme a quanto già statuito da questa Corte nella decisioni
rammentate sub 4.2.
4.5.Cosicchè del tutto correttamente la Corte territoriale ha rigettato la
prospettazione difensiva circa la diversa qualità rivestita dall’imputata e
confermato la sua qualità di incaricato di pubblico servizio.
4.6.Quanto alla prospettata qualificazione di peculato d’uso, costituisce jus
receptum che il denaro comunque versato dal contribuente o dal privato

pubblica amministrazione, diventa di pertinenza di quest’ultima – e
quindi ‘publica pecunia’ – al momento della riscossione. Ciò si verifica
anche quando si tratti di obbligazione di quantità, cui l’esattore sia
tenuto verso l’ente impositore. Pertanto, commette delitto di peculato
l’ufficiale giudiziario che si appropri delle somme riscosse dai privati a
titolo d’imposta di bollo, che deve percentualmente versarsi all’erario,
divenendo tali somme di pertinenza dell’amministrazione al momento
del loro versamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario (

Sez.

6,

Sentenza n. 2003 del 30/10/1969 Rv. 113584 Imputato: VACCA). E
pertanto, il pubblico ufficiale che omette o ritarda di versare ciò che ha
ricevuto per conto della pubblica amministrazione non è inadempiente
ad improprio debito pecuniario nei confronti della predetta, ma
all’obbligo di consegnare il denaro al suo legittimo proprietario (la p.a.):
pertanto sottraendo la “res” alla disponibilità di quest’ultima tale
soggetto realizza l’appropriazione sanzionata dall’art. 314 cod. pen.
(peculato) intesa come interversione del titolo di possesso di peculato
(Sez. 6, Sentenza n.

10020 del 03/10/1996 Rv. 206364 Imputato:

Provisani ed altro).
4.7.Nella specie,come messo in evidenza dalla prima sentenza, i rivenditori
sono obbligati a riversare le somme settimanalmente e tale obbligo
risulta pacificamente nella specie inottemperato dall’imputata, dando
luogo all’appropriazione delle corrispondenti somme, risultando
irrilevanti ai fini della configurazione della condotta, i successivi
pagamenti a seguito della procedura di recupero delle somme instaurate
dall’Agenzia.
4.8. Generica e, pertanto, inammissibile è la doglianza relativa alla mancata
concessione della attenuante di cui all’art. 323 bis c.p. limitandosi a far
leva su una valutazione di fatto.
5. Il secondo motivo è inammissibile per genericità, deducendo una
asserita contraddizione tra informazioni senza chiarirne la decisività.

3

al pubblico ufficiale e da quest’ultimo riscosso nell’interesse della

6. Il ricorso deve, quindi, essere rigettato con la condanna della ricorrente
al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma, 12.11.2013

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA