Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46736 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46736 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
Ragosta Francesco, nato a San Giuseppe Vesuviano il, 30- Oq -19,69
avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli, in data 23.5.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, doti. Carmine Stabile,
il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.

Data Udienza: 07/11/2013

Ritenuto in fatto

Con ordinanza in data 10.7.2012 il G.I.P. del Tribunale di Napoli
disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di Francesco
Ragosta, per delitti di bancarotta fraudolenta.
Con ordinanza 1.8.2012 il G.I.P. del Tribunale di Napoli dispose la
custodia del predetto in quanto indagato per il reato di cui agli artt. 110 e 416

bis (capo 2) per concorso esterno nell’associazione camorristica denominata
“Fabbrocino” ed ai sensi dell’art. 648 ter e 7 d.l. n. 152/91, per reimpiego dei
proventi del clan (capo 3).
Il Tribunale del riesame, con ordinanze 26.7.2012 e 3.9.2012,
confermava i provvedimenti indicati
Avverso l’ordinanza 3.9.2013 Ragosta Francesco propose ricorso per
cassazione rigettato con sentenza 19.3.2013.
Con ordinanza in data 26.10.2012 il G.I.P. del Tribunale di Napoli
sostituiva alla misura della custodia in carcere quella degli arresti domiciliari.
Con ulteriore ordinanza 28.2.2013 il G.I.P. del Tribunale di Napoli
revocava la misura per i reato di cui agli artt. 110 — 416 bis cod. pen. e per le
residue imputazioni sostituiva la misura degli arresti domiciliari con l’obbligo
di dimora.
A seguito di instaurazione di giudizio immediato il Tribunale di Noia, con
ordinanza 28.3.2013 rigettò l’istanza di revoca della misura fondata
sull’assunto che il vincolo rendeva difficoltoso incontrare gli amministratori
giudiziari nominati a seguito degli intervenuti sequestri.
Avverso tale ultimo provvedimento l’imputato proponeva appello ed il
Tribunale di Napoli, con ordinanza 23.5.2013 rigettò l’appello.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo violazione
di legge e vizio di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente
applicato l’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. come riformulato dalla sentenza
della Corte costituzionale 29.3.2013, n. 57. Trattandosi non di partecipe, ma
di concorrente esterno la presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc.
pen. può essere superata da condotte di rescissione dall’associazione. Il
concorrente esterno non potrebbe essere equiparato all’intraneo. Il Tribunale
ha ritenuto l’esistenza di un vincolo insussistente ed ha ignorato i fatti

2

rappresentati (sequestri operati e detenzione in regime di art. 41 bis ord.
penit. di Ambrosio Franco, tramite il quale l’accusa sostiene che sarebbe
avvenuto il concorso di Ragosta Francesco) che sono segnali di discontinuità
della condotta dell’imputato (ritenendoli non dipendenti dalla volontà
dell’imputato), tanto più che l’unica funzione di Ragosta Francesco sarebbe
stata quella di reimpiego dei proventi illeciti del clan Fabbrocino. Sarebbe
immotivata la valutazione prognostica. Il Tribunale non ha aderito alla

pronunzia della Corte costituzionale secondo la quale l’adeguatezza della
misura dovrebbe essere valuta in concreto.
Con motivi nuovi deduce vizio di motivazione in quanto il Tribunale
muove dall’assunto dell’esistenza delle esigenze cautelari senza esaminare
la loro effettività, che sarebbe esclusa dai sequestri delle società ed ha
parificato il concorrente esterno all’intraneo.

Considerato in diritto

Il ricorso ed i motivi nuovi sono infondati.
L’ordinanza impugnata ha specificamente motivato in ordine al
perdurare delle esigenze cautelari conseguenti al legame protrattosi nel
tempo con il clan Fabbrocino che ha determinato uno stabile collegamento
con il clan predetto ed al turbinoso processo di movimentazione finanziaria
(p. 4 e 5 ordinanza impugnata).
Si tratta di valutazione di merito motivata in modo non manifestamente
illogico e quindi insindacabile in questa sede.
Tale valutazione di sussistenza in concreto del pericolo di reiterazione
esclude peraltro il richiamo a qualunque presunzione di cui all’art. 275
comma 3 cod. proc. pen. e rende non pertinenti i richiami alla pronunzia della
Corte costitizionale
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

3

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deliberato il giorno 7.11.2013.

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