Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46731 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46731 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MADEO GIUSEPPE N. IL 08/02/1921
DE SIMONE ROSARIA N. IL 10/11/1925
avverso la sentenza n. 1145/2009 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 19/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. /i
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che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 19/11/2013

Con sentenza del 19 novembre 2012, la Corte di appello di Catanzaro ha
confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Rossano il 9 luglio 2003, con la quale
DE SIMONE Rosaria e MADEO Giuseppe erano stati assolti dai reati di occupazione
di una modesta pozione di terreno appartenente al demanio marittimo per
insussistenza dell’elemento psicologico.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale, nel primo motivo, rinnova
le doglianze già espresse in appello circa la “riunione” di procedimenti relativi a
contestazioni diverse e riferite a porzioni di area occupata di dimensioni diverse (una
di 240 ed una di 5 metri quadrati), reputando non chiara la risposta data dai giudici
dell’appello, posto che un procedimento era frutto di una regressione per nullità della
citazione per indeterminatezza della imputazione. Si lamenta, poi, vizio di
motivazione, in quanto né nella sentenza di primo grado né in quella impugnata
sarebbe stata dimostrata la natura demaniale dell’area occupata. Sempre in virtù
dell’errore di determinazione dell’area occupata sarebbe confermato l’assunto del
primo giudice secondo il quale l’area in questione sarebbe stata estesa 240 metri
quadrati. Il tutto, si sottolinea, sulla base di un responso del perito privo di qualsiasi
giustificazione. Si evocano, poi, vari atti dai quali non risulterebbe spiegata, ancora
una volta, se la occupazione abbia riguardato un suolo del demanio per 240 o 5 metri
quadrati. Si rievocano, ancora, le dichiarazioni rese da tale Muscò, svolgendosi rilievi
critici a proposito delle valutazioni effettuate dal giudice di primo grado, anche per
ciò che concerne la delimitazione alla stregua della quale sarebbe stata individuata
l’area di pertinenza demaniale. Si lamenta, infine, che il Tribunale e poi la Corte di
appello non abbiano valutato la scrittura intercorsa fra la DE SIMONE e Giannone
Ciro in forza della quale il secondo aveva dato in locazione alla prima il proprio
terreno che si assume essere oggetto di abusiva occupazione in danno del demanio
marittimo.
Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto, lo stesso — al di là di una
tutt’altro che perspicua e insistita rievocazione di “dubbi” interpretativi circa la
portata dell’addebito, malgrado i “chiarimenti” forniti dai giudici dell’appello sul
tema dell’improprio richiamo ad una riunione di procedimenti a fronte di una
imputazione in concreto unitaria – si limita a prospettare censure che si riflettono
esclusivamente sul terreno del merito, per di più rievocando le stesse tematiche già
ampiamente devolute ai giudici dell’appello e da questi motivatamente disattese, sulla
falsariga dei consimili apprezzamenti già articolati nella sentenza di primo grado.
Sotto questo profilo, i motivi, oltre che tesi a sollecitare un non consentito riesame
del merito, si rivelano, dunque, anche aspecifici, proprio perché reiterativi di censure
già disattese nel precedente grado di giudizio. La giurisprudenza di questa Corte è
infatti ormai da tempo consolidata nell’affermare che deve essere ritenuto
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse
ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi
i

OSSERVA

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro mille in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2013
Il Con4 liere estensore

Il Presidente

considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere
apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., alla
inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. I, 30 settembre 2004, Burzotta;
Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2002, Notaristefano; Cass., Sez. IV, 11 aprile 2001 Cass.,
Sez. IV, 29 marzo 2000, Barone; Cass., Sez. IV, 18 settembre 1997, Ahmetovic).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 ciascuno alla luce dei
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

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