Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46723 del 26/09/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 46723 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da Borrelli Vincenza, n. Portici il 21.10.1966
avverso la ordinanza del 5.3.2013 del g.i.p. presso il tribunale di Grosseto
Udita la relazione fatta in camera di consiglio dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Sante Spinaci che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
la Corte osserva:

Data Udienza: 26/09/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto emesso il 15 novembre 2012 nel procedimento penale n.
12/4579 R.G.N.R. nei confronti di Franco e Ciro D’Avino, indagati per reati
tributari dalla Procura della Repubblica di Grosseto, il GIP presso il Tribunale di
Grosseto ordinava il sequestro preventivo sui beni rientranti nel patrimonio degli
indagati o di cui comunque gli indagati medesimi avessero la disponibilità sino
alla concorrenza di C 1.851.246,67 per Franco D’Avino e di C 1.749.246,67 per
Ciro D’Avino, trattandosi di beni confiscabili per equivalente.

Follonica era compresa anche l’abitazione di proprietà della Sig. ra Vincenza
Borrelli moglie di Franco D’Avino – posta in Follonica Via Blasetti, 7/B, censita al
C.F. del suddetto Comune al fg. 20, parto 1906, sub 9, e adibita a residenza
familiare.
La sig.ra Borrelli, a mezzo del suo difensore, in data 28.02.2013,
chiedeva la restituzione del bene suddetto, motivando la propria richiesta con il
rilievo che il sequestro preventivo, finalizzato ad una confisca per equivalente era
ricaduto su un bene di sua esclusiva proprietà del quale il marito, non aveva
alcuna disponibilità.
Il ricorso su parere negativo del P.M. era rigettato dal GIP di Grosseto con
provvedimento in data 5.03.2013, depositato il 6.03.2013
2. Avverso questa pronuncia la Borrelli propone ricorso per cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il ricorso per cassazione la ricorrente deduce la violazione dell’art.
606 lett. b) c.p.in relazione all’art. 322 ter c.p.p..

Il GIP di Grosseto ha

motivato il rigetto dell’istanza di dissequestro avanzata dall’odierna ricorrente,
con il rilievo che il bene sequestrato, sebbene di proprietà della Sig.ra Borrelli
era da considerarsi nella disponibilità del marito di quest’ultima, Franco D’Avino,
e ciò sia per l’incontestata convivenza tra i due, sia per la mancanza di redditi
autonomi della donna. Si deduce l’erroneità del provvedimento impugnato per
violazione di legge in relazione al significato che il GIP di Grosseto ha attribuito
alla “disponibilità” del bene da parte del reo che giustifica la confisca e,
conseguentemente, il sequestro preventivo. Nella specie erroneamente la
disponibilità dell’immobile è stata ricondotta alla convivenza tra i coniugi Franco
D’Avino e Vincenza Borrelli e alla mancanza di redditi autonomi da parte di
quest’ultima.
2. Il ricorso è inammissibile.
La disponibilità di cui parlasi, è stata ricondotta alla convivenza tra i
coniugi Franco D’Avino e Vincenza Borrelli e alla mancanza di redditi autonomi da
parte dell’istante.
24-11420/3 r.g.n

2

c. c. 26 senembre 2013

Nel sequestro in parola che era eseguito dalla Guardia di Finanza di

Si tratta di elementi sufficienti sotto il profilo probatorio anche perché il
dato pacifico della convivenza tra coniugi si coniuga con la mancanza di redditi
autonomi da parte della moglie; circostanza questa che, in mancanza per ora di
una più approfondita indagine della situazione patrimoniale della stessa,
costituisce un elemento ulteriore per dedurne la disponibilità dell’immobile, di
proprietà della moglie, da parte del marito indagato.
Va quindi ribadita la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la
disponibilità da parte dell’indagato è requisito necessario e sufficiente per

terzi estranei all’indagato (Cass., sez. III, 27 gennaio 2011 – 23 febbraio 2011,
sentenza n. 6894).
3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.
Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere
delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata in euro 1.000,00
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di euro mille alla Cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Pres

te

sottoporre al vincolo reale per equivalenza i beni anche in ipotesi appartenenti a

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