Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46713 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 46713 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Cusimano Antonio
2) Zarcone Teresa

nato il 24.02.1945
nata il 20.11.1950

avverso la sentenza del 4.6.2013
della Corte di Appello di Palermo
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G., dr. Enrico Delehaye, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

1

Data Udienza: 24/10/2013

1. Con sentenza del 4.6.2013 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza resa in
data 28.5.2010 dal Tribunale di Palermo, sez. dist. di Carini, in composizione monocratica, con
la quale Cusimano Antonio e Zarcone Teresa, previa esclusione per la Zarcone della contestata
aggravante e concesse le circostanze attenuanti generiche, dichiarate per il Cusimano
equivalenti all’aggravante, erano stati condannati alla pena (sospesa alle condizioni di legge) di
mesi 10 di reclusione ed euro 500,00 di multa ciascuno.
Rilevava la Corte territoriale che i motivi di appello, ai limiti dell’ammissibilità, erano destituiti
di fondamento, risultando la prova della responsabilità di entrambi gli imputati, proprietari e
beneficiari dell’immobile abusivo (non essendo sostenibile, né dedotto che altri potessero aver
realizzato l’opera a loro insaputa).
La pena inflitta era adeguata e peraltro con i motivi di appello non era stata avanzata alcuna
richiesta di riduzione.
2. Ricorrono per cassazione Cusimano Antonio e Zarcone Teresa, denunciando la mancanza e
manifesta illogicità della motivazione. Pur avendo i Giudici di merito escluso nei confronti della
Zarcone (che non era stata nominata custode) la contestata circostanza aggravante, hanno
applicato agli imputati la stessa pena. Peraltro la Zarcone è stata ritenuta responsabile per il
solo fatto di essere comproprietaria del fondo.
Con il secondo motivo denunciano l’erronea applicazione della legge penale, non avendo la
Corte territoriale tenuto conto che i reati relativi alle violazioni urbanistiche risultavano
prescritti alla data di emissione della sentenza (4.6.2013), risalendo i fatti contestati
all’8.2.2008.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di Zarcone Teresa è fondato.
2. E’ pacifico che, nell’ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si
integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far
riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Allorchè, quindi, le sentenze
concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle
rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella
precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (cfr. ex multis Cass.sez.1
n.8868 del 26.6.2000-Sangiorgi; cfr.anche Cass.sez.un.n.6682 del 4.2.1992; Cass.sez.2
n.11220 del 13.1.1997; Cass.sez.6 n.23248 del 7.2.2003; Cass.sez.6 n.11878 del
20.1.2003).).
che sussiste il vizio di motivazione, sindacabile ai sensi
E’ altrettanto pacifico, però,
dell’art.606 comma primo lett.e) cod. proc. Pen., quando il giudice del gravame si limiti a
respingere i motivi di impugnazione specificamente proposti dall’appellante e a richiamare la
contestata motivazione del giudice di primo grado in termini apodittici o meramente ripetitivi
(cfr. ex multis Cass. Sez. 6 n.35346 del 12.6.2008). In motivazione si precisa che se
l’appellante “si limita alla mera riproposizione di questioni di fatto già adeguatamente
esaminate e risolte dal primo giudice oppure di questioni generiche, superflue o palesemente
inconsistenti, il giudice dell’impugnazione ben può motivare per relationem e trascurare di
esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o manifestamente infondati. Quando,
invece, le soluzioni adottate dal giudice di primo grado siano state specificamente censurate
dall’appellante sussiste il vizio di motivazione, sindacabile ex art.606 comma 1 lett.e) c.p.p., se
il giudice del gravame si limita a respingere tali censure e a richiamare la contestata
motivazione in termini apodittici o meramente ripetitivi senza farsi carico di argomentare sulla
fallacia i inadeguatezza o non consistenza del motivi di impugnazione”. (così anche Cass. Sez.
6 n.4221 del 20.4.2005). Il Giudice di appello, quindi, nella ipotesi in cui l’imputato, con
precise considerazioni, svolga specifiche censure su uno o più punti della prima pronuncia,
non può limitarsi a richiamarla, ma deve rispondere alle singole doglianze prospettate. In caso

2

RITENUTO IN FATTO

2.2. L’art.29 DPR 380/2001 fa riferimento al committente, costruttore e direttore dei lavori.
Per quanto riguarda il soggetto non formalmente committente o esecutore materiale che abbia
però un rapporto “diretto” ed erga omnes (in termini di diritto reale di proprietà o di
godimento) con l’immobile su cui è stata realizzata l’opera abusiva, la giurisprudenza di questa
Corte è ormai consolidata nel ritenere che ” non può essere attribuito ad un soggetto per il
solo fatto di essere proprietario di un’area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi
una responsabilità penale per costruzione abusiva. Il semplice fatto di essere proprietario o
comproprietario del terreno sul quale vengono svolti lavori edilizi illeciti, pur potendo costituire
un indizio grave, non è sufficiente da solo ad affermare la responsabilità penale…., essendo
necessario a tal fine, rinvenire elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che
egli abbia in qualche modo concorso anche solo moralmente con il committente o l’esecutore
dei lavori (v. Cass. Sez. 3 , 29.3.2001-Bertin). Occorre considerare, in sostanza, la situazione
concreta in cui si è svolta l’attività incriminata, tenendo conto non soltanto della piena
disponibilità, giuridica o di fatto, del suolo e dell’interesse specifico ad effettuare una
costruzione (principio del “cui prodest”), bensì pure di rapporti di parentela ed affinità tra
l’esecutore dell’opera abusiva ed il proprietario, dell’eventuale presenza “in loco” di
quest’ultimo, dello svolgimento di attività di materiale vigilanza dell’esecuzione dei lavori, della
richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; del regime patrimoniale tra coniugi e,
in definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti positivi o negativi, da cui possano
trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione anche morale
all’esecuzione delle opere” (così Cass.pen. Sez. 3 n.216 dell’8.10.2004; conf. Cass. Sez. 3
n.5476 del 29.4.1999, Zarbo; Cass. Sez. 3 n. 31130 del 10.8.2001, Gagliardi ; cass. Sez. 3 n.
25.2.2003, Cafasso ed altro).
La giurisprudenza successiva ha ribadito che in materia edilizia può essere attribuita al
proprietario non formalmente committente dell’opera la responsabilità per la violazione
dell’art.20 L.47/85 (sostituito dall’art.44 DPR 380/01) sulla base di valutazioni fattuali, quali
l’accertamento che questi abiti nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la
costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia destinatario finale dell’opera,
che abbia presentato richieste di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria (cfr. ex multis
cass.pen.sez.3 n.9536 del 20.1.2004; Cass.sez.3, 14.2.2005 -Di Marino; Cass.sez.3 n.32856
del 13.7.2005-Farzone).
2.3. La Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione di tali principi, essendosi limitata ad
affermare che era irrilevante la circostanza che non fosse stata rinvenuta sul posto, in quanto
l’imputata, essendo proprietaria, era interessata alla realizzazione dell’opera.
Quanto, poi, al delitto di cui all’art.349 c.p., non ha aggiunto alcuna argomentazione in ordine
al concorso della Zarcone nella violazione dei sigilli. Una motivazione sul punto risultava
doverosa anche perché, già in primo grado, era stata esclusa nei confronti della predetta la
circostanza aggravante di cui al capoverso dell’art.349 c.p., evidentemente sul presupposto
che essa non fosse a conoscenza della qualità di custode del coimputato Cusimano (la
circostanza aggravante in questione può comunicarsi ai concorrenti che siano a conoscenza o
ignorino colpevolmente tale qualità, non rientrando la stessa tra quelle circostanze soggettive
da valutarsi soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono- cfr. Cass.pen. sez. 3 n.35550
del 20.5.2010; Cass.pen. sez. 3 n.5029 del 18.10.2011).
Per di più il trattamento sanzionatorio era stato applicato in eguale misura per entrambi gli
imputati (senza tener conto che l’esclusione della circostanza aggravante imponeva la
riduzione della pena base per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
-pag. 2 sent.Trib.-, non dovendosi procedere, a differenza del Cusimano, ad alcun giudizio di
comparazione).

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contrario, viene meno la funzione del doppio grado di giurisdizione ed è privo di ogni concreto
contenuto il secondo controllo giurisdizionale” (dr. Cass.pen. Sez. 3 n.24252 del 13.5.2010).
2.1. Con i motivi di appello si contestava l’affermazione della penale responsabilità
dell’imputata sia in relazione alle violazioni edilizie che per il reato di violazione di sigilli,
assumendosi che il primo giudice aveva fondato la decisione unicamente sulla qualità di
proprietaria.

2.4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata nei confronti di Zarcone Teresa, con rinvio
per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo.

3.1. In relazione alla posizione del Cusimano viene eccepita soltanto la prescrizione, che,
secondo l’assunto difensivo, risalendo i fatti alla data dell’.8.2.2008, sarebbe maturata già alla
data della emissione (4.6.2013) della sentenza impugnata.
Non si tiene conto, però, che il corso della prescrizione era rimasto sospeso dal 23.2.2012 al
21.11.2012 per giorni 272, per rinvio dell’udienza dovuto ad adesione del difensore
all’astensione dalle udienze proclamata dagli organismi di categoria.
E, come più volte ribadito da questa Corte, nelle ipotesi di rinvio per astensione dalle udienze,
non trova applicazione il disposto di cui all’art.6 comma 3 L.251/2005 che ha modificato
l’art.159 c.p., per cui il periodo di sospensione va calcolato per intero.
“La richiesta del difensore di differimento dell’udienza motivata dall’adesione all’astensione
collettiva dalle udienze, quantunque tutelata dall’ordinamento mediante il riconoscimento del
diritto al rinvio, non costituisce tuttavia impedimento in senso tecnico, in quanto non discende
da un’assoluta impossibilità di partecipare all’attività difensiva . Ne consegue che, in tale
ipotesi, non si applica il limite massimo di giorni 60 di sospensione della prescrizione, che resta
sospesa per tutto il periodo di differimento” (cfr.ex multis Cass.sez.1 n,25714 del 17.6.2008).
La prescrizione non era, quindi, maturata (e non lo è ancora alla data odierna) neppure per le
contravvenzioni.
3.2. Il ricorso del Cusimano deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare
congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Zarcone Teresa e rinvia ad altra sezione della
Corte di Appello di Palermo per nuovo esame.
Dichiara inammissibile il ricorso di Cusimano Antonio, che condanna al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 24.10.2013

3. Il ricorso di Cusimano Antonio è, invece, manifestamente infondato.

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