Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4670 del 16/10/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4670 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– CATARZI LUCIANO, n. 28/12/1946 a SAN CASCIANO VAL DI PESA

avverso la sentenza della Corte d’appello di FIRENZE in data 28/02/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. F. Baldi, che ha chiesto annullarsi senza rinvio l’impugnata
sentenza per intervenuta estinzione del reato per prescrizione;

Data Udienza: 16/10/2014

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza del 28/02/2013, depositata in data 19/04/2013, la Corte

d’appello di FIRENZE in parziale riforma della sentenza del tribunale di FIRENZE
del 26/05/2011, appellata da CATARZI LUCIANO, rideterminava la pena (già
condizionalmente sospesa dal primo giudice) nella misura di mesi 2 e gg. 10 di
arresto ed C 11.000,00 di ammenda, confermando nel resto l’impugnata

aveva dichiarato CATARZI LUCIANO colpevole dei reati di cui all’art. 44, lett. c),
93 e 95, d.P.R. n. 380/2001 e 181, d. Igs. n. 42/2004 (fatti contestati come
commessi in data 27/03/2008).

2.

Ha proposto ricorso CATARZI LUCIANO, a mezzo del difensore fiduciario

cassazionista, impugnando la predetta sentenza e deducendo quattro motivi, di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173
disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) c.p.p. per
violazione od erronea applicazione degli artt. 3, comma 1, lett. e1) ed e6), e 44,
lett. c), d.P.R. n. 380/2001, anche in relazione agli artt. 1 c.p. e 25, comma 2,
Cost.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza per aver la Corte d’appello
escluso che gli interventi realizzati fossero volumi tecnici, considerando gli stessi
un vero e proprio ampliamento del volume con destinazione abitativa;
diversamente, sostiene il ricorrente, i lavori contestati sarebbero consistiti nella
realizzazione di locali interrati pertinenziali, in aggiunta a quelli esistenti, di
un’abitazione sita in zona urbana, in misura non superiore al 20% del volume
dell’edificio stesso; la realizzazione di tali locali, pertanto, non necessitava di
alcun titolo abilitativo, sicché quanto affermato dalla Corte territoriale violerebbe
le norme richiamate.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e) c.p.p. per
vizio di motivazione sotto il profilo del travisamento della prova.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza per aver la Corte d’appello
sostenuto che i locali non fossero volumi tecnici, nonostante la loro ubicazione
sottostrada, interrata, ma esclusivamente per il loro numero ed ampiezza
integrassero un ampliamento volumetrico abitativo, senza che risultasse però in
atti né in sentenza l’indicazione delle dimensioni dell’edificio principale; ciò

sentenza; giova precisare, per migliore intelligibilità dei fatti, che il primo giudice

avrebbe determinato l’utilizzo di un risultato di prova parziale, in quanto pur
conoscendosi le dimensioni ed il numero dei nuovi locali edificati, non si
conoscerebbe la grandezza dell’edificio sovrastante; la sentenza, inoltre, avrebbe
ritenuto che tutti i locali sotterranei fossero di nuova realizzazione, senza tener
conto che già alcuni di essi esistevano da prima e che i lavori in questione li
avrebbero solo ampliati.

profilo dell’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, di
inutilizzabilità e decadenza (nella specie, da un lato, l’art. 125, comma 3, c.p.p.
nonché l’art. 111 Cost.).
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza per essere la sentenza della
Corte d’appello priva di una reale motivazione, in contrasto con l’art. 111 Cost.;
apparente sarebbe, secondo il ricorrente, la motivazione nella parte in cui i
giudici affermano che il numero e l’ampiezza dei locali realizzati escludeva
trattarsi di volumi tecnici, ma di un vero e proprio ampliamento del volume con
destinazione abitativa, senza utilizzare alcun reale termine di paragone, ma solo
richiamandosi a termini assoluti ed astratti (quali il numero e l’ampiezza dei
locali considerati in sé come troppo grandi), ciò che equivarrebbe a non fornire
alcuna motivazione; non sarebbe infatti indicato il perché, nonostante siano
interrati, gli stessi non possano essere considerati volumi tecnici; inoltre, non si
opera alcuna distinzione tra i vecchi locali tecnici e di nuovi ampliamenti,
realizzati con i lavori oggetto del processo, considerandoli erroneamente tutti
come di nuova costruzione, travisando quindi la prova in atti.

2.4. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e) c.p.p. sotto il
profilo del vizio di motivazione manifestamente illogica, contraddittoria o
mancante.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza per aver la Corte d’appello
omesso di indicare il percorso ricostruttivo seguito e che ha condotto ad
affermare la responsabilità del ricorrente; l’aver escluso che si trattasse di
volumi tecnici, ma di un ampliamento del volume con destinazione abitativa,
senza indicare perché l’ampiezza ed il numero comportassero tale risultato,
equivarrebbe a non spiegare le ragioni del proprio convincimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3

2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c) c.p.p. sotto il

3. Il ricorso è inammissibile in quanto, con tutti i motivi di ricorso, il ricorrente
deduce in realtà violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.

4. Ed invero risulta dalla lettura dei motivi di appello che, con il primo motivo,
l’allora appellante Catarzi si era doluto con la Corte territoriale per la mancata
assoluzione dalle imputazioni ascrittegli per difetto dell’elemento psicologico; il
medesimo, poi, con il secondo motivo di appello, aveva chiesto alla Corte

E’, quindi, evidente la diversità delle doglianze mosse con i motivi d’appello
rispetto alle censure proposte con il ricorso per cassazione, aventi ad oggetto, da
un lato, presunte violazione della legge penale e correlate carenze motivazionali
circa la decisione dei giudici di merito di aver escluso che gli interventi realizzati
fossero volumi tecnici, considerando gli stessi un vero e proprio ampliamento del
volume con destinazione abitativa, donde la non configurabilità del reato
urbanistico oggetto di contestazione della cui sussistenza in termini di oggettività
materiale il ricorrente non si era tuttavia doluto nel giudizio d’appello,
contestando, come detto, la mancata assoluzione per difetto dell’elemento
psicologico e il trattamento sanzionatorio.
Alla stregua di quanto sopra, pertanto, il ricorso è inammissibile, dovendosi qui
ribadire che in tema di ricorso per cassazione, la regola ricavabile dal combinato
disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate
nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni
stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in
grado d’appello – trova la sua “ratio” nella necessità di evitare che possa sempre
essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con
riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di
appello, perché non segnalato con i motivi di gravame (Sez. 4, n. 10611 del
04/12/2012 – dep. 07/03/2013, Bonaffini, Rv. 256631).

5. Il ricorso deve essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che si stima
equo fissare, in euro 1.000,00 (mille/00).

6.

Solo per completezza, infine, dev’essere rilevato che la manifesta

infondatezza del ricorso impedisce a questa Corte di dichiarare l’intervenuta
4

d’appello di rideterminare il trattamento sanzionatorio.

estinzione per prescrizione dei reati per cui si è proceduto (prescrizione maturata
in data 3 luglio 2013, dovendosi aggiungere all’ordinario termine di prescrizione,
maturato in data 27 marzo 2013, un periodo di gg. 98 di sospensione dal 28
gennaio al 6 maggio 2010 per adesione del difensore all’astensione proclamata
dall’organismo professionale di appartenenza) tenuto conto che la sentenza
d’appello è antecedente al maturarsi di detto termine, essendo intervenuta in
data 28 febbraio 2013, atteso che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte,

motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (per tutte, v. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000
– dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2014

Il Cons a er-/st.

Il Presidente

l’accertata inammissibilità del ricorso, dovuta alla manifesta infondatezza dei

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