Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46691 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46691 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VINCI ALESSANDRO N. IL 06/07/1976
DE SIMONE SALVATORE N. IL 12/09/1985
RINADDEZZICIED
avverso la sentenza n. 2492/2012 GIP TRIBUNALE di SIRACUSA, del
24/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 17/07/2013

Motivi della decisione
De Simone Salvatore ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Siracusa in data 24.10.2012, con la quale,
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.,èstata applicata la pena concordata dalle parti,
in ordine alle contestate violazioni dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
Con unico motivo l’esponente denuncia violazione di legge e vizio
motivazionale in riferimento alla entità del trattamento sanzionatorio.
Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il

coimputato Vinci Alessandro, deducendo doglianze di conforme tenore.
Ha proposto ricorso per cassazione altresì Spinale Rosa, lamentando la
violazione di legge in riferimento al mancato apprezzamento della ricorrenza dei
presupposti legittimanti l’adozione di sentenza liberatoria, ai sensi dell’art. 129 cod.
proc. pen.
All’odierna udienza si è dato corso allo stralcio della posizione relativa
all’imputata Spinale Rosa, risultando omesso l’avviso di fissazione dell’udienza
camerale al difensore fiduciario avv. Salvatore Pappalardo del foro di Siracusa. Si è
quindi disposta la formazione di separato fascicolo, per il proseguo del
procedimento a carico della Spinale.
Tanto chiarito si procede ad esaminare congiuntamente i ricorsi proposti da
Vinci Alessandro e De Simone Salvatore.
I ricorsi sono inammissibili.
Giova considerare che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il
principio in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non piò non
essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Cé implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod. proc. pen. deve
essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o
dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibili, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso
contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è
stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per
la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto;
Sez. U. 27 dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente
accolto dalla giurisprudenza successiva. Anche per cò che riguarda gli altri tratti
significativi della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione
giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze,
la congruità della pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa

/

Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la
motivazione pub ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purcté risulti che il
giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato plò avere interesse a
lamentare una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e
sollecitandone una pe, analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide
esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita

Suprema Corte ha pú volte avuto modo di affermare, che l’imputato non plò
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice
ha osservato che non ricorrevano i presupposti per pronunciare sentenza ex art.
129 cod. proc. pen., alla luce della informativa di reato e degli altri atti acquisiti al
fascicolo processuale; e che il giudicante ha altresì rilevato che le pene indicate
dalle parti risultavano congrue, ai fini dell’art. 27, comma III, Cost.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00
ciascuno a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.500,00 ciascuno in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 17 luglio 2013.

rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa

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