Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4667 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4667 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PETRUZZI FRANCESCO N. IL 12/12/1986
avverso la sentenza n. 5806/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 0, -To
itAt- r -r
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 15/05/2014

Ritenuto in diritto
Petruzzi Francesco ha proposto, per il tramite del difensore, ricorso per Cassazione avverso la
sentenza della Corte di appello di Milano in data 27.4.2012 emessa a conferma della sentenza in
data 12.5.2011 con la quale Tribunale di Como ha ritenuto il predetto e Fosco Stefano, colpevoli
del reato di cui agli art. 110, 73 co 1 bis d.p.r. 309/90, perché, in concorso con Berniga Marco e
Berniga Matteo, per i quali si è proceduto separatamente, detenevano gr 719 di sostanza

personale; concessa l’attenuante di cui al quinto comma dell’art. 73 d.p.r. 309/90, veniva
condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro 5.000,00 di multa.
A sostegno del ricorso ha dedotto i seguenti motivi:
violazione dell’alt 606 lett B) e E) in relazione all’art. 73 dpr 309/90 e 192 c.p.p..
La difesa del ricorrente censura la sentenza di secondo grado per aver ritenuto inammissibile
l’appello in quanto esso si è sostanziato nella riproposizione di questioni correttamente e
compiutamente definite nella sentenza impugnata, utilizzando i medesimi elementi già considerati
in primo grado. , rilevando in proposito che le contestazioni svolte nell’atto di gravame non
confutano, né scalfiscono le valutazioni degli elementi oggettivi pacificamente acquisiti a giudizio,
compiutamente esaminati dal giudick di prime cure con motivazione pertinente e completa che la
Corte condivide e richiama.
In proposito rileva che i motivi proposti tendevano a censurare l’iter logico- giuridico seguito dal
primo giudice nel ritenere l’esistenza del concorso dell’ imputato nell’attività di spaccio sulla base
di mere supposizioni, omettendo di considerare fatti e circostanze accertati nel corso del
dibattimento tali da escludere con certezza la partecipazione concorsuale del Petruzzi nell’attività
di spaccio svolta dai suoi coinquilini. Di conseguenza, poiché i motivi di appello contenevano una
critica dell’apparato argomentativo del giudicante, in punto di accertamento della responsabilità
concorsuale del Petruzzi, rileva la difesa del ricorrente l’assoluta non pertinenza del rilievo di
inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 581 c.p.p. espresso dai giudici di seconde cure.
Ferma restando tale censura, la difesa del ricorrente lamenta l’omessa considerazione da parte della
Corte di Appello delle censure proposte dall’imputato volte ad evidenziare l’assenza di elementi
dimostrativi di un contributo partecipativo morale e materiale del Petrucci alla condotta criminosa
altrui; la Corte distrettuale avrebbe posto a fondamento della ritenuta partecipazione concorsuale
del predetto il dato fattuale che costui dimorasse stabilmente nell’abitazione ove era conservata la
sostanza stupefacente, che egli fosse a conoscenza dei luoghi ove era occultata all’interno
dell’appartamento ove era ospitato, tanto da averli indicati agli agenti operanti, che parte della
sostanza era stata rinvenuta nel cassetto del comodino della camera in cui dormiva, elemento,
1.

stupefacente di tipo hashish e coltivavano n.1 2 piante di cannabis per uso esclusivamente

quest’ultimo, ritenuto dalla Corte di Appello da solo sufficiente ad integrare il reato di detenzione
di droga per uso non personale.
Ad avviso della difesa detti elementi posti dai giudici di merito alla base del loro convincimento si
fondano su mere supposizioni, peraltro in contrasto con le risultanze dell’istruttoria dibattimentale
da cui è emerso che il Petruzzi fosse un mero ospite nell’abitazione del Fosco, del tutto estraneo al
traffico illecito di stupefacenti posto in essere dai fratelli Berniga e dal Fosco, di cui aveva

della difesa, non potevano essere smentite dal fatto che il Petruzzi, dopo un’iniziale reticenza,
avesse fornito agli agenti l’indicazione del luogo in cui si trovava la sostanza stupefacente, poiché
tale indicazione, se provava la sua conoscenza dell’occultamento dello stupefacente nell’abitazione
del Fosco, ove era ospitato, non poteva essere valutata come elemento dimostrativo di una sua
partecipazione nella illecita detenzione della sostanza; ciò anche se parte della sostanza era stata
trovata nel comodino della camera in cui dormiva Petruzzi, non essendo stato accertato l’uso
esclusivo della stanza. Rileva in conclusione la difesa che la valutazione della posizione del
Petruzzi si fonda su mere congetture inidonee a far ritenere, in assenza di fatti e circostanze
concrete, superata la linea di demarcazione fra la posizione di mero connivente e quella di
concorrente nel reato contestato: il Petruzzi era a conoscenza dell’occultamento dello stupefacente
nell’abitazione del Fosco, aveva assunto l’atteggiamento negativo di chi assiste alla perpetrazione
del reato senza ostacolarla, verosimilmente per non perdere la disponibilità della casa ove era
ospitato, ma, non sussistendo a suo carico un obbligo giuridico di impedire l’evento, tale
comportamento non poteva essere semplicisticamente essere ricondotto a quello di partecipe nella
detenzione illecita della sostanza stupefacente in mancanza di qualsiasi apprezzabile contributo.

Considerato in fatto
Il ricorso è fondato.
Secondo costante indirizzo della Suprema Corte, in tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la
distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato va individuata nel fatto che, mentre la
prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare
alcun contributo alla realizzazione del reato, nel concorso di persona punibile è richiesto, invece, un
contributo partecipativo – morale o materiale – alla condotta criminosa altrui, caratterizzato, sotto il
profilo psicologico, dalla coscienza e volontà di arrecare un contributo concorsuale alla
realizzazione dell’evento illecito (Sez. 6, n. 47562 del 29/10/2013 Cc. dep. 29/11/2013, Rv. 257465,
Sez. 6, n. 44633 del 31/10/2013 dep. 05/11/2013, Rv. 2578101,

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consapevolezza senza tuttavia aver mai dato alcun apporto causale. Siffatte emergenze, ad avviso

• In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto corretta l’affermazione di responsabilità a
titolo di concorso del titolare dell’abitazione in cui erano custoditi cospicui quantitativi di sostanze
stupefacenti e di strumenti idonei al confezionamento delle dosi, in quanto la presenza dello
stupefacente nell’appartamento, per giunta occultato non in un unico luogo, di guisa che potesse
essere riconducibile ad uno solo degli occupanti dell’appartamento, bensì in più punti sparsi della
casa, denotava in modo inequivoco la partecipazione concorsuale del titolare dell’immobile,

di confezionamento e di spaccio della sostanza stupefacente.
Diversa è, nel caso in esame, la posizione del Petruzzi, che non era il titolare dell’appartamento
bensì un semplice ospite del proprietario Fosco Stefano. Al Petruzzi si addebita la partecipazione
all’attività di spaccio che si svolgeva in quella casa per il fatto di occuparla stabilmente, di essere a
conoscenza della presenza della sostanza stupefacente, di conoscere i posti in cui era occultata,
avendoli egli stesso mostrati, dopo iniziale reticenza, agli agenti operanti, del rinvenimento di un
etto dell’hashish nel comodino della camera da letto da lui occupata.
Ad avviso di questo Collegio, gli elementi addotti dai giudici di merito come sopra illustrati non
sono idonei a dimostrare l’apporto causale del Petruzzi nella detenzione illecita dello stupefacente,
potendo invece essere ricondotti nell’alveo della mera connivenza. Il fatto che Petruzzi alloggiasse
nell’appartamento ove era praticata l’attività di spaccio non è necessariamente indicativo di una sua
partecipazione, considerato anche che, per concorde ammissione degli imputati connessi, fratelli
Bamiga, costoro si erano accordati col proprietario Fosco Stefano per l’utilizzo della casa per
l’occultamento della sostanza e la vendita. La circostanza che Petruzzi fosse a conoscenza anche dei
posti ove la sostanza era occultata non è di per sé sola dimostrativa di una sua partecipazione allo
spaccio, potendo egli conoscere i nascondigli dello stupefacente per il solo fatto che dimorava
stabilmente lì. Diverso rilevo ha invece il rinvenimento di parte dell’hashish nel cassetto della
camera da letto da lui occupata, perché ciò potrebbe avvalorare la tesi di una sua partecipazione
concorsuale allo spaccio delimitata a quel quantitativo rinvenuto in un posto nella sua disponibilità.
Tuttavia dalla sentenza impugnata non risulta in modo chiaro che uso facesse l’imputato della
sostanza rinvenuta nella camera da letto da lui occupata, posto che lo stesso era assuntore di
hashish e potrebbe averlo detenuto per uso personale. Le ammissione in ordine alla partecipazione
del Petruzzi all’attività di spaccio, fatte dai coimputati separatamente giudicati, fratelli Barniga,
non sono state esplicitate nel loro contenuto dai giudici di merito, limitatisi a desumere la
responsabilità concorsuale dell’odierno ricorrente da dette deposizioni senza precisarne la portata,
salvo il riferimento, privo di rilevanza sul piano della partecipazione, al fatto che il Petruzzi apriva
la porta di casa ai Bamiga quando si recavano nell’appartamento per svolgere il traffico illecito.
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ravvisabile nell’ aver egli messo a disposizione la sua abitazione per l’occultamento e per l’attività

In definitiva i giudici di merito non hanno esaurientemente indicato gli elementi in base ai quali
ritenere la partecipazione concorsuale del Petruzzi; l’iter argomentativo dei giudici si appalesa
incongruo e carente nell’esplicitare le ragioni secondo le quali non si versa in un’ipotesi di mera
connivenza ma di concorso nell’attività criminosa contestata, anche alla stregua delle ammissioni
dei coimputati Barniga, non esplicitate. La sentenza deve dunque essere annullata con rinvio ad
altra sezione della Corte di appello che dovrà procedere a nuovo esame della posizione del Petruzzi
alla luce dei principi sopra enunciati.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Così deciso in Roma il 15.5.2014

P.Q.M.

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