Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46663 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46663 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PEPE MICHELE N. IL 08/07/1977
avverso la sentenza n. 6036/2012 GIP TRIBUNALE di GENOVA, del
11/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 17/07/2013

Con sentenza dell’ 11 dicembre 2012, il Gup del Tribunale di Genova, sull’accordo delle
parti, ex art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a Pepe Michele -imputato, in concorso con
Larosa Francesca, del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 co. 1 bis del d.p.r. n. 309/90,
ravvisata l’ipotesi attenuata del comma 5 0 dell’art. 73, escluso l’aumento di pena per la
recidiva contestata, applicata la diminuente del rito- la pena di due anni di reclusione e
4.000,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza, propone personalmente ricorso il Pepe, che lamenta la mancata
verifica, da parte del giudicante, della sussistenza dei presupposti per pervenire, ai sensi
dell’art. 129 cod. proc. pen., ad una pronuncia di proscioglimento. Con memoria
successivamente trasmessa alla cancelleria di questa Corte, il difensore dell’imputato
ribadisce ed ulteriormente articola le ragioni di doglianza.
Considerato in diritto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza delle censure
dedotte.
In realtà, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il giudice, nell’applicare la pena
concordata, ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali (verbale di arresto
in flagranza, decreto di sequestro dello stupefacente rinvenuto occultato nella vettura a bordo
della quale l’imputato si trovava in compagnia della Larosa, dichiarazioni confessorie dello
stesso Pepe, che ha attribuito a sé stesso il possesso della droga) si evidenziava l’assenza dei
presupposti per l’applicazione della norma oggi invocata.
Il ricorrente, d’altra parte, non considera, nel formulare le sue censure, che al giudice,
nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi motivazionali o
di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi dall’imputato che ha
chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la corretta qualificazione dei
fatti e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza di cause di non punibilità che
impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito cui, nel caso di specie, ha regolarmente atteso il giudice del merito.
Il ricorso deve essere dichiarato, dunque, inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 luglio 2013.

Ritenuto in fatto.

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