Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46636 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46636 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CINIGLIO LUIGI N. IL 27/12/1966
avverso la sentenza n. 970/2012 TRIBUNALE di TORRE
ANNUNZIATA, del 12/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 17/07/2013

Osserva
Ricorre per cassazione Ciniglio Luigi avverso la sentenza emessa in data 12.11.2012
ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale di Torre Annunziata
con la quale veniva applicata al predetto la pena concordata di anni due e mesi otto
di reclusione ed C 12.000,00 di multa per il delitto di cui agli artt. 73 comma 1 bis
dPR 309/1990.
Rappresenta che il Giudice a quo aveva omesso nel calcolo della pena alcuni
rito prescelto.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati e non
consentiti nella presente sede di legittimità.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez.
Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione
della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare
natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto,
ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla delibazione
degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta
qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio
di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di
quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a
norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena,
rimettere in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e
non può, in particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al
merito nè recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle
circostanze o la congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente
illegittime: evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Infatti, “Nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, l’accordo
si forma non tanto sulla pena inizialmente indicata e sulle eventuali operazioni con le
quali essa viene determinata, bensì sul risultato finale delle operazioni stesse. Ne
deriva che gli eventuali errori di calcolo commessi nel determinare la sanzione
concordata ed applicata dal giudice non assumono alcuna rilevanza, purchè il
risultato finale non si traduca in una pena illegale” (Cass. pen. Sez. IV n. 1853 del
17.11.2005, Rv. 233185).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non

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passaggi fondamentali per la determinazione della sanzione diminuita di 1/3 per il

ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 17.7.2013

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