Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46634 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46634 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• DE CESARE Katia, nata a Bollate il giorno 25/3/1953;
avverso la sentenza n. 674 in data 27/1/2014 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Alfredo Pompeo VIOLA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 27/1/2014 la Corte di Appello di Milano, previa
rideterminazione della pena comminata all’imputata in termini ritenuti di
giustizia, ha confermato nel resto la sentenza emessa in data 8/2/2011 dal
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Busto Arsizio con la quale
era stata affermata la penale responsabilità di DE CESARE Katia in relazione ai
reati di cui agli artt. 81 cpv., 648 cod. pen. e 55 D.L.vo 231/2007 relativi alla
ricezione ed all’indebito utilizzo di una carta di credito provento del delitto di
furto ai danni di tale AGGIO Lorella. I fatti risalgono al 29/10/2009.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputata,
deducendo:

Data Udienza: 12/11/2015

1. Violazione di norma processuale e dell’art. 192 cod. proc. pen. con relativo
vizio di motivazione in ordine alla portata indiziaria degli atti di causa ed alla loro
non specificità, univocità e concludenza. Vizio di motivazione e violazione degli
artt. 125 e 533 cod. proc. pen. in ordine alla concludenza delle prove dedotte
dall’accusa. Omessa e/o erronea motivazione sulla valenza e sulla valutazione
della prova. Violazione dell’art. 63 cod. proc. pen.
Si duole, in sostanza, la difesa della ricorrente della circostanza che vi sarebbe

elementi di prova in quanto:
a) non ha valenza probatoria la descrizione dell’autrice di un furto quando questa
non coincide con le fattezze dell’imputata;
b) l’individuazione fotografica della persona che utilizza la carta di credito non ha
alcuna valenza di carattere probante;
c) l’informale individuazione dell’imputata da parte del Carabinieri rimane atto di
portata neutra;
d) la buona fede dell’agire dell’imputata è dimostrata dal fatto che la stessa
disponeva del codice PIN della carta di credito;
e)

non possono essere utilizzate nei confronti dell’imputata le spontanee

dichiarazioni dalla stessa rese.
2. Erronea applicazione della legge penale con riferimento all’ipotesi di concorso
tra il reato di cui all’art. 648 cod. pen. e quello di cui all’art. 55 D.Lvo. 231/2007
e correlativo vizio di motivazione.
3. Erronea applicazione della legge penale con violazione dell’art. 62 n. 4, cod.
pen. anche in relazione all’art. 648 cod. pen. e correlativo vizio di motivazione
per sua illogicità o inesistenza.
Si duole, in sostanza, la difesa della ricorrente del fatto che la Corte di Appello
non abbia ritenuto cumulabili le circostanze attenuanti di cui all’art. 648 cpv.
cod. pen. con quella di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
4. Erronea applicazione della legge penale con violazione dell’art. 62 n. 6 cod.
pen. e correlativo vizio di motivazione per sua illogicità o inesistenza.
Si duole, in sostanza, la difesa della ricorrente del fatto che la Corte di Appello
non ha riconosciuto all’imputata la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6,
cod. pen. ritenendola non sovrapponibile alle già riconosciuto circostanze
attenuanti generiche nonostante ne ricorressero le condizioni di legge avendo
l’imputata risarcito (per eccesso) il danno effettivamente patito dalla persona
offesa.

stato un evidente travisamento del fatto ed un’erronea valutazione degli

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di Appello con una sentenza motivata in modo congruo, logico e
certamente non contraddittorio ha evidenziato gli elementi di “prova” (e non
certo quelli che la difesa impropriamente qualifica come “indizi”) sussistenti a
carico dell’imputata e nel dettaglio indicati a pag. 2 della sentenza impugnata.
Si è dato infatti atto che i Carabinieri hanno riconosciuto “con assoluta certezza”

sorveglianza del distributore ERG mentre utilizzava la carta di credito di
provenienza furtiva. Trattasi di individuazione contenuta in un atto di P.G. non
certo di portata “neutra” (come la definisce parte ricorrente) e perfettamente
utilizzabile ai fini probatori atteso che l’imputata ha scelto di essere giudicata con
le forme del rito abbreviato.
Le spontanee dichiarazioni (nella specie confessorie) rese dall’imputata ai
Carabinieri sono anch’esse pienamente utilizzabili nel caso in esame ai sensi e
per gli effetti di cui al comma 7 dell’art. 350 cod. proc. pen. atteso che il
processo è stato definito con le forme del rito abbreviato.
Questa Corte ha infatti avuto modo reiteratamente di chiarire che “nel giudizio
abbreviato sono utilizzabili a fini di prova le dichiarazioni spontanee rese dalla
persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria, perché l’art. 350, comma
settimo, cod. proc. pen. ne limita l’inutilizzabilità esclusivamente al dibattimento”
(cfr. ex ceteris: Cass. Sez. 5, sent. n. 44829 del 12/06/2014, dep. 27/10/2014,
Rv. 262192) e ciò allorquando la persona che rende le dichiarazioni non abbi
ancora formalmente assunto la qualità di indagato (Cass. Sez. 5, sent. n. 6346
del 16/01/2014, dep. 10/02/2014, Rv. 258960).
2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Deve essere innanzitutto evidenziato che questa Corte Suprema ha già avuto
modo di evidenziare il fatto che “integra il reato di cui all’art. 648 cod. pen. la
condotta di chi riceve, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, carte di
credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al
prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi,
provenienti da delitto, mentre devono ricondursi alla previsione incriminatrice di
cui all’art. 12 del D.L. 3 maggio 1991, n. 143 (attualmente art. 55, comma nono,
D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231), che sanziona, con formula generica, la
ricezione dei predetti documenti “di provenienza illecita”, le condotte acquisitive
degli stessi, nell’ipotesi in cui la loro provenienza non sia ricollegabile a un
delitto, bensì ad un illecito civile, amministrativo o anche penale, ma di natura

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l’odierna imputata nelle immagini di colei che fu ripresa dalle telecamere di

contravvenzionale.” (Fattispecie relativa alla detenzione di carte di credito di
provenienza furtiva, in cui la S.C. ha ritenuto configurabile il delitto di
ricettazione). (Cass. Sez. 2, sent. n. 7658 del 27/01/2015, dep. 19/02/2015, Rv.
262572 e ciò in conformità a Cass. Sez. U, sent. n. 22902 del 28/03/2001, dep.
07/06/2001, Rv. 218872).
A ciò si aggiunga che, come ha già chiarito questa Corte Suprema con un
assunto condiviso anche dall’odierno Collegio) “nell’ipotesi di possesso e

concorso dei reati di cui agli artt. 648 cod. pen. e 12 D.L. n. 143 del 1991”
(Cass. Sez. 2, sent. n. 7019 del 17/10/2013, dep. 13/02/2014, Rv. 259003).
3. Manifestamente infondato è altresì il terzo motivo di ricorso.
Questa Corte Suprema ha, infatti, già avuto modo di chiarire che “in tema di
ricettazione, la circostanza attenuante della speciale tenuità del danno di cui
all’art. 62, n. 4 cod. pen., può essere riconosciuta nella sola ipotesi in cui
l’attenuante di cui all’art. 648, comma secondo, cod. pen., sia stata esclusa sotto
il profilo della componente soggettiva del fatto.” (Cass. Sez. 2, sent. n. 50066
del 15/11/2013, dep. 12/12/2013, Rv. 257647). In sostanza, come è stato
precisato nella motivazione della sentenza appena citata, ove – come nel caso in
esame – il danno patrimoniale sia di speciale tenuità e si accerti che anche il
fatto sia di particolare tenuità sotto il profilo soggettivo (personalità del reo modalità dell’azione), va riconosciuta la sola ipotesi attenuata di cui all’art. 648,
comma 2, rimanendo in essa assorbita l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4, cod.
pen.
4. Infine, manifestamente infondato è anche il quarto ed ultimo motivo di
ricorso.
La Corte di Appello con motivazione congrua ha chiarito che l’invocata
circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. non poteva essere
riconosciuta all’imputata sia perché la stessa non è sovrapponibile alla concesse
attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen. proprio in relazione all’avvenuto
parziale risarcimento del danno, sia perché il danno morale e materiale subito
dalla persona offesa supera l’importo della somma di C 300,00 alla stessa
versata così potendosi semplicemente parlare di “risarcimento parziale”.
Detti principi sono stati correttamente applicati dai Giudici distrettuali in quanto,
come questa Corte Suprema ha già avuto modo di stabilire:
a) Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante prevista dall’art. 62,
primo comma, n. 6, cod. pen., il risarcimento del danno deve essere integrale,
comprensivo non solo di quello patrimoniale, ma anche di quello morale, e la

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successiva utilizzazione di carte di credito di provenienza delittuosa si configura il

valutazione della sua congruità è rimessa all’apprezzamento del giudice (Cass.
Sez. 2, sent. n. 9143 del 24/01/2013, dep. 26/02/2013, Rv. 254880);
b) Un risarcimento dei danni non integrale seppure non consente il
riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6 cod. pen., può essere
valutato dal giudice in funzione della concessione delle attenuanti generiche
(Cass. Sez. 6, sent. n. 34522 del 27/06/2013, dep. 08/08/2013, Rv. 256134).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa
delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa
di C 1.000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il giorno 12 novembre 2015.

inammissibile.

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