Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46627 del 27/10/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46627 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello di
Catanzaro nei confronti di
Bonavota Pasquale, nato a Vibo Valentia il 10/1/1974,
Barbieri Onofrio, nato a Vibo Valentia il 10/1/1980,
Bonavota Domenico, nato a Vibo Valentia il 1/6/1978
Fortuna Francesco, nato a Tropea il 27/8/1980,
Patania Antonio, nato a Cinquefrondi il 20/8/1985
nonchè dei terzi interessati
Cugliari Giuseppina, nata a Sant’Onofrio il 18/9/1956
Cacace Francesco, nato a Toronto (Canada) il 26/2/1980,
Pezzano Maria, nata il 2/11/1923 a Sant’Onofrio
Russo Daniele, nato a Carignano il 26/6/1979,
avverso la sentenza

12/11/2014 della Corte d’assise d’appello di

Catanzaro, II sezione;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Antonio Gialanella, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

1

Data Udienza: 27/10/2015

Udito per le parti civili Comune di Sant’Onofrio ed Amministrazione
provinciale di Vibo Valentia, l’avv. Giuseppe Salvatore Pasquino, in
sostituzione dell’avv. Gaetano Servello che ha concluso riportandosi alle
conclusioni scritte.
udito per l’imputato Bonavota Pasquale, l’avv. Alfredo Gaito; per Barbieri
Onofrio e Fortuna Francesco, l’avv. Sergio Rotundo; per Bonavota
Domenico, l’avv. Franco Coppi; per Fortuna Francesco, l’avv. Giovanni Aricò

l’avv. Vincenzo Gennaro; per Cugliari Gasperina, l’avv. Cantafora Nicola;
per Barbieri Onofrio, l’avv. Staiano Salvatore, che hanno concluso per il
rigetto/inammissibilità del ricorso del PG;

RITENUTO IN FATTO

1.

Bonavota Pasquale, Barbieri Onofrio, Bonavota Domenico, Fortuna

Francesco e Patania Antonio, assieme a Michienzi Francesco, Trimboli Filippo
ed altri erano stati tratti a giudizio per rispondere del reato di partecipazione
ad una associazione per delinquere di stampo mafioso denominata cosca
Bonavota, prosecuzione del clan Bonavota suo tempo capeggiato da
Bonavota Vincenzo, dell’omicidio di Cracolici Raffaele, di reati relativi alle
armi, di trasferimento illecito di valori ed altri reati minori.
2.

Con sentenza pronunciata il 28 maggio 2009, a seguito di giudizio

abbreviato, il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Catanzaro
dichiarò Bonavota Domenico, Bonavota Pasquale, Barbieri Onofrio, Fortuna
Francesco Salvatore e Patania Antonio colpevoli del delitto di cui all’art. 416
bis c.p., in quanto facenti parte, a vario titolo, della “cosca Bonavota”,
operante in Sant’Onofrio e territori limitrofi dal 1998 in poi, inoltre Pasquale
Bonavota e Fortuna Francesco di una serie di reati in materia di armi;
Michienzi Francesco colpevole del delitto di omicidio in anno di Cracolici
Raffaele (avvenuto il 4 maggio 2004 a Pizzo Calabro), nonché di reati in
materia di armi e di una serie di tentate estorsioni. Veniva disposta anche la
confisca di beni immobili e mobili sequestrati con provvedimento emesso in
data 4 febbraio 2009, riconducibili a Bonavota Domenico e Bonavota
Pasquale.
3.

La Corte d’assise d’appello di Catanzaro, con sentenza in data

20/10/2010, in parziale riforma del primo giudizio, assolti alcuni imputati da

2

e l’avv. Vincenzo Gennaro; per Patania Antonio, l’avv. Francesco Lojacono e

talune contestazioni, dichiarava l’intervenuta prescrizione per alcuni reati
minori contestati a Bonavota Domenico, Bonavota Pasquale, Barbieri
Onofrio, Fortuna Francesco Salvatore, Patania Antonio e rideterminava la
pena inflitta a tutti gli imputati.
4.

A seguito di ricorso proposto dal PG, dagli imputati nonché da Russo

Daniele, Cacace Francesco, Cugliari Giuseppina e Maria Pezzo, in qualità di
terzi interessati con riferimento alla disposta confisca, la Corte di

PG e quello di Michienzi Francesco, annullava la sentenza impugnata nei
confronti degli altri ricorrenti, rinviando per nuovo giudizio ad altra sezione
della corte d’assise d’appello dei Catanzaro.
5.

Con sentenza in data 12/11/2014, la Corte di d’assise d’appello di

Catanzaro, giudicando in sede di rinvio, in riforma della sentenza del Gup
presso il Tribunale di Catanzaro, in data 28/5/2009, assolveva Bonavota
Pasquale, Barbieri Onofrio, Bonavota Domenico, Fortuna Francesco e Patania
Antonio dal reato di associazione loro ascritto al capo 1) per non aver
commesso il fatto; dichiarava non doversi procedere nei confronti di
Bonavota Pasquale in ordine al reato di trasferimento fraudolento di valori
cui al capo 10) perché estinto per prescrizione e disponeva la revoca della
confisca dei beni in sequestro.
6.

Avverso tale sentenza propone ricorso il Procuratore Generale

sollevando tre motivi di gravame con i quali deduce:

Violazione della legge processuale e vizio di motivazione per
violazione dei criteri di cui all’art. 238 bis cod. proc. pen.

Violazione di legge per errata applicazione dell’art. 192 cod. proc.
pen.

7.

Manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Con riferimento al primo motivo il PG si duole che la Corte d’assise

non abbia riconosciuto come importante elemento indiziario la sentenza del
Tribunale di Vibo Valentia del 13/1/1996 che ha definitivamente accertato
l’esistenza delle cosca Bonavota, diretta da Bonavota Vincenzo, padre degli
imputati Bonavota Pasquale e Domenico. Eccepisce, inoltre, che la Corte non
ha correttamente valutato le dichiarazioni autoaccusatorie rese da Michienzi
Francesco, condannato in via definitiva per l’omicidio Cracolici, in quanto
l’eliminazione di costui rientrava nell’azione volta all’espansione delle cosche
Bonavota e Aniello verso la zona industriale di Maierato nella quale operava il
Crocolici. Con riferimento alle intercettazioni ambientali operate sulla

3

Cassazione, con sentenza 20/4/2012, dichiarato inammissibile il ricorso del

Mercedes in uso a Bonavota Pasquale, si duole che la Corte, pur avendo
evidenziato che esse rivelano una personalità adusa alla violenza, arrogante
e prevaricatrice, non ne trae le logiche conclusioni in punto di riscontro agli
altri elementi indizianti a carico degli imputati. Il PG ricorrente si duole,
inoltre, della svalutazione del valore indiziario delle conversazioni
intercettate sull’autovettura Toyota Yaris in uso a Barbieri Onofrio e del fatto
che la Corte abbia ritenuto non utilizzabile l’intercettazione della

data 7/6/2005. Quanto alle confische il PG conclude osservando che una
pronuncia di responsabilità di tutti gli imputati per il reato associativo
comporta la necessità di una completa revisione della pronuncia di
restituzione dei beni.
L’avv. Gaito, difensore di Bonavota Pasquale, ha depositato note di replica
all’atto di impugnazione, eccependo che il ricorso sarebbe inammissibile in
quanto, pur deducendo violazione di legge e vizi della motivazione, il PG non
avrebbe fatto altro che limitarsi a manifestare il proprio generico dissenso
circa la ricostruzione dei fatti operata nella sentenza impugnata, con
l’obiettivo di ottenere una nuova valutazione degli elementi probatori,
inammissibile in sede di legittimità
L’avv. Lojacono, difensore di Patania Antonio, ha depositato memoria
resistendo al ricorso con argomentazioni specifiche.
Al riguardo si duole che

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è fondato.

2.

Nella sentenza impugnata la Corte d’appello conclude osservando

che:

«Dalla lettura complessiva del materiale istruttorio acquisito ed

utilizzabile ai fini della decisione non sussistono elementi univoci, certi ed
inequivocabili idonei ad affermare la tesi dell’editto di accusa, ossia la
commissione del reato di partecipazione degli imputati all’associazione
mafiosa facente capo a Bona vota Pasquale e Dona vota Domenico a partire
dal novembre 1998.
Va detto che il dato probatorio più significativo e conducente è costituito
dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Míchienzi Francesco.
Come anticipato, lo stesso ha descritto l’esistenza del sodalizio mafioso in

conversazione registrata nella caserma dei Carabinieri di Vibo Valentia in

esame affermando la partecipazione allo stesso di tutti gli appellanti ad
eccezione di Bona vota Pasquale al quale non ha fatto alcun riferimento.
Ha altresì indicato i ruoli di ciascuno di essi anche se in termini alquanto
generici e, in taluni casi, ai limiti della inconsistenza.
A tale proposito si pensi alla figura di Patania Antonio indicato come
soggetto che, a volte, partecipava ai pranzi con Bona vota Domenico e sul
quale il collaboratore non è stato in grado di riferire nulla di più specifico

Allo stesso modo deve dirsi per Barbieri Onofrio indicato dal collaboratore
come partecipe senza

alcuna

specificazione

in

merito

al

ruolo alternativamente indicato in quello di portavoce del gruppo ovvero
di incaricato di eseguire danneggiamenti.
Va dato atto di indicazioni certamente più puntuali fornite dal Michienzi sia
in ordine alla esistenza del gruppo Bona vota sia in punto di ruoli ricoperti al
suo interno da Bona vota Domenico (in veste di figura di vertice) così come
da Fortuna Francesco (stretto collaboratore del primo).
Tuttavia tali dichiarazioni, neppure con riferimento ai punti maggiormente
precisi, non hanno ricevuto i necessari riscontri richiesti ex art. 192 comma
3 c.p.p.. La genericità delle ulteriori acquisizioni istruttorie è stata già
illustrata. Non si tratta di acquisizioni idonee ad assurgere al rango di
riscontri stante la natura non individualizzante degli stessi e la non
univocità della loro interpretazione. Le segnalate lacune non sono state
neppure colmate mediante la deposizione della Patania della quale si sono
sottolineate l’incostanza, l’incertezza nella indicazione dei ruoli svolti dai
vari associati e la non adeguata controllabilità. Da quanto esposto discende
l’assoluzione degli imputati dal reato associativo loro ascritto per non aver
commesso 11 fatto».
3.

In sostanza la Corte d’Assise d’appello ha ritenuto, ricorrendo ad una

valutazione frazionata, attendibili le dichiarazioni del collaboratore di
giustizia Michienzi Francesco in ordine all’esistenza del sodalizio mafioso ed
alla partecipazione ad esso di tutti gli imputati, ad eccezione di Bonavota
Pasquale (al quale il collaboratore non ha fatto riferimento) indicando anche
i ruoli di ciascuno. Stante questo punto fermo (confortato da motivazione
specifica, cfr fol. 34/35), la Corte d’assise ha ritenuto non integrata la prova
dell’esistenza del sodalizio mafioso e della partecipazione degli attuali
imputati, ai sensi della regola di giudizio di cui all’art. 192, 3 0 comma, cod.
proc. pen. per l’assenza di elementi di riscontro di carattere

5

quanto alla condotta di partecipazione al sodalizio.

individualizzante.
4.

Al riguardo la sentenza impugnata ha compiuto una dettagliata

analisi di ciascun elemento indiziario a carico dei prevenuti. In particolare la
sentenza ha preso in considerazione le intercettazioni telefoniche ed
ambientali esaminandone la concludenza probatoria in termini di gravità
indiziaria e di idoneità/inidoneità ad assumere rilievo in termini di riscontro
individualizzante. Al riguardo ha esaminato gli esiti delle intercettazioni

Pasquale ed ha rilevato che: «Attestano senz’altro una personalità adusa
alla violenza, arrogante e prevaricatrice, ma è escluso che possano ritenersi
da sole sufficienti a sostenere la tesi dell’esistenza del gruppo Bona vota così
come ipotizzato nella rubrica. Inoltre, non facendo le stesse alcun
riferimento ai soggetti per i quali il Michienzi ha effettuato la chiamata in
correità, deve negarsi anche la loro natura di riscontro individualizzante».
Ha esaminato le conversazioni intercettate sull’autovettura Toyota Yaris
intestata a Barbieri Onofrio ed ha escluso che dalle stesse potessero trarsi
elementi di riscontro individualizzante, sia perché in alcune conversazioni
non è stato accertato chi fosse a parlare, sia perché le conversazioni nelle
quali Bonavota Domenico si rivolge a persona non identificata (n. 566, 568
e 581 dell’11/8/2004), pur essendo sintomatiche di rapporti illeciti con una
terza persona, possono essere compatibili con plurime ipotesi di fatti illeciti,
non essendo, pertanto, indicative dell’esistenza di un’associazione mafiosa.
La sentenza impugnata ha preso in considerazione anche gli elementi
indiziari provenienti da altre fonti, come le annotazioni dei controlli eseguiti
dalle forze dell’ordine che attestano le frequentazioni fra Bonavita
Domenico, Barbieri Onofrio, Patania Antonio, e Fortuna Francesco, più volte
controllati a bordo della Toyota Yaris, osservando che le mere frequentazioni
fra tali soggetti, in assenza di qualsiasi indicazione circa le modalità di tali
contatti, non forniscono alcun contributo alla ricostruzione dell’associazione,
neppure quale riscontro alle dichiarazioni del Michienzi.
5.

Infine la sentenza impugnata ha preso in considerazione la nuova

fonte probatoria rappresentata dalle dichiarazioni della collaboratrice di
giustizia Patania Loredana, osservando che:
«La Patania ha affermato di essere stata moglie di Matina Giuseppe, già
affiliato, a suo dire, al clan Bona vota essendo legato a tale Bartolotta
Antonio Emilio.
Ha riferito circostanze apprese in casa mentre il marito parlava con il

6

ambientali eseguite sull’automobile Mercedes BT665LS in uso a Bonavota

suddetto Bartolotta in merito alle azioni che venivano richieste dal clan
Bona vota.
Ha dichiarato di avere sentito parlare di Bonavota Pasquale e Domenico e di
conoscere Nicola e Salvatore Bona vota
In relazione ai ruoli di costoro all’interno del gruppo la Patania non è stata
in grado di riferire nulla di significativo salvo poi precisare, nel
corso dell’escussione, che erano loro a decidere delle estorsioni e che

Inoltre ha affermato di avere sentito parlare di Patanía Antonio e Fortuna
Francesco i quali lavoravano per Bona vota Pasquale e Domenico anche se
ha precisato: “non so di preciso quello che hanno fatto”.
Come detto è stato acquisito con il consenso delle parti anche
l’interrogatorio del 5.2.2013 trascritto dal consulente della difesa.
Nel corso di tale interrogatorio la Patanía ha parlato del gruppo Bona vota
indicando come componenti tali Franco Calafati, Bartolotta, Domenico
Cugliari (definito il burattinaio, ossia il referente, il capo — pagg. 31 e 32
trascrizione). Ha precisato di non sapere nulla di specifico sui nipoti di
Cugliari (i fratelli Bonavota) che ella mai ha conosciuto e con i quali non ha
avuto alcun contatto.
Anche in relazione alla figura del Cugliari ed al suo ruolo la Patania ha
riferito di avere appreso le circostanze riferite in quanto Bartolotta ed il
marito ne parlavano davanti a lei.
Ha anche detto di avere appreso dal marito che del gruppo facevano parte
anche Patania Antonio e Francesco Fortuna.
Nel riconoscimento fotografico ha tuttavia confuso Bona vota Domenico e
Bona vota Pasquale (pagg. 68 e seguenti).
Ha riconosciuto, invece, Onofrío Barberi (dicendo che appartiene alla
‘ndrangheta – pag. 111) e riconosciuto Patania Antonio».
6.

Ciò posto, la Corte d’Assise d’Appello ha escluso che le dichiarazioni

della Patania costituiscano riscontro alle affermazioni accusatorie del
Michienzi e che le deposizioni dei due collaboratori possano ritenersi
vicendevolmente corroborate, osservando che:

«Le dichiarazioni della

collaboratrice sono apparse estremamente generiche e prive di portata
individualizzante in relazione all’esistenza del sodalizio ed alla
partecipazione allo stesso degli odierni imputati. Esse sono apparse, altresì,
non costanti atteso che la donna ha sia negato di essere in grado di riferire
nulla di specifico sul gruppo Bona vota ed, in particolare, sui fratelli Pasquale

7

Pasquale era subentrato al padre al vertice del clan.

e Domenico sia dichiarato che i due soggetti ricoprivano un ruolo
significativo nella cosca della quale ha indicato (sia pure in termini generici
e senza specificazione dei ruoli) i componenti. La fonte di conoscenza della
dichiarante non è controllabile avendo la Patania affermato di avere appreso
quanto riferito da soggetto ormai defunto.
Nel merito non appare di secondaria importanza il fatto che la donna, in
occasione dell’interrogatorio del 5.2.2013, abbia confuso i due

maniera del tutto errata indicando Pasquale nella foto che raffigurava
Domenico e viceversa.
La Patania nulla ha riferito di preciso in merito al ruolo di ciascun partecipe
nell’ambito della compagine associativa.
Deve sul punto ritenersi che la mera indicazione de relato di taluno come
mafioso, uomo d’onore, o índranghetista, senza la specificazione del ruolo,
delle funzioni e delle condotte nelle quali si sostanzia tale qualità, impedisce
di ritenere tale definizione quale riscontro.
Nel caso specifico, poi, la deposizione necessitante del riscontro è quella del
Michienzi la cui valutazione, come già detto, richiede particolare prudenza.
E’ vero che il riscontro non deve avere portata indiziaria o, addirittura, di
prova, ma deve pur sempre essere individualizzante e, quanto al reato di
partecipazione all’associazione, non può consistere in dichiarazioni
generiche (che si pretende di sommare ad altrettante generiche
dichiarazioni) con le quali si afferma che un certo soggetto fa parte di un
determinato gruppo.
Tanto più se le dichiarazioni provengono da soggetti estranei al sodalizio in
esame (come nel caso della Patania) avvengono a distanza di anni dai fatti
per i quali si procede e sono del tutto de relato.
Ed ancora se sono un de relato per sentito dire; ulteriormente per sentito
dire di persone defunte.
Pertanto, in tali situazioni il livello di controllabilità della dichiarazione si
attenua notevolmente impedendo, in sostanza, di apprezzare la genuinità,
la spontaneità della narrazione e, quindi, il suo reale significato
probatorio».
7.

In sostanza nel suo percorso argonnentativo la Corte territoriale, pur

avendo riconosciuto l’affidabilità delle significative dichiarazioni del
collaboratore di giustizia Michienzi Francesco, ha escluso che tali
dichiarazioni potessero assurgere a valore di prova, scartando il valore di

8

fratelli Bona vota operando, inizialmente, il riconoscimento fotografico, in

riscontro degli elementi indiziari specificamente analizzati ed escludendo
che le dichiarazioni indizianti acquisite dalla collaboratrice di giustizia
Patania Loredana, potessero assumere valore di riscontro alle dichiarazioni
del Michienzi, sia perché de relato (da soggetto defunto), sia per la loro
intrinseca debolezza.
8.

In punto di diritto, secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema

di valutazione della prova indiziaria, il giudice di merito non può limitarsi ad

mera sommatoria di questi ultimi, ma deve valutare, anzitutto, i singoli
elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di
fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti), saggiarne
l’intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica) e poi
procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la
relativa ambiguità di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in
una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato
“al di là di ogni ragionevole dubbio” e, cioè, con un alto grado di credibilità
razionale, sussistente anche qualora

le ipotesi alternative,

pur

astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle
risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della
normale razionalità umana (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 44324 del
18/04/2013 Ud. (dep. 31/10/2013 ) Rv. 258321). Non v’è dubbio che tale
principio di diritto debba essere esteso anche alla regola di giudizio di cui
all’art. 192, 3 0 comma, cod. proc. pen., inerente alla valutazione degli
elementi indiziari che concorrono a fornire elementi di riscontro alle
dichiarazioni rese dal coimputato o dall’imputato in un procedimento
connesso che, nei processi per mafia, di regola sono rese dai cd.
collaboratori di giustizia.
9.

Nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnata merita

censura in quanto non si conforma al principio di diritto sopra esposto
perché, pur avendo effettuato una valutazione analitica dei singoli elementi
indizianti, saggiandone la maggiore o minore valenza dimostrativa, ha
omesso di procedere ad una valutazione globale degli elementi certi per
accertare se la relativa ambiguità di ciascuno di essi, isolatamente
considerata, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di
attribuire agli imputati il fatto contestato. In particolare la Corte d’appello
ha escluso che le dichiarazioni della Patania potessero assurgere ad
elemento di riscontro delle dichiarazioni del Michienzi, ma ha omesso di

9

una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, né procedere ad una

valutare le dichiarazioni dei due collaboranti nel contesto di tutti gli altri
elementi indizianti esaminati.
10.

Di conseguenza la sentenza impugnata deve essere annullata con

rinvio ad altra Sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, che nel
giudizio di rinvio si conformerà al principio di diritto sopra enunciato. Per
quanto riguarda le parti civili, la liquidazione delle spese deve essere

P.Q.M.

Annnulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte
d’assise d’appello di Catanzaro per nuovo giudizio. Spese al definitivo.
Così deciso, il 27 ottobre 2015

Il Consigliere estensore

Il Pre ;dente

rimessa al definitivo.

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