Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46625 del 29/10/2015


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Penale Sent. Sez. U Num. 46625 Anno 2015
Presidente:
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

Data Udienza: 29/10/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Macerata
nel procedimento nei confronti di
Zucconi Alessandro, nato a Corridonia il 21/12/1982

avverso la sentenza del 04/11/2014 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Macerata

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal componente Patrizia Piccialli;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Gioacchino Izzo, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

iv

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, con
sentenza in data 4 novembre 2014, resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.,
applicava la pena concordata dalle parti nei confronti di Alessandro Zucconi,
chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 186, comma 7, d.lgs 30 aprile
1992, n. 285 (cod. strada), con le aggravanti di cui al comma 2-sexíes e 2-bis
dello stesso articolo. La pena irrogata veniva dal giudicante sostituita con il
lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada.

Il Giudice, nel dare atto della corretta qualificazione giuridica del fatto e
della congruità della pena indicata dalle parti, osservava che non era applicabile
al caso di specie il divieto di sostituzione di cui al comma 9-bis dell’art. 186 cod.
strada, sul duplice rilievo che non era compiutamente dimostrato lo stato di
ebbrezza del conducente che aveva procurato il sinistro stradale e che il rinvio
effettuato dal comma 7 al comma 2, lett. c), deve ritenersi solo quoad poenam.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Macerata, che, con un unico motivo, ha
denunciato la violazione di legge ed il vizio motivazionale.
Il ricorrente osserva che il giudice ha disposto la sostituzione della pena con
il lavoro di pubblica utilità, nonostante la sussistenza della condizione ostativa
data dall’aggravante di aver provocato un incidente stradale ex art. 186, comma
2-bis,

cod. strada. La norma di cui all’art. 186, comma

9-bis,

esclude

l’ammissione al beneficio nel caso in cui sussista l’aggravante di aver provocato
l’incidente stradale e, ad avviso dell’Ufficio ricorrente, il responsabile del reato ex
art. 186, comma 7, cod. strada, è da considerarsi “conducente in stato di
ebbrezza” ex lege, tanto che è assoggettato alle pene previste dal comma 2, lett.
c), dell’art. 186 citato.
Erroneamente, pertanto, il giudice aveva considerato che non risultasse
dimostrata la sussistenza dello stato di ebbrezza in cui versava lo Zucconi, al
momento del fatto, poiché il prevenuto si era rifiutato di sottoporsi
all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza.

3. La Quarta Sezione penale, assegnataria del ricorso, con ordinanza in data
9 aprile 2015, depositata il 15 aprile, lo ha rimesso alle Sezioni Unite, a norma
dell’art. 618 cod. proc. pen., sulla base di un ravvisato contrasto di
giurisprudenza.
3.1. Preliminarmente, nella citata ordinanza, il Collegio, ribadendo
precedente giurisprudenza conforme, afferma che il giudizio di comparazione tra
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V

circostanze opera solo ai fini della quantificazione della pena e che detto
bilanciamento non consente di escludere la rilevanza della circostanza oggetto di
valutazione, qualora la legge riconnetta all’esistenza della stessa determinati
effetti. Al riguardo si è osservato che il giudizio di comparazione tra le
circostanze, che conduca alla esclusione di una aggravante sul piano
sanzionatorio, non fa venire meno la configurazione giuridica del reato aggravato
e, di conseguenza, la procedibilità di ufficio eventualmente prevista per lo stesso
(Sez. 2, n. 24862 del 29/05/09, Randazzo, Rv.244340).

di guida sotto l’influenza dell’alcool, non è applicabile la sanzione sostitutiva del
lavoro di pubblica utilità quando sussiste l’aggravante di aver provocato un
incidente stradale, anche se la stessa è ritenuta subvalente rispetto alle
attenuanti eventualmente sussistenti, perché il giudizio di comparazione tra le
circostanze che conduce all’esclusione dell’operatività dell’aggravante sul piano
sanzionatorio non fa venir meno la configurazione giuridica del reato aggravato
e, di conseguenza, gli effetti che la legge ricollega alla singola circostanza, pur se
sfavorevoli per l’imputato (Sez. 4, n. 30254 del 26/06/2013, Colin, Rv. 257742).
3.2. Ciò premesso, sulla questione dell’astratta configurabilità della citata
aggravante nell’ipotesi di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello
stato di ebbrezza, prevista dall’art. 186, comma 7 cod. strada, il Collegio
‘evidenzia sussistere un contrasto nella giurisprudenza di legittimità.
Da un lato, l’orientamento che sostiene la configurabilità di tale aggravante
anche in ipotesi di rifiuto, valorizzando il rinvio che il comma 7 effettua al comma
2, lett. c), che, a sua volta, è richiamato dal comma 2-bis dell’art.186, che
prevede il raddoppio delle sanzioni di cui al comma 2 dello stesso articolo.
Dall’altro, l’orientamento opposto, che limita la configurabilità
dell’aggravante al solo reato di guida in stato di ebbrezza, escludendo la sua
applicabilità all’ipotesi del mero rifiuto, in assenza di espresso richiamo
dell’ipotesi aggravata nella previsione del comma 7 dell’art.186, circostanza che
si ritiene non attribuibile a mera svista del legislatore o ad una mancanza di
coordinamento tra le disposizioni.

4. Il Procuratore Generale, in data 7 luglio 2015, ha concluso per
l’accoglimento del ricorso, riportandosi agli argomenti sostenuti dal ricorrente
Procuratore della Repubblica e così osservando come l’applicabilità
dell’aggravante del procurato incidente stradale anche all’ipotesi di rifiuto di
sottoporsi all’alcoltest, risponda ad una «logica di chiusura del sistema ad una
improvvida premialità per l’atteggiamento di resistenza del conducente
all’accertamento dello stato di ebbrezza», premialità che, ingiustamente,
3

Con riferimento alla questione in rilievo è stato così affermato che, in tema

verrebbe riconosciuta all’autore del fatto, ove si accedesse a diversa soluzione
interpretativa.

5. Con decreto in data 20 febbraio 2015, il Primo Presidente ha assegnato il
ricorso alle Sezioni Unite penali, fissando per la trattazione l’odierna udienza in
camera di consiglio.

1. La questione della quale sono investite le Sezioni Unite è enunciabile nei
seguenti termini: “Se la circostanza aggravante prevista dall’art.186, comma 2bis, cod. strada in riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza, sia
applicabile anche al rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello
stato di ebbrezza di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada”.

2.

Sul tema, come esposto nell’ordinanza di rimessione, appare

effettivamente sussistere un contrasto nell’ambito della giurisprudenza di
legittimità.
2.1 Secondo una prima linea interpretativa, la circostanza aggravante di
aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di
rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, stante
la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida
in stato di ebbrezza. A sostegno dell’assunto vengono valorizzate ragioni di
ordine sia sistematico sia testuale (Sez. 4, n. 22687 del 09/05/2014, Caldarelli,
Rv. 259242).
Sotto il primo profilo, si evidenzia che l’art. 186, comma 7, cod. strada, ai
fini del trattamento sanzionatorio, richiama espressamente il solo comma 2, lett.
c), dello stesso art. 186, e precisamente solo «le pene di cui al comma 2, lett.
c)», e non anche il comma 2-bis.
Si rileva, inoltre, che a diverso avviso non può condurre il fatto che il comma
2 sia a sua volta richiamato anche dal comma 2-bis, disciplinante l’aggravante in
oggetto, atteso che solo un richiamo in senso inverso (ovvero dal comma 2 al
comma 2-bis) avrebbe potuto costituire argomento per postulare un indiretto
collegamento sequenziale tra il comma 7 e il comma

2-bis,

mentre tale

collegamento non è predicabile per il solo fatto che entrambe queste ultime
norme richiamano il comma 2; ciascuna, peraltro, per finalità evidentemente
diverse (il primo per fissare le pene – non anche le sanzioni accessorie – da
applicare alla diversa e autonoma fattispecie di reato che viene qui in

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hi

CONSIDERATO IN DIRITTO

considerazione; il secondo per disciplinare gli effetti della circostanza aggravante
predetta sulle ipotesi di reato previste dal comma 2).
Nella stessa prospettiva, si attribuisce rilievo al collocamento sistematico
della norma relativa all’aggravante subito dopo il comma 2 e si esclude che il
mancato esplicito richiamo dell’art. 186, comma 7, cod. strada, alla circostanza
aggravante di aver provocato un incidente stradale sia il portato di un difetto di
coordinamento tra le diverse modifiche normative che hanno interessato le
fattispecie di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto, posto che entrambe le

riformatori.
Dal confronto tra le norme richiamate emerge, invece, in maniera evidente,
la diversità ontologica tra il concetto di “conducente in stato di ebbrezza”, che è
elemento costitutivo dell’aggravante, e quello di “conducente che si rifiuti di
sottoporsi all’accertamento di tale stato”. In quest’ultimo caso, infatti, è
implicita la mancanza (almeno nel momento perfezionativo del reato) di un
accertamento dello stato di ebbrezza e, dunque, del presupposto necessario
perché possa definirsi il soggetto attivo del reato come “conducente in stato di
ebbrezza” (come tale al contempo passibile di incorrere nell’aggravante descritta
ove abbia provocato un incidente), essendo per l’appunto sanzionata la condotta
di colui che si rifiuta di sottoporsi ad un tale accertamento.
Alle stesse conclusioni è pervenuta Sez. 4, n. 51731 del 10/07/2014,
Crisopulli, Rv. 261568, che ha richiamato i principi sopra indicati.
2.2. Secondo un diverso indirizzo interpretativo, coevo a quello
contrapposto, la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale
è configurabile anche rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per
la verifica dello stato di ebbrezza, in quanto il richiamo dell’art. 186, comma 7,
cod. strada, alle pene di cui al comma 2, lett. c), dello stesso articolo, deve
necessariamente comprendere anche l’aggravante de qua perché il citato comma
2-bis (che prevede appunto tale aggravante) richiama a sua volta le sanzioni del

comma 2 del medesimo articolo prevedendo il raddoppio delle stesse (Sez. 4, n.
43845 del 26/09/2014, Lambiase, Rv. 260602; Sez. 4, n. 9318 del 14/11/2013,
dep. 2014, Stagnaro, rv. 258215).

3. Tanto premesso, il quadro normativo di riferimento è costituito dagli
artt.186, commi 2-bis, 7 e 9-bis, cod. strada.
L’art. 186, comma 2-bis, così recita: «Se il conducente in stato di ebbrezza
provoca un incidente stradale, le sanzioni di cui al comma 2 del presente articolo
ed al comma 3 dell’art. 186-bis sono raddoppiate ed è disposto il fermo

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l(

V

contravvenzioni sono state oggetto di reiterati e contestuali interventi

amministrativo del veicolo per centottanta giorni, salvo che il veicolo appartenga
a persona estranea all’illecito».
L’art. 186, comma 7, prevede: «Salvo che il fatto costituisca più grave
reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 3,4 o 5, il conducente è
punito con le pene di cui al comma 2, lettera c)».
L’art. 186, comma 9-bis stabilisce: «Al di fuori dei casi previsti dal comma
2-bis del presente articolo, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita,
anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte

legislativo 28 agosto 2000, n. 274».

4. Va in primo luogo precisato che sia il comma 2-bis che il comma 7 sono
stati entrambi oggetto di reiterati e contestuali interventi riformatori nel
tentativo posto in essere dal legislatore di contrastare comportamenti alla guida
pericolosi e sempre più diffusi, con gravi conseguenze sulla sicurezza delle
strade. E va certamente rimarcato che il susseguirsi degli interventi legislativi in
materia, caratterizzati spesso da scarsa chiarezza, ha determinato una
persistente incertezza nella prassi applicativa, generando dubbi interpretativi,
che hanno dato impulso ad una copiosa giurisprudenza di legittimità e di merito.
Limitando il richiamo alle norme rilevanti ai fini della soluzione del presente
quesito, deve, in primo luogo, farsi riferimento al d.l. 3 agosto 2007, n. 117,
contenente “Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per
incrementare i livelli di sicurezza della circolazione”, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, la cui finalità era quella di
ridurre i rischi connessi alla circolazione stradale attraverso un complessivo
inasprimento delle sanzioni e la previsione di interventi volti a garantire i limiti di
velocità.
Per quanto concerne, in particolare, la guida in stato di ebbrezza, la citata
riforma ha elevato il blando trattamento sanzionatorio previgente, diversificando
altresì le pene in tre distinte fasce di gravità, sulla base del tasso alcolennico
rilevato nel conducente. Il decreto-legge sopra indicato ha, altresì, introdotto il
nuovo comma 2-bis dell’art.186, per il caso in cui il conducente in stato di
ebbrezza provochi un incidente stradale. Le pene di cui al comma 2 sono in
questo caso “raddoppiate” ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per
centoottanta giorni, salvo che appartenga a persona estranea al’illecito.
Lo stesso decreto, tuttavia, contemporaneamente depenalizzava la condotta
di rifiuto di sottoporsi alla verifica dello stato di ebbrezza, trasformandola in
illecito amministrativo, soggetto alla sanzione pecuniaria da euro 2.500 ad euro

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dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto

10.000. Se la violazione era commessa in occasione di un incidente stradale la
sanzione pecuniaria prevista era da euro 3.000 ad euro 12.000.
Successivamente, il di. 23 maggio 2008, n. 92, contenente “Misure urgenti
in materia di sicurezza pubblica”, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
luglio 2008, n. 125, a fronte del rilevante incremento del fenomeno degli
incidenti stradali causati dall’abuso di alcool e stupefacenti, ha aggravato le pene
per i reati di omicidio e lesioni personali colpose commessi per violazione della
disciplina stradale ed ha ulteriormente inasprito le sanzioni dei reati di guida in

più gravi ipotesi previste dalla lettera b) e c) del comma 2 dell’art.186, la
confisca del veicolo a seguito di condanna o di applicazione della pena su
richiesta delle parti.
La stessa riforma, all’ad 4, lett.

d), ha, invece, nuovamente configurato

come reato l’ipotesi di cui al comma 186, comma 7, ed ha parificato nella
risposta sanzionatoria il rifiuto dell’accertamento alla violazione del divieto di
guidare in stato di ebbrezza, prevenendo in tal modo potenziali sacche di
impunità nei confronti del conducente, al quale, nel caso di rifiuto di sottoporsi
all’accertamento di tale stato, sarà applicata la sanzione penale più elevata,
perdendo l’opportunità di veder eventualmente dimostrato che il suo tasso
alcolennico è inferiore agli 1,5 grammi per litro, con la conseguente irrogazione
delle più miti pene previste dalle lett. a) e b) dell’art. 186, comma 2.
E’ da osservare che il nuovo testo dell’art. 186, comma 7, non prevede alcun
riferimento all’ipotesi dell’incidente stradale.
Di rilievo, ai fini della presente decisione, è l’intervento riformatore della
legge 29 luglio 2010, n. 120, che, ha depenalizzato la violazione meno grave
(art. 186, comma 2, lett. a): tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro e
non superiore a 0,8), sostituendo la sanzione penale con quella amministrativa
del pagamento di una somma da 500 a 2.000 euro e prevedendo la sanzione
accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi.
Con l’art. 33 la legge citata ha, altresì, introdotto nell’art. 186 anche un
nuovo comma, il 9-bis, che attribuisce al giudice il potere di sostituire per non
più di una volta la pena (sia detentiva che pecuniaria) applicata per le
contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza con quella del lavoro di pubblica
utilità, salvo nel caso in cui il conducente abbia provocato un incidente.

5. Proprio tali contestuali modifiche normative inducono ad escludere che il
mancato esplicito riferimento del comma 7 al comma 2-bis sia il risultato di un
mero difetto di coordinamento e conducono a far ritenere che la circostanza
aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto
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stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, prevedendo, per le

al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di
ebbrezza.
In tal senso depone innanzitutto il dato testuale, certamente significativo,
che può trarsi dal raffronto tra la definizione normativa dell’aggravante di cui al
comma 2-bis («Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente
stradale […]») e quella del reato di cui al comma 7 («Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, in caso di rifiuto all’accertamento di cui ai commi 3,
4, 5, il conducente è punito […]»).

tra il concetto di “conducente in stato di ebbrezza”, che costituisce elemento
costitutivo dell’aggravante e quello di “conducente che si rifiuti di sottoporsi
all’accertamento”, che presuppone la mancanza di accertamento dello stato di
ebbrezza, perfezionandosi il reato, di natura istantanea, con il mero rifiuto di
sottoporsi all’accertamento di tale stato, mentre risulta estraneo ogni
accertamento dello stato di ebbrezza.
5.1. Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici, secondo la
giurisprudenza consolidata di questa Corte (v. Sez. 4, n. 5909 del 08/01/2013,
Giacone, Rv. 254792) integra un reato di natura istantanea che si perfeziona con
la manifestazione di indisponibilità da parte dell’agente, non rilevando il
successivo atteggiamento collaborativo di volersi sottoporre agli accertamenti
medesimi. Il reato, infatti, si perfeziona con il rifiuto dell’interessato e dunque
nel momento in cui l’agente ha espresso la sua indisponibilità a sottoporsi
all’accertamento.
Perché il rifiuto possa integrare il reato di cui al comma 7, deve trattarsi di
accertamento legittimamente richiesto in presenza di alcune delle condizioni
previste dai commi 3, 4, 5, dell’art. 186 cod. strada.
L’art. 186, cod. strada, disciplina, ai citati commi 3 e 4, i presupposti e le
modalità dell’esercizio del potere conferito agli organi di polizia. In difetto di tali
presupposti, l’indagato può legittimamente rifiutarsi di sottoporsi
all’accertamento e tale rifiuto non integrerà quindi reato, ma non perché
scriminato dall’esercizio di un diritto, bensì perché quella condotta non potrà
considerarsi integrare la fattispecie penalmente sanzionata (cfr. Sez. 4, n. 21192
del 14/03/2012, Bellencin, Rv. 252736).
Laddove invece quei presupposti sussistano, non è previsto dalla norma, né
è ipotizzabile, un diritto di opporsi all’accertamento, idoneo a scrinninare il reato
che quel rifiuto di per sé integra ex art. 186, comma 7, cod. strada.
La norma di cui all’art. 186, comma 4, cod. strada, in particolare, prevede:
«Quando gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3 hanno dato esito positivo,
in ogni caso di incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che
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Dalla lettera delle norme citate emerge con evidenza la diversità ontologica

L

il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante
dall’influenza di alcool, gli organi di Polizia stradale di cui all’art. 12, commi 1 e
2, […] hanno la facoltà di effettuare l’accertamento con strumenti e procedure
determinati dal regolamento».
In presenza, dunque, delle dette condizioni (esito positivo degli accertamenti
qualitativi di cui al comma 3, in caso di incidente, ovvero quando si abbia
altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di
alterazione psico-fisica derivante dall’influenza dell’alcool), la richiesta degli

integra illecito penale ex art. 186, comma 7, cod. strada, il rifiuto oppostovi da
quest’ultimo.
E’ stato, pertanto, ritenuto che integra il reato di rifiuto di sottoporsi agli
accertamenti alcolimetrici la condotta di colui che, pur essendosi sottoposto a più
accertamenti preliminari per la verifica dello stato di alterazione psicofisica
derivante dall’influenza dell’alcool, ricusi di procedere all’alcoltest nonostante che
l’ultimo di essi abbia dato esito positivo, in quanto l’art. 186, comma 3, cod.
strada, non prevede limiti alla ripetizione delle prove preliminari, né pone
condizioni alla facoltà degli agenti di procedervi, trattandosi di “accertamenti
qualitativi non invasivi” (Sez. 4, n. 51773 del 26/11/ 2014, Sculco, Rv.
261546).
Occorre rimarcare che proprio dal dato testuale del richiamato art. 186,
comma 4, cod. strada (“in ogni caso di incidente”) può trarsi un ulteriore
argomento a favore della esclusione della possibilità di configurare come
circostanza aggravante un elemento di fatto che costituisce il presupposto del
reato semplice.
Dunque, può arrivarsi alla logica conclusione che il responsabile del reato di
cui all’ad 186, comma 7, cod. strada, non è da considerarsi “conducente in stato
di ebbrezza”

ex lege,

concetto che costituisce elemento costitutivo

dell’aggravante de qua.
5.2 In questo contesto appare opportuno evidenziare, al fine di
ulteriormente giustificare la diversità ontologica delle due fattispecie
incriminatrici, che la guida in stato di ebbrezza è costruita sulla base di tre
ipotesi distinte, tutte qualificate dal

quantum

della condizione alterata

dall’abuso dell’alcool.
E’ infatti pacifico che le ipotesi di guida in stato di ebbrezza previste
rispettivamente dalle lettere a), b) e c) del comma 2 dell’art. 186 cod. strada,
integrano fattispecie autonome, delle quali l’ipotesi meno grave di cui alla lettera
a) (tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro) è
stata depenalizzata con l’art. 33, comma 4, della legge 29 luglio 2010, n. 120: si
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rl

operanti di sottoporre il conducente ad alcoltest è legittima, mentre, per contro,

tratta di disposizioni in ordine crescente di gravità, modellate sul tasso
alcolemico accertato, che sono caratterizzate, tra loro, da un rapporto di
reciproca alternatività e, quindi, di incompatibilità.
Sono, in tutta evidenza, ipotesi che, quale che ne sia la rilevanza
(amministrativa o penale), si distinguono nettamente dal

proprium

della

contravvenzione di rifiuto, laddove è punita solo la condotta omissiva del
soggetto che ricusa l’accertamento, prescindendo dalla condizione, anche in
ipotesi alterata, in cui tale soggetto si trovi. Il reato di rifiuto di sottoporsi

indisponibilità da parte dell’agente a sottoporsi all’accertamento: a tal fine,
peraltro, non occorre che la condotta si concretizzi in un rifiuto verbale, essendo
sufficiente anche una condotta indirettamente espressiva del rifiuto, quale quella
di chi, pur edotto delle modalità di esecuzione del test e avvisato delle
conseguenze del rifiuto, vi si sottoponga in modo strumentalmente inidoneo a
consentire l’effettiva misurazione (v. Sez. 4, n. 5409 del 27/01/2015, Avondo,
Rv. 262162: nella specie, era risultato accertato che l’imputato, sottoposto a più
tentativi di misurazione, anziché soffiare nell’apparecchio, aspirava dallo stesso;
e secondo la Corte, correttamente, essendo stato ripetuto tale comportamento
per quattro o cinque volte, la sua condotta doveva considerarsi elusiva).

6.

Proprio tale situazione conferma la diversità ontologica delle due

fattispecie, che trova, del resto, ulteriore conforto dal quadro giurisprudenziale
assolutamente conforme, che, coerentemente, ha sempre affermato l’autonomia
delle fattispecie incriminatrici di cui al comma 2 e quella di cui al comma 7, con
la conseguente possibilità di configurare l’eventuale concorso materiale tra le
stesse (v., da ultimo, Sez. 4, n.13851 del 12/11/2014, dep. 2015, Fattizzo, Rv.
262870)
Detta autonomia è confermata dalla diversa ratio dei due precetti, integrata
nell’ipotesi del reato di rifiuto, rispetto a quella dell’art. 186, comma 2, cod.
strada, anche dall’ulteriore intento di impedire – attraverso la sanzione del rifiuto
– il frapponimento di ostacoli nell’attività di controllo per la sicurezza stradale (in
questo senso, oltre alla sentenza sopra indicata, anche Sez. 4, n.6355 del
08/05/1997, Mela, Rv. 208222).

7.

Or bene, proprio la possibilità di configurare l’eventuale concorso

materiale tra il rifiuto e la guida in stato di ebbrezza, sia pure, il più delle volte
sub specie di rilievo amministrativo ex art. 186, comma 2, lett. a), consente di

ritenere infondate le preoccupazioni formulate dal Procuratore Generale
requirente, che, mostrando di aderire all’orientamento fatto proprio dal
10

a

all’accertamento alcolemico si sostanzia, infatti, nella manifestazione di

ricorrente, ha concluso per l’accoglimento del ricorso «in una la logica di chiusura
del sistema ad una improvvida premialità» per l’atteggiamento di resistenza del
conducente all’accertamento dello stato di ebbrezza.

8. Non è poi priva di valore ermeneutico la già evidenziata circostanza che
con l’intervento di nuova penalizzazione del rifiuto, la fattispecie incriminatrice in
esame non prevede più alcun riferimento all’ipotesi dell’incidente stradale, come
invece nel testo normativo quando era costruita come illecito solo

l’accertamento a seguito di un incidente stradale importava un aumento della
sanzione amministrativa.

9. Non merita condivisione, pertanto, la linea giurisprudenziale secondo la
quale la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale è
configurabile anche rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per
la verifica dello stato di ebbrezza.
L’unico argomento adottato, fondato sul richiamo operato dall’art. 186,
comma 2-bis, cod. strada, che prevede tale aggravante, alle sanzioni del comma
2 del medesimo articolo, delle quali è stabilito il raddoppio nel caso in cui il
conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, appare del tutto
insufficiente a fondare il diverso ed opposto orientamento.
La norma incriminatrice (ossia l’art. 186, comma 7, cod. strada) richiama,
infatti, il comma 2, lett. c), e non il comma 2-bis,dello stesso articolo, per fissare
le pene – non anche le sanzioni accessorie – applicabili alla contravvenzione in
esame, autonoma rispetto a quella della guida in stato di ebbrezza. Il comma 2bis richiama, invece, il comma 2, per disciplinare gli effetti della circostanza

aggravante predetta sulle autonome ipotesi di reato previste dal comma 2 dello
stesso articolo (oltre che su quelle di cui al comma 3 dell’art. 186-bis).
Nessun elemento consente di apprezzare una reciproca interferenza tra le
predette norme.

10. Possono a tal punto raccogliersi le file del discorso giustificativo sin qui
svolto e trarsi la conclusione che deve essere affermato il seguente principio di
diritto ai sensi dell’art. 173, disp att. cod. proc. pen:
“La circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è
configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la
verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie
incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza”.

11

CI

amministrativo, laddove, infatti, il coinvolgimento del conducente che rifiutava

11. Nel caso di specie la sentenza impugnata, nell’applicare la pena
concordata dalle parti, per il reato di cui al comma 7 dell’art. 186, con l’originaria
contestazione dell’aggravante specifica di cui al comma

2-bis del medesimo

articolo, ha correttamente disposto la sostituzione della pena con il lavoro di
pubblica utilità ai sensi dell’186, comma 9-bis, cod. strada.
Il principio di diritto, al quale si è conformato la sentenza impugnata, muove
infatti, dalla non configurabilità della circostanza aggravante di aver provocato
un incidente stradale, di cui al comma 2-bis, dell’art. 186, cod. strada, rispetto al

ebbrezza, previsto dall’art. 186, comma 7, cod. strada.
Il ricorso proposto dal Pubblico ministero va, pertanto, rigettato,

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso il 29/10/2015.

reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di

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