Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46608 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46608 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 17/07/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CINQUINA FRANCO VITTORIO N. IL 22/09/1953
avverso la sentenza n. 19343/2012 TRIBUNALE di ROMA, del
01/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

A

Motivi della decisione
Cinquina Franco Vittorio ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza del Tribunale di Roma in data 1.12.2012, con la quale, ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al
delitto di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
Con il primo motivo la parte denuncia violazione di legge e vizio
motivazionale, in riferimento al mancato apprezzamento della ricorrenza dei

proc. pen.
Con il secondo motivo, l’esponente deduce la violazione di legge e la
mancanza di motivazione in riferimento alla disposta confisca del denaro in
sequestro.
Il ricorso è inammissibile.
Soffermandosi sul primo motivo di ricorso, giova considerare che questa
Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo della
motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è
necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato
dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica
che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato
art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione
solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella
enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge
e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129
(Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27 dicembre 1995, Serafino). Tale
orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva.
Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano
precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la
comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la
costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni
unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura
enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né
l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola
come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la
statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa

presupposti legittimanti l’adozione di sentenza liberatoria, ai sensi dell’art. 129 cod.

Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice
ha indicato le ragioni poste a fondamento della propria determinazione, in ordine
alla insussistenza delle condizioni per procedere ai sensi dell’art. 129 cod. proc.
pen., richiamando il verbale di arresto ed il verbale di sequestro.
Del pari inammissibile risulta il secondo motivo di ricorso.

denaro in sequestro, che il corredo premiale di cui all’art. 445 cod. proc. pen., a
seguito delle modifiche introdotte con legge 12.06.2003 n. 134, non comprenda
alcuna delle ipotesi di confisca, di cui all’art. 240 cod. pen.; e non sfugge che la
giurisprudenza di legittimità ha chiarito, nel procedere alla ermeneusi dell’art. 445
cod. proc. pen. a seguito delle modifiche introdotte dalla citata novella del 2003,
che il giudicante che provvede alla applicazione della predetta misura di sicurezza,
deve esplicitare le ragioni che fondano la relativa statuizione, evidenziando i
presupposti della disposta misura (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8440 del
24/01/2007, dep. 28/02/2007, Rv. 236623).
Orbene, nel caso di specie, il giudice procedente ha assolto il richiamato
obbligo motivazionale, osservando che ricorrevano le condizioni per procedere alla
confisca del denaro in sequestro, trattandosi del provento della attività di cessione
di sostanze stupefacenti.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro
1.500,00 a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P. Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 17 luglio 2013.

Si deve osservare, in riferimento alla disposta confisca della somma di

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