Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46604 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46604 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
EL MARSAOUY EL HOUCINE N. IL 22/04/1989
avverso la sentenza n. 11787/2012 TRIBUNALE di MILANO, del
02/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 17/07/2013

Osserva

Ricorre per cassazione El Marsaouy El Houcine avverso la sentenza emessa in data 2.11.2012
ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale di Milano con la quale veniva
applicata al predetto, con attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, la pena
concordata di mesi otto di reclusione ed C 2.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 dPR
309/1990.
Deduce il vizio motivazionale in relazione alla insussistenza di cause di non punibilità ai sensi
per il reato di cui all’art. 4 L. 110/1975; che in sede di convalida non era stata contestata la
recidiva, poi ritenuta sussistente; che nulla era stato detto circa il giudizio di comparazione e
sulle ragioni per le quali le attenuanti generiche non fossero state concesse con criterio di
prevalenza.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati.
Premesso che a nulla rileva la dedotta omessa contestazione in questa sede del reato
contravvenzionale di cui all’art. 4 I. 110/75, dovendosi ritenere legittimo un patteggiamento
parziale (Cass. pen. sez. III, n. 34915 del 13.7.2011, Rv. 250860) e che la recidiva ex art. 99
40 co. c.p. risulta ritualmente contestata in relazione al capo d’imputazione di cui in epigrafe
della sentenza impugnata, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis,
Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della
motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla
particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto,
ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla delibazione degli
elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione
giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia
della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata
sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo
129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario,
una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la
verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di
proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Del resto, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena non può rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in particolare,
proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè recriminare sulla
qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la congruità della pena a

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dell’art. 129 c.p.p.; assumendo che nulla era stato detto circa il secondo capo d’imputazione

meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di
specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17.7.2013

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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