Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46591 del 19/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 46591 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LONGOBARDI CARLO N. IL 01/04/1987
avverso l’ordinanza n. 4261/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 11/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. A o ■.,3c Ah) E v E u.,1

e,,,

Data Udienza: 19/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con ordinanza in data 11.07.2014, ha
rigettato il reclamo proposto da Longobardi Carlo avverso il provvedimento con
cui il magistrato di sorveglianza aveva negato il beneficio della liberazione
anticipata speciale con riguardo al periodo che va dal 20.08.2010 al 20.08.2013,
in considerazione della natura ostativa ex art. 4-bis ord.pen. del reato la cui
condanna era in corso di espiazione (art. 74 DPR n. 309 del 1990 aggravato ex
art. 7 legge n. 203 del 1991) e della caducazione, in sede di conversione operata

D.L. n. 146 del 2013, che consentiva (alle condizioni ivi previste) l’ammissione al
beneficio anche dei soggetti condannati per reati ostativi.
2.

Ricorre per cassazione Longobardi Carlo, personalmente, deducendo

violazione di legge e vizio di motivazione, rilevando di aver presentato l’istanza
di maggiorazione della liberazione anticipata nella vigenza del decreto legge che
ne consentiva la concessione ai detenuti per reati ostativi, e lamentando che la
negazione del beneficio era perciò dipesa dalle scelte organizzative dell’ufficio di
sorveglianza che non aveva provveduto tempestivamente, creando una disparità
di trattamento rispetto ai condannati le cui istanze erano state invece accolte
nelle more della legge di conversione (e che non erano state successivamente
revocate); deduce l’efficacia solo per il futuro, ai sensi dell’art. 15 della legge n.
400 del 1988, della modifica normativa apportata in sede di conversione del
decreto d’urgenza, nonché la violazione del principio del favor rei
nell’interpretazione della legge, richiamando i principi affermati dalla CEDU in
tema di irretroattività delle leggi penali.
3. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto
del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. La legge n. 10 del 2014, in sede di conversione del D.L. n. 146 del 2013, ha
soppresso la norma originariamente contenuta nel 4 0 comma dell’art. 4 del
decreto d’urgenza – che riconosceva anche ai condannati per taluno dei reati
ostativi previsti dall’art. 4-bis ord.pen. (tra i quali rientra il reato associativo di
cui all’art. 74 DPR n. 309 del 1990, nel caso di specie altresì aggravato ex art 7
legge n. 203 del 1991) la possibilità di fruire dell’ampliamento a 75 giorni, per
ciascun semestre di pena scontata, della detrazione di pena conseguente al
riconoscimento del beneficio della liberazione anticipata, alla condizione che essi
avessero dato prova nel periodo di detenzione di un concreto recupero sociale
desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità escludendo in via assoluta tale categoria di condannati dal novero dei beneficiari
1

dalla legge n. 10 del 2014, della norma originariamente contenuta nell’art. 4 del

dell’ampliamento della misura premiale.
3. La norma sopravvenuta, preclusiva del beneficio, deve trovare immediata
applicazione nei procedimenti di sorveglianza anche in corso, a prescindere dal
momento di presentazione dell’istanza di liberazione anticipata da parte del
condannato (nel caso in esame avvenuta nella vigenza del decreto d’urgenza e
prima della legge di conversione), in applicazione del principio di diritto,
affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 24561 del
30/05/2006, Aloi (Rv. 233976), secondo cui le disposizioni concernenti

riguardando l’accertamento del reato e l’irrogazione della pena, ma soltanto le
modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali,
e pertanto (in assenza, come nella fattispecie, di una specifica disciplina
transitoria) soggiacciono alla regola tempus regit actum e non alla disciplina
della successione delle norme penali nel tempo dettata dall’art. 2 cod. pen. e
dall’art. 25 Cost., principio che ha trovato riconoscimento anche nella
giurisprudenza costituzionale e in quella della CEDU, che hanno escluso
l’applicabilità del principio della irretroattività della legge più sfavorevole
(sopravvenuta) in materia di benefici penitenziari in genere e di liberazione
anticipata in specie (vedi sentenza Grande Camera del 21.10.2013, Del Rio
Prada contro Spagna).
4. Va in ogni caso rilevato che le disposizioni di un decreto legge non convertito
perdono efficacia sin dall’inizio (art. 77 comma 3 Cost.), e dunque non possono
spiegare alcun effetto ultrattivo con riguardo ai comportamenti e alle situazioni
pregresse ai quali la norma non recepita dalla legge di conversione collegava
l’aspettativa di un effetto favorevole (Sez. 1 n. 34073 del 27/06/2014, ric.
Panno).
Del tutto improprio si rivela il richiamo del ricorrente alla norma di cui all’art. 15
comma 5 della legge n. 400 del 1988, la quale – disponendo che le modifiche
eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia
dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione,
salvo che quest’ultima non disponga diversamente – si limita a a prevedere che
gli emendamenti approvati in sede di conversione entrano in vigore il giorno
successivo a quello della pubblicazione della relativa legge, in deroga al decorso
della ordinaria vacatio legis di 15 giorni, se nulla è espressamente stabilito al
riguardo.
La caducazione della norma non convertita di cui al testo originario dell’art. 4
comma 4 D.L. n. 146 del 2013 esclude, dunque, in radice la sua idoneità a
inserirsi in un fenomeno successorio quale quello – invocato dal ricorrente regolato dall’art. 2, commi 2 e 4, cod. pen., con la conseguenza che nessun
2

l’esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non

diritto o aspettativa basato su tale norma può trovare riconoscimento e tutela
per il solo fatto che la relativa istanza fosse ancora sub iudice al momento della
sopravvenienza della legge di conversione.
5. Di tali principi il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione, ed è
pertanto immune da censure.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 maggio 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

A scioglimento della riserva assunta il 20.04.2015:

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