Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46590 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46590 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AKOKOH STANFORD EHIAGUINA N. IL 18/11/1964
avverso la sentenza n. 18642/2012 GIP TRIBUNALE di NAPOLI, del
04/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 17/07/2013

Osserva

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Akokoh Stanford Ehiaguina avverso la
sentenza emessa in data 4.12.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal G.i.p. del Tribunale di
Napoli con la quale veniva applicata al predetto la pena concordata di anni due e mesi
quattro di reclusione ed C 1.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 comma 5 0 dPR
309/1990.
Si duole della mancata traduzione della sentenza impugnata in lingua conosciuta
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo manifestamente infondato.
Infatti, “Non sussiste l’obbligo di traduzione della sentenza nella lingua dell’imputato che non
conosca la lingua italiana, né la mancanza di un siffatto obbligo viola l’art. 6 CEDU, il quale
contempla l’assistenza dell’interprete per il soggetto che non comprenda o non si esprima
nella lingua usata nel processo, ma non richiede che sia effettuata la traduzione scritta di
ogni documento della procedura” (Cass. pen. Sez. II, n. 46897 del 7.12.2011, Rv. 251453).
Né risulta che l’imputato, dando prova di non conoscere la lingua italiana, abbia fatto
richiesta della traduzione (Cass. pen. Sez. III, n. 5486 del 12.7.2012, Rv. 254399).
Del resto, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena non può rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in particolare,
proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè recriminare sulla
qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la congruità della pena a
meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di
specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17.7.2013

dall’imputato.

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