Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46565 del 10/07/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46565 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PUGLISI SALVATORE N. IL 08/04/1971
ZAMMATARO MARIO N. IL 12/03/1954
avverso la sentenza n. 181/2007 TRIB.SEZ.DIST. di GIARRE, del
04/12/2008
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ACETO;

Data Udienza: 10/07/2015

RGN 3043/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con sentenza del 04/12/2008, il Tribunale di Catania ha condannato i
sigg.ri Salvatore Puglisi e Mario Zammataro alla pena di 25.000,00 euro di ammenda il primo, di 15.000,00 euro di ammenda il secondo, perché riconosciuti
colpevoli del reato continuato di cui agli artt. 110, 81, cpv., 734, cod. pen., 51,
comma 3, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, per aver posto in essere, in concorso fra

lativa autorizzazione, con conseguente alterazione e deturpamento della bellezza
naturale dell’area, sottoposta a vincolo panoramico paesaggistico, in cui tale attività veniva esercitata; fatto accertato in Giarre il 05/10/2005.

2.Avverso la sentenza entrambi gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia, hanno proposto distinti appelli.
Attesa la non appellabilità della sentenza, i ricorsi sono stati trasmessi a
questa Corte di cassazione dalla Corte di appello di Catania ai sensi dell’art. 568,
comma 5, cod. proc. pen.

3.Puglisi Salvatore esclude, in base alle prove testimoniali e alla documentazione assunta, che l’area interessata sia sottoposta a vincolo panoramico paesaggistico. Aggiunge che aveva affittato il terreno in questione al solo scopo di
realizzarvi un posteggio per autocarri e che per tale ragione l’aveva spianato.
Nessuno dei testimoni ha saputo ricordare in che condizione si trovasse prima
dello spianamento, sicché non gli è attribuibile la condotta che la rubrica gli addebita, non essendovi la prova che i rifiuti rinvenuti (che occupavano una porzione limitata del terreno) fossero riconducibili alla sua attività. Con il secondo motivo invoca l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche ed eccepisce
l’eccessiva severità della pena irrogata pari al doppio dei limiti edittali del reato
di cui all’art. 734, cod. pen..

4.Zappataro Mario chiede la propria assoluzione sia perché non v’è prova del
suo concorso nel reato contestato, sia perché – deduce – il reato di cui all’art. 51,
comma 3, d.lgs. n. 22 del 1997 è stato depenalizzato dall’art. 255, d.lgs. n. 152
del 2006 che, per l’abbandono e spianamento dei rifiuti, prevede la sola sanzione
amministrativa. La zona, inoltre, la cui soggezione al vincolo non è provata, non
è stata alterata dalla condotta e in ogni caso, stando alle testimonianze assunte,
non ve n’è prova.

loro, un’attività di raccolta e deposito di rifiuti senza essere in possesso della re-

5. I ricorsi sono inammissibili perché proposti per motivi non consentiti dalla
legge e manifestamente infondati.

6.E’ noto come, a seguito degli arresti di Sez. U, n. 45371 del 31 ottobre
2001, Bonaventura, e di Sez. U, n. 45372 del 31/10/2001, De Palma, «allorché
un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un
mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che
riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a

“voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato
a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente
previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente» (da ultimo,
cfr. anche, nello stesso senso, Sez. 1, n. 33782 dell’8/04/2013, Arena).
6.1.Alla Corte di cassazione, quale giudice competente, in questo caso, a
conoscere dell’impugnazione, è riservata ogni valutazione sull’ammissibilità dell’impugnazione stessa, alla luce dei motivi per i quali il ricorso per Cassazione è
tassativamente consentito (cfr. sul punto, in motivazione, le sentenze testé citate).
6.2.0rbene, nel caso di specie, i ricorrenti fondano le loro doglianze su circostanze di fatto tese a scardinare la diversa ricostruzione della vicenda come
operata dal giudice di prime cure alla luce delle acquisizioni documentali e testimoniali di cui ha dato atto in motivazione.
6.3.Dalla sentenza impugnata emerge che, a seguito di sopralluogo effettuato il 5 ottobre 2005, gli agenti del CFS accertarono che il Puglisi Salvatore, legale
rappresentante di una società commerciale esercente attività di autotrasporti,
avvalendosi della collaborazione (definita fondamentale) dello Zannmataro, aveva
provveduto a spianare il terreno in questione compattando i rifiuti (di tipo edile e
vegetale) raccolti e trasportati utilizzando la motopala di proprietà dello Zannmataro. Il terreno, si legge nelle sentenza, era situato in zona sottoposta a vincolo
panoramico paesaggistico e la sua bellezza era stata alterata dall’attività posta in
essere dagli imputati.
6.4.La diversa ricostruzione della vicenda proposta dai ricorrenti si basa, invece, su deduzioni in fatto supportate dal richiamo a testimonianze delle quali
non viene eccepito il decisivo travisamento. Di certo, questa Corte non può entrare nel merito della vicenda e procedere all’esame diretto delle prove assunte
né per giungere a conclusioni diverse da quella censurata, né per sollecitarne
una diversa valutazione da parte del Tribunale di Castrovillari, né per confermarla.
6.5.Pare infatti evidente, dall’esame dei ricorsi ed alla luce delle considerazioni che precedono, che i ricorrenti abbiano effettivamente voluto sottoporre la

verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una

sentenza al giudizio della competente Corte di appello, esattamente denominando il mezzo di gravame come “appello”, indirizzandolo alla Corte di appello di Catania e ponendo questioni di fatto riservate alla cognizione del giudice di merito
(Sez. 2, n. 47051 del 25/09/2013, Ercolano, Rv. 257481; Sez. 6, n. 7182 del
02/02/2011, Beltranni, Rv. 249452; Sez. 3, n. 23561 del 21/05/2008, Ribaudo,
Rv. 240053).

7.Va in ogni caso escluso che la condotta posta in essere dagli imputati co-

del 2006, che sanziona il semplice abbandono e/o deposito di rifiuti posto in essere, peraltro, da persone diverse dai titolari di imprese, cosa ben diversa dallo
smaltimento effettuato con le modalità già sopra descritte.

8.11 reato di cui all’allora art. 51, d.lgs. n. 22 del 1997 (oggi art. 256, d.lgs.
n. 152 del 2006) è punito con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda. Il
massimo edittale di quest’ultima è inferiore a quella oggetto di condanna di entrambi gli imputati ed, in particolare, del Puglisi, sicché è totalmente infondata
l’eccezione difensiva sollevata sul punto.

9.La inammissibilità dei ricorsi preclude la possibilità di rilevare cause di
estinzione del reato, quale la prescrizione, verificatesi successivamente alla pronunzia della sentenza impugnata. Alla detta declaratoria consegue, ex art. 616
c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C.
Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro
1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna singolarmente i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso il 10/07/2015

stituisca illecito amministrativo ai sensi del sopravvenuto art. 255, d.lgs. n. 152

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