Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46535 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46535 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ANCONA
nei confronti di:
COLI FILIPPO N. IL 13/02/1980
avverso la sentenza n. 448/2011 GIP TRIBUNALE di PESARO, del
12/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 17/07/2013

Motivi della decisione
Il G.i.p. presso il Tribunale di Pesaro, con sentenza resa ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen. in data 12.03.2012, ha applicato la pena concordata dalle parti
nei confronti di Coli Filippo, in relazione al reato di cui all’art. 186, comma 2 lett. c)
e 2 sexies, cod. strada.
2. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore Generale della Repubblica di Ancona, deducendo con unico motivo la
violazione di legge, atteso che il Tribunale ha stabilito la pena base in misura

inferiore al minimo edittale; oltre a ciò, l’esponente considera che il giudicante ha
applicato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di
guida, in misura inferiore a quella prevista per il caso in cui il veicolo appartenga a
persona estranea al reato.
Il ricorso è inammissibile, perché tardivo.
Osserva il Collegio che l’orientamento espresso da questa Suprema Corte
che è venuto consolidandosi, muovendo dalle indicazioni offerte dalle Sezioni Unite
sulla natura della sentenza resa ai sensi dell’art. 444 comma 2., cod. proc. pen.,
considera che la sentenza con cui si applica la pena su richiesta dalle parti deve
ritenersi emessa senza che sia proceduto a dibattimento. Ed invero, le Sezioni Unite
della Suprema Corte hanno da tempo chiarito che, a parte il caso in cui
all’applicazione della pena si addivenga all’esito del dibattimento, previa valutazione
della mancanza di giustificazione del dissenso del pubblico ministero alla richiesta
tempestivamente presentata dall’imputato, la sentenza di patteggiamento non può
essere assimilata alla sentenza dibattimentale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 295 del
12.10.1993, dep. 17.01.1994, Rv. 195617).
Ciò posto, si osserva, altresì, che con riferimento alla individuazione degli
specifici termini per l’impugnazione dei provvedimenti emessi in seguito a
procedimento camerale – sia che essi abbiano natura di sentenza o di ordinanza o
decreto – il prevalente orientamento espresso dalla Corte regolatrice è nel senso di
ritenere che deve, in ogni caso, trovare applicazione la previsione di cui all’art. 585,
comma 1, lett. a), cod. proc. pen., di talché il termine per impugnare risulta pari a
quindici giorni (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5496 del 3.02.2010, dep. 11.02.2010, Rv.
246125; Cass. Sez. 4, sentenza n. 6387 del 21.12.2011, dep. 16.02.2012, n.m.).
Orbene, le considerazioni sin qui svolte inducono a ritenere che il termine
per l’impugnazione delle sentenze rese ai sensi dell’art. 444, comma 2, cod. proc.
pen. – a parte il caso di sentenza emessa all’esito del dibattimento, qualora il
pubblico ministero non abbia aderito alla richiesta di applicazione della pena
formulata dalla parte, come sopra chiarito – sia unico e pari a giorni quindici, ai
sensi dell’art. 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., atteso che la sentenza di
patteggiamento non può essere altrimenti assimilata alla sentenza dibattimentale.

A

Con riguardo all’impugnazione proposta dal Procuratore Generale, avverso
provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione, a
mente dell’art. 585, comma 2, lett. d), cod. proc. pen., il predetto termine pari a
quindici giorni decorre dal giorno in cui è stata eseguita la comunicazione
dell’avviso di deposito con l’estratto del provvedimento.
Applicando le richiamate coordinate interpretative alla fattispecie di
giudizio, si osserva che il ricorso in esame risulta tardivamente proposto. Invero, la

talché il termine, pari a quindici giorni, è venuto a scadenza in data 10.04.2012,
mentre il ricorso che occupa è pervenuto presso la Cancelleria del Tribunale di
Pesaro solo il 12.04.2012. Al riguardo, è poi appena il caso di osservare che questa
Corte regolatrice ha da tempo chiarito: che l’impugnazione proposta dal Procuratore
Generale presso la Corte di Appello avverso una sentenza del tribunale rientrante
nella sua circoscrizione, pervenuto nella cancelleria dopo la scadenza del termine di
legge, va dichiarato inammissibile; che non assume rilievo il tempestivo deposito
dell’impugnazione presso l’ufficio affari penali della Procura Generale della Corte
suddetta, in quanto detto incombente non equivale alla spedizione dell’atto a mezzo
del servizio postale; e che il principio dettato dall’art. 583 comma secondo cod.
proc. pen. non si presta ad una applicazione che vada oltre i casi in esso
espressamente previsti, trattandosi di un’eccezione alla regola di ordine generale
sancita dall’art. 582 cod. proc. pen. secOndo la quale l’impugnazione è presentata
nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento (cfr. Cass. Sez. 6,
Sentenza n. 268 del 31/10/1996, dep. 17/01/1997, Rv. 206693).
Si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che risulta
tardivamente proposto. Assorbito ogni altro rilievo.
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 17 luglio 2013.

comunicazione al Procuratore Generale è stata effettuata in data 26.03.2012, di

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