Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46533 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46533 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SARANITI SALVATORE N. IL 26/06/1932
avverso la sentenza n. 29/2010 TRIBUNALE di MESSINA, del
02/03/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 17/07/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Saraniti Salvatore avverso la sentenza emessa
in data 2.3.2011 dal Tribunale di Messina che confermava quella in data 20.10.2009 del
Giudice di Pace di Messina con cui il predetto era stato condannato alla pena di C 1.000,00 di
multa oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile per il delitto di lesioni colpose
aggravate dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale con riferimento alla sentenza di primo

vicenda in esame; rappresenta la violazione di legge ed il vizio motivazionale anche sotto il
profilo del travisamento del fatto in ordine alla ritenuta penale responsabilità.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo manifestamente infondato ed aspecifico
(il primo) e non consentito nella presente sede di legittimità (il secondo).
E’ palese l’aspecificità della prima censura che ha riproposto in questa sede pedissequamente
la medesima doglianza rappresentata dinanzi al Tribunale e da quel giudice disattesa con
motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile, laddove ha
spiegato che l’erroneo inserimento di argomentazioni non pertinenti alla vicenda esaminata
non implica alcuna nullità, alla stregua del complesso motivazionale residuale.
Infatti, è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Quanto alla seconda doglianza, si rammenta che il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma
1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità
per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del
processo”, non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa
prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite,
trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum
normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in
sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della prova”, finora ammesso in via di
interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può
prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo
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grado laddove riportava la deposizione di tal Ficarra Giuseppe su fatti del tutto estranei alla

contenuto sia stato o no “veicolato”, senza travisamenti, all’interno della decisione (Cass.
pen. Sez. IV, 19.6.2006, n. 38424). Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello
difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme, come
nel caso di specie, il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in
sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche
contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal
primo giudice (Cass. pen., sez. II, 15.1.2008, n. 5994; Sez. I, 15.6.2007, n. 24667, Rv.
Orbene, la seconda censura mira appunto ad una improponibile rivalutazione della prova e si
risolve in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente
giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza ad ogni
sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17.7.2013

237207; Sez. IV, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636).

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