Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46529 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 46529 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARINO SERGIO N. IL 18/07/1953
avverso l’ordinanza n. 4411/2013 GIP TRIBUNALE di PALERMO, del
07/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
tede/sentite le conclusioni del PG Dott. 5Q

Uditi difensor Avv.;

tJ

Data Udienza: 26/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza del 7 giugno 2014 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di
Palermo, pronunciando sulla richiesta di revoca da parte del Pubblico Ministero del decreto di
sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini Preliminari di quella città in data 7
marzo 2013, avente per oggetto il sito addetto alla discarica in località “Bellolampo” del
Comune di Palermo, accoglieva la detta istanza e revocava, per l’effetto, il detto
provvedimento cautelare, unitamente alla nomina del custode giudiziario dell’impianto,

di ente gestore della discarica pubblica sopramenzionata.
1.2 Ricorre avverso il detto provvedimento MARINO Sergio nella sua qualità di legale
rappresentante della società R.A.P. s.p.a. subentrata alla fallita A.M.I.A. s.p.a., nella gestione
dei rifiuti della città di Palermo e destinataria del provvedimento di restituzione della discarica
emesso dal GIP del Tribunale di Palermo, oggi impugnato. Con il ricorso vengono denunciati tre
motivi, tutti incentrati sull’abnormità dell’atto impugnato: con il primo si lamenta la violazione
del disposto di cui all’art. 263 comma 4 cod. proc. pen. che indica nel P.M. l’organo deputato al
dissequestro ed alla restituzione delle cose sequestrate nel corso delle indagini preliminari,
individuandosi una competenza residuale del G.I.P. soltanto nella ipotesi in cui il Giudice debba
provvedere sull’opposizione proposta dagli interessati avverso il decreto pronunciato dal
Pubblico Ministero in merito alla richiesta di dissequestro. Con il secondo motivo si lamenta
l’abnormità dell’atto sotto il diverso profilo della violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. in
quanto, per espressa disposizione normativa, nel corso delle indagini preliminari competente a
provvedere sulla revoca del sequestro preventivo è il Pubblico Ministero che ha un autonomo
potere di intervento. Con il terzo motivo si censura la violazione di legge in riferimento agli
artt. 263 e 127 cod. proc. pen. per avere il Giudice disposto la restituzione delle cose in
sequestro a soggetto diverso da quello cui il bene era stato sequestrato, con la conseguenza
che, non ricorrendo il presupposto fattuale del diritto da parte della R.A.P. a ricevere il bene, il
Giudice avrebbe dovuto disporre la comparizione delle parti ai sensi dell’art. 127 cod. proc.
pen. e adottare il provvedimento all’esito dell’udienza camerale anzichè procedere de plano con
la restituzione a soggetto non avente diritto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato. Va premesso, in punto di fatto, che la richiesta di dissequestro
(rectius di revoca del sequestro preventivo) riguardava beni (le vasche di raccolta ormai non
più in funzione della discarica di Palermo) assoggettati ad un precedente decreto di sequestro
preventivo ex art. 321 cod. proc. pen. risalente al 7 marzo 2013 a conferma dell’analogo
provvedimento disposto dal Pubblico Ministero procedente in data 26 febbraio 2013 nell’ambito
del procedimento penale a carico di LO MONACO Pietro ed altri. In quell’occasione era stato
nominato custode tale MARINO Nicolò nella sua qualità di Assessore Regionale dell’Energia e
1

ordinando, contestualmente, la restituzione di quanto in sequestro alla R.A.P. nella sua qualità

dei servizi di Pubblica utilità che aveva, a sua volta, delegato nella funzione tale LUPO Marco,
Direttore Generale del Dipartimento Regionale dell’Acqua e dei Rifiuti. Il predetto LUPO,
designato dal Presidente della Regione Sicilia Commissario per l’emergenza rifiuti onde evitare
l’interruzione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani in data 20 maggio 2014, avanzava
istanza per la revoca della carica di custode, cui era seguita l’istanza da parte del P.M. titolare
delle indagini rivolta al G.I.P. affinchè questi provvedesse alla revoca del sequestro essendo
ormai venute meno le esigenze cautelari che lo avevano giustificato.

testo del provvedimento impugnato e dalle stessi indicazioni contenute nelle premesse del
ricorso, va esaminata la legittimità del provvedimento di revoca del sequestro e contestuale
revoca del custode nonchè la restituzione delle cose in sequestro disposto dal G.I.P.
2.1 Detto provvedimento è in aperto contrasto con il disposto dell’art. 321 cod. proc. pen.
il cui comma 3 impone al P.M. – nella fase propria delle indagini preliminari – di provvedere
egli stesso alla revoca immediata del sequestro laddove non ne ricorrano più i presupposti che
avevano giustificato la misura, nonché alla restituzione delle cose sequestrate all’avente
diritto: ciò in analogia a quanto già previsto dall’art. 263 comma 4 cod. proc. pen. in materia di
sequestro probatorio. L’avere provveduto il G.I.P., anzichè il Pubblico Ministero – che, sia detto
per inciso, non avrebbe dovuto inoltrare la richiesta di revoca al G.I.P. ma provvedere egli
stesso sul punto una volta valutata la carenza delle esigenze cautelari originarie – costituisce
atto abnorme come tale ricorribile in sede di legittimità (vds. al riguardo Sez. 5^ 5.7.2010 n.
37293, Acciari, Rv. 248639; conforme Sez. 3^ 20.11.2012 n. 3449, Torroni, Rv. 254710).
2.2 Vanno, a tale proposito, richiamati i principi elaborati da questa Corte Suprema in
tema di abnormità dell’atto che si qualifica come tale quando, per la singolarità e stranezza del
contenuto, esso risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ovvero quando, pur essendo
in astratto manifestazione di legittimo potere, l’atto si esplichi al di fuori dei casi consentiti e
delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite; va poi aggiunto che accanto ad una
abnormità di tipo strutturale, collegata alla singolarità dell’atto che lo colloca al di fuori del
sistema normativo, si pone l’abnormità cd. “funzionale” che si verifica quando l’atto, seppure
non estraneo al sistema normativo, determini tuttavia la stasi del processo e l’impossibilità di
proseguirlo. (in termini oltre a SS.UU. 10.12.1997 n. 17, Di Battista, Rv. 209603, v. anche
Sez. 2^ 5.6.2003 n. 27716. P.O. in proc. Biagia, Rv. 225857; Sez. Un. 31.5.2005 n. 22909,
P.M. in proc. Minervini).
2.3 In riferimento ai concetti dianzi esposti, ritiene il Collegio che nel caso in esame ci si
trovi in presenza di un provvedimento che, pur costituendo in via astratta manifestazione di un
legittimo potere, si è però esplicato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là
di ogni ragionevole limite.

2

2. Così ricostruita la vicenda nelle sue principali fasi, conformemente a quanto risulta dal

2.4 Infatti, come risulta dal testo della richiamata norma processuale (art. 321 comma 3
cod. proc. pen.) “Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o
dell’ interessato quando risultano mancanti anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di
applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico
ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre
impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’ interessato, il pubblico ministero, quando ritiene
che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche

2.5 Compete, dunque, esclusivamente al Pubblico Ministero e non al G.I.P. – tranne nella
residuale ipotesi prevista dalla seconda parte dell’art. 321 nella ipotesi di eventuale parziale
infondatezza della richiesta che obbliga il Pubblico Ministero procedente ad investire il G.I.P.
della richiesta – il potere-dovere di procedere egli stesso alla revoca della cosa con decreto
motivato con la conseguenza che l’avere il Giudice svolto un compito non rientrante nei propri
poteri determina quella abnormità dell’atto che impone l’annullamento senza rinvio del
provvedimento impugnato con trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale
di Palermo per l’ulteriore corso. Rimangono assorbiti i restanti motivi.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata senza rinvio e ordina la trasmissione degli atti al Pubblico
Ministero presso il Tribunale di Palermo per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma il 26 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni’.

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