Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46527 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46527 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CACCIOLA ROBERTO N. IL 17/09/1981
avverso la sentenza n. 5628/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
30/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 17/07/2013

Motivi della decisione
Cacciola Roberto, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 30.11.2011, con la
quale è stata confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Milano il
17.05.2011, nei confronti del predetto Cacciola, in ordine ai reati di cui all’art. 189,
commi 6 e 7, cod. strada. La parte deduce il vizio motivazionale, con riguardo
all’apprezzamento effettuato dai giudici di merito, in ordine alla credibilità dei testi

impugnata, in relazione alla ricostruzione del fatto per il quale si procede ed
all’apprezzamento del comportamento processuale del prevenuto. Infine,
l’esponente si duole della giustificazione offerta dai giudici nella determinazione del
trattamento sanzionatorio.
Il ricorso è inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.
Soffermandosi sui primi tre motivi di ricorso, che è dato esaminare
congiuntamente, si osserva che l’esponente propone censure non consentite nel
giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del
fatto, come pure l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua
e adeguata motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile

ictu ocu/i, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso

giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, nel
caso di specie, la Corte di Appello ha espressamente considerato, sviluppando un

escussi. Denuncia, inoltre, la manifesta illogicità della motivazione della sentenza

conferente percorso logico argomentativo, che la condotta posta in essere dal
prevenuto era stata concordemente descritta dalla persona offesa e dal testimone
oculare Mondoni – non portatore di alcun interesse in causa – di talché doveva
ritenersi accertato: che Cacciola era sopraggiunto a forte velocità alla guida della
propria auto, che aveva investito il motociclista perdendo a causa dell’urto lo
specchietto retrovisore destro e che dopo l’impatto si era immediatamente
allontanato dal luogo del sinistro, accelerando ulteriormente.

apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per
quanto concerne la dosimetria della pena. E’ appena il caso di considerare che in
tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche,
ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria
della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di
questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. sez.
VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene
congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche
che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento
illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). Si tratta di
evenienza che certamente non sussiste nel caso di specie. La Corte territoriale ha
infatti considerato che la pena applicata dal Tribunale appariva adeguata alla
gravità del fatto ed alla personalità dell’imputato, lumeggiata anche dal
comportamento processuale.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 17 luglio 2013.

Si osserva poi che la decisione impugnata risulta sorretta da conferente

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