Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46525 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46525 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALISEO GIUSEPPE N. IL 04/01/1958
fuZ ~SALA
•(‘
avverso la sentenza n. 161/2008 TRIB.SEZ.DIST. di MAZARA DEL
VALLO, del 09/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 17/07/2013

A

Motivi della decisione
Aliseo Giuseppe ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Marsala, sezione distaccata di Mazara del Vallo, in data 9.03.2012, con
la quale, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata
dalle parti, in ordine al reato di furto aggravato (capo a) e di guida senza patente
(capo b).
Con il primo motivo la parte denuncia violazione di legge e vizio

legittimanti l’adozione di sentenza liberatoria, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Con il secondo motivo l’esponente deduce la violazione di legge in relazione
all’art. 81 cod. pen.; osserva che il giudicante ha applicato la disciplina della
continuazione tra il delitto di cui al capo a) e la contravvenzione punita con la sola
pena pecuniaria di cui al capo b).
Il ricorso è inammissibile.
Procedendo all’esame congiunto dei motivi di doglianza, giova considerare
che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo
della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare
natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui
l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al
richiamato art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano
concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo
invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella
enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge
e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129
(Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27 dicembre 1995, Serafino). Tale
orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva.
Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano
precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la
comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la
costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni
unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura
enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né
l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola
come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la
statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.

motivazionale, in ordine al mancato apprezzamento della ricorrenza dei presupposti

D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice
ha indicato le ragioni poste a fondamento della propria determinazione, in ordine
alla insussistenza delle condizioni per procedere ai sensi dell’art. 129 cod. proc.

personale operante il 10.11.2007. Si osserva poi che la dedotta violazione della
disciplina di cui all’art. 81, cpv. cod. pen., in materia di continuazione tra i reati,
risulta manifestamente infondata; la giurisprudenza di legittimità risulta, infatti,
consolidata nel considerare ammissibile il riconoscimento del vincolo della
continuazione anche tra delitti e contravvenzioni, con la precisazione che in tale
ipotesi il giudice deve comunque ritenere il delitto quale reato più grave (Cass. Sez.
5, Sentenza n. 13573 del 20/01/2012, dep. 11/04/2012, Rv. 253299).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 17 luglio 2013.

pen., richiamando diffusamente il contenuto della relazione di servizio redatta dal

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