Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46523 del 28/10/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 46523 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Crotone nel procedimento
nei confronti di
Iuliano Gerardo, nato a Roccapiemonte (Sa) il 28/8/1941

avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Crotone in data
1 0 /10/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Enrico Delehaye, che ha chiesto l’annullamento con rinvio
della sentenza;
sentite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. Muccio, che ha
chiesto il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 1°/10/2014, il Tribunale di Crotone assolveva Gerardo
Iuliano dall’imputazione di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 2, comma 1-bis, d.l.

Data Udienza: 28/10/2015

12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla I. 11 novembre
1983, n. 638, perché il fatto non sussiste; rilevava, in particolare, che la legge
delega n. 67 del 2014, pur non avendo depenalizzato il reato in esame,
«possiede comunque l’attitudine ad orientarne l’interpretazione e, in particolare,
a completare il contenuto precettivo dal punto di vista dell’elemento costitutivo
del reato della necessaria offensività al bene giuridico protetto»
2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Crotone deducendo, con unico e diffuso motivo, la violazione di

eccedente i limiti fissati dalla Costituzione, ed in particolare un’efficacia
immediatamente precettiva nell’ambito della fattispecie incriminatrice in esame;
per contro, trattasi di una legge delega, non ancora tradotta in decreto
legislativo, sì da concludere per la vigenza della norma contestata nella lettera di
cui all’attuale testo di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
La legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene
detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in
materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti
degli irreperibili) contiene una delega al Governo per la depenalizzazione del
reato in esame, e trasformazione in illecito amministrativo, qualora l’importo
oggetto dell’omissione non sia superiore a 10.000 euro annui; orbene, tale
delega – che pur costituisce un dato normativo rilevante, anche
nell’interpretazione della generale politica criminale perseguita dal Parlamento non è stata ad oggi seguita da alcun decreto legislativo, quindi non è stata
esercitata, sì che la norma contestata è tuttora vigente nel testo di cui
all’imputazione. Si osserva, peraltro, come già affermato da questa Corte (Sez.
3, n. 20547 del 14/4/2015, Carnazza, Rv. 263632) che «se si dovesse
pronunciare proscioglimento (o annullare senza rinvio) per tutti coloro i quali ad
oggi, al di sotto della quota ritenuta di 10.000 euro, non hanno versato i
contributi previdenziali previsti ex lege, si aprirebbe ad una impunibilità generale
per chi comunque violi un obbligo degno di interesse di tutela. L’intenzione del
Parlamento, infatti, non è quella di dismettere totalmente la punibilità per i fatti
di omesso versamento delle ritenute previdenziali al di sotto dei 10.000 euro,
bensì di assoggettarli unicamente ad una sanzione amministrativa. La stessa
Corte Costituzionale ha avuto modo di rilevare come “il mancato adempimento
dell’obbligo di versamento dei contributi previdenziali determina un rischio di

2

legge. Il Tribunale avrebbe riconosciuto alla I. n. 67 del 2014 una portata

pregiudizio del lavoro e dei lavoratori, la cui tutela è assicurata da un complesso
di disposizioni costituzionali contenute nei principi fondamentali e nella parte 1^
della Costituzione (artt. 1, 4, 35 e 38 Cost.)” (sentenza n. 139 del 2014). A
fronte di ciò, la disapplicazione del dettato normativo I. n. 638 del 1983, ex art.
2, comma 1 bis, che prevede la sanzione penale della reclusione fino a tre anni e
la multa sino a 1.032 euro si prospetta come del tutto lesiva dell’interesse
giuridico tutelato. Tale pena è, infatti, l’unica ad oggi prevista dall’ordinamento
giuridico italiano per la violazione degli obblighi previdenziali di versamento di

infine, è poi soltanto da sottolineare, da un lato, come non possa esservi dubbio
che in caso di mancato esercizio della delega legislativa nel termine indicato dalla
I. n. 67 del 2014, il reato resterebbe tale (senza che medio tempore si siano
prodotti effetti depenalizzanti); dall’altro, che nessuna conseguenza negativa
deriverebbe al ricorrente dal mancato proscioglimento (o, in questa sede,
annullamento senza rinvio) per il mancato accoglimento della tesi difensiva,
posto che, all’atto dell’entrata in vigore dei decreti delegati attuativi della delega
in questione, ove ricorrano le condizioni che il legislatore delegato fisserà, il
condannato ben potrà proporre istanza ex art. 673 c.p.p., ottenendo la revoca
della sentenza».
La sentenza, pertanto, deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello
di Catanzaro, trattandosi di ricorso per saltum ai sensi dell’art. 569 cod. proc.
pen..

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2015

nsigliere estensore

Il Presidente

ritenute, dunque occorre ritenerla quale tuttora applicabile. A tacer d’altro,

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