Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46521 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46521 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BUIVCEANU CRISTINEL N. IL 28/07/1968
avverso la sentenza n. 1301/2012 TRIBUNALE di TORNO, del
23/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 17/07/2013

Osserva

Ricorre per cassazione Butuceanu Cristinel avverso la sentenza emessa in data 23.3.2012 ai
sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale di Torino con la quale veniva
applicata al predetto la pena concordata di mesi nove di reclusione ed C 400,00 di multa per
tre delitti di furto aggravato.
Deduce la violazione di legge in relazione alla mancata assoluzione dal reato di cui al capo n.
1.
non consentiti nella presente sede di legittimità.
Il motivo addotto è palesemente generico perché privo del requisito della specificità,
consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva
critica alla decisione impugnata.
Inoltre, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un.,
n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso
di specie, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza
dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali
circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della
sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e
di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in particolare,
proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè recriminare sulla
qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la congruità della pena a
meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di
specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17.7.2013

Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati, aspecifici e

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