Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46504 del 17/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46504 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CACCESE SERGIO N. IL 11/04/1964
avverso la sentenza n. 3034/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 19/01/2012
dato avviso alle parti ;
sentita la relazione fatta dal Consi gliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 17/07/2013

Osserva

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Caccese Sergio avverso la sentenza
icu,
emessa in data 19.1.2012 dalla Corte di Appello di L’Aquila lei in parziale riforma di
quella in data 15.5.2010 del Tribunale di Chieti, icon cuTA riqualificato il fatto ai sensi
,
degli artt. 624, 625 n. 4 c.p., con attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. equivalente
all’aggravante, veniva rideterminata la pena inflitta al predetto Caccese in mesi otto
di reclusione ed C 200,00 di multa.

penale responsabilità nonchè alla ritenuta presenza dell’aggravante.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati e non
consentiti in questa sede.
Il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20
febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i
vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha alterato la
fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si
trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è
tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione
dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi
di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo,
invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede
di legittimità il cosiddetto “travisamento della prova”, finora ammesso in via di
interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione,
lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza travisamenti,
all’interno della decisione (Cass. pen. Sez. IV, 19.6.2006, n. 38424).
Orbene, la prima censura mossa mira appunto ad una improponibile rivalutazione
della prova e si risolve in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver
seguito nel presente giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della
impugnata sentenza ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di
completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
La seconda doglianza è totalmente generica e manifestamente infondata attesa la
congrua e corretta motivazione addotta dall’impugnata sentenza in ordine alla
sussistenza dell’aggravante della destrezza.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
2

Deduce il vizio motivazionale in ordine alla valutazione del materiale probatorio e alla

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 17.7.2013

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