Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46483 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46483 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCOGNAMIGLIO CIRO N. IL 12/04/1989
avverso l’ordinanza n. 1972/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
20/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
1e/sentite le conclusioni del PG Dott. D9c
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 30/10/2013

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con ordinanza dei 20.3.2013 il Tribunale del riesame di Napoli – a
seguito di ricorso proposto nell’interesse di SCOGNAMIGLIO Ciro avverso
la ordinanza cautelare emessa il 26.2.2013 dal GIP distrettuale del

custodia cautelare in carcere – ha confermato detta ordinanza con la
quale sono stati riconosciuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza nei
confronti dello SCOGNAMIGLIO in relazione ai delitti di cui – capo A)all’art. 416 bis c.p. per partecipazione al clan AMATO-PAGANO con il
ruolo di componente dei gruppi armati e vedetta armata posta a
presidio delle piazze di spaccio e dei territorio di MELITO, MUGNANO ed
ARZANO e – capo B) – all’art. 74 DPR n. 309/90 – 7 I.n. 203/91 – per
partecipazione , nell’ambito del medesimo clan, ad una associazione a
delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e con il ruolo di vedetta
di piazze di spaccio.
2.

Avverso l’ordinanza di conferma ha proposto personalmente ricorso per
cassazione l’indagato deducendo:

2.1.

omessa, illogica e contraddittoria motivazione ed inosservanza di
norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt.125 co.
3, 292 co. 2 c.p.p. e 111 co. 6 Cost. in ordine al rigetto della eccezione
difensiva di declaratoria di nullità della ordinanza impositiva per
mancanza di motivazione avendo solo assertivamente risposto a detta
eccezione che aveva dedotto l’utilizzo generalizzato – e coinvolgente
anche la posizione del ricorrente – della tecnica del «copia-incolla»
della richiesta cautelare del P.M. nella redazione della ordinanza
impositiva.

2.2.

violazione ex art. 606 lett. b) c) ed e) c.p.p. in relazione agli arti.
125-292-309-273 co. 1 e ibis – 192 co. 3 c.p.p. in riferimento agli arti.
416bis c.p. e 74 D.P.R. n. 309/90; violazione di legge sostanziale e
processuale; omessa illogica e contraddittoria motivazione in ordine al
giudizio di attendibilità intrinseca dei collaboratori di giustizia ed a
quello di convergenza ed individualizzazione delle medesime
dichiarazioni sul contributo reso dallo SCOGNAMIGLIO Ciro.

2.3.

violazione ex art. 606 lett. b) c) ed e) c.p.p. in relazione agli arti.
125-292-309-273 co. 1 e 1bis – 192 co. 3 c.p.p. in riferimento agli arti.
416bis c.p. e 74 D.P.R. n. 309/90; violazione di legge sostanziale e

1

Tribunale di Napoli con la quale era applicata al predetto la misura della

processuale; omessa illogica e contraddittoria motivazione in relazione
alle doglianze difensive dedotte con la memoria depositata nel corso del
giudizio in relazione all’assenza di gravità indiziaria in ordine alla quale
risulta omessa l’indicazione giustificativa del contributo ascritto
all’indagato.
In relazione al secondo e terzo motivo si deduce in

2.3.1.

particolare che, in relazione alla attendibitità delle propalazioni dei

oggettivo – della assenza di serio ravvedimento alla base delle
collaborazioni rese da soggetti tra loro legati da vincoli familiari e prive
di autonomia e – sotto il profilo soggettivo – della assenza di elementi
consolidati e di conferme da parte di provvedimenti definitivi, in
presenza di divergenze in ordine alle riferite dinamiche associative.
Quanto alla assunta convergenza delle propalazioni si sarebbe violata la
regola della necessità che tale convergenza debba essere
sufficientemente individualizzante e riguardare sia la persona
dell’incolpato sia le imputazioni a lui ascritte sia in relazione al capo A)
che, a maggior ragione, in relazione al capo B) in ordine al quale si
denuncia l’inesistenza di qualsiasi elemento indiziario.
3. Il primo motivo è inammissibile perché aspecifico.
L’ordinanza applicativa di una misura cautelare è legittimamente

3.1.

motivata con la integrale riproduzione della richiesta del P.M., purché sia
consentito al giudice del riesame ed a quello di legittimità, nell’ambito
delle rispettive competenze, di controllare il quadro indiziario e la
correttezza dell’ “iter” logico seguito dal giudice di prime cure ( Sez. 2,
Sentenza n. 6966 del 26/01/2011Rv. 249681, P.M. in proc. Giampapa e
altro;

Sez.

Imputato:

1,

Sentenza n.

14830

P.M. in proc. Faye;

16/02/2011 Rv. 249682

del 28/03/2012 Rv. 252274

Sez.

2,

Sentenza n.

13385

del

Imputato: Soldano; Sez. 4, Sentenza n. 4181

del 14/11/2007 Rv. 238674 Imputato: Benincasa). Cosicchè la nullità
invocata dalla difesa può essere dichiarata solo ove il provvedimento
custodiate sia mancante di motivazione in senso “grafico”, ovvero ove,
pur esistendo una motivazione in tal senso, essa si risolva in clausole di
stile, onde non sia possibile, interpretando e rivalutando l’intero
contesto, individuare le esigenze cautelari il cui soddisfacimento si
persegue (Cass. pen., sez. 6, 10.01.2000, n. 52). Inoltre, quando un
provvedimento non si limita a richiamare altro atto, ma ne recepisca
graficamente il contenuto, non può certo dirsi che “manchi” di
motivazione, dovendo, piuttosto, equipararsi la situazione al caso di

2

collaboratori di giustizia,non è stato tenuto conto – sotto il profilo

motivazione per relationem, e cioè del provvedimento che richiami il
contenuto di diverso atto, facendone propria la motivazione (Cass. 2^
39383 in data 8.10.08, depositata 21.10.08, rv. 241868). Del resto,
come ha osservato Sez.
233499

6, Sentenza n.

8590 del 16/01/2006 Rv.

Imputato: Pupuleku, è oramai indirizzo pressoché costante di

questa Corte che, in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, il
giudice del riesame non può annullare il provvedimento impugnato per

fronte delle nullità comminate per omessa motivazione dei
provvedimenti riserva solo al giudice di legittimità il potere di
pronunciare il relativo annullamento. Tale potere è precluso al giudice di
merito di secondo grado a maggior ragione quando a costui, come nel
caso del riesame, il thema decidendunn è devoluto nella sua integralità
(Sez. 3^, 19 gennaio 2001, Servadio, rv. 218752);
che, pertanto, all’effetto interamente devolutivo che caratterizza
l’impugnazione per riesame consegue che il giudice, al quale è conferito
il potere di annullare, riformare o confermare il provvedimento
impugnato anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione
del provvedimento stesso, può sanare, con la propria motivazione, le
carenze argomentative dell’ordinanza oggetto del riesame. E tale
potere-dovere del tribunale del riesame di integrazione delle
insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera nel
caso di carenza grafica oppure di apparato motivazionale inesistente
perché del tutto inadeguato o basato su affermazioni apodittiche, sì da
comportare nullità per violazione dell’art. 125, comma secondo, cod.
proc. pen. (Sez. 3, Sentenza n. 33753 del 15/07/2010 Rv. 249148 Pmt
in proc. Lteri Lulzim).
3.2.

Nella specie il Tribunale ha rigettato la eccezione di nullità
ritenendo autonomamente ed adeguatamente compiuto l’obbligo
valutativo da parte del giudice emittente, pur con il parziale e consentito
ricorso per relationem a singoli passi di natura meramente espositiva
della richiesta cautelare.

3.3.

Cosicchè la doglianza difensiva, che si limita a ribadire le censure
in ordine alla tecnica redazionale della ordinanza impositiva, senza
indicare per quali ragioni – e specificamente con riguardo al ricorrente quelle esposte da detta ordinanza non siano complete motivazioni – la
cui autonomia non è affidata a variazioni lessicali – a sostegno della
sussistenza delle condizioni per l’emissione della cautela, non si
confronta con la motivazione resa dal giudice territoriale.

3

difetto di motivazione, atteso che il nostro ordinamento processuale a

4. Il secondo e terzo motivo sono inammissibili.
4.1.

Il Tribunale – dopo una ampia premessa nell’ambito della quale
ha esposto , valutandolo criticamente, il compendio proveniente dai
collaboratori di giustizia e le emergenze a riguardo degli equilibri
raggiunti dai clan camorristici operanti sul territorio all’indomani della
«prima falda di Scampia» del 2004 – affronta la posizione del
ricorrente convalidando la sussistenza della gravità indiziaria fondata

Biagio,SECONDO Luigi, MENNA Luca, ILLIANO Giovanni, MARINO
Giovanni ed ANNUNZIATA Gaetano – dei quali richiama criteri ed esiti
della valutazione di attendibilità, rigettando le deduzione difensiva circa
la non spontaneità del pentimento – delle quali riproduce degli stralci
direttamente riferiti al ricorrente e successivamente giustificando il
giudizio di intraneità ad entrambi i sodalizi contestati sulla base del
concorde riferimento dell’ESPOSITO, SECONDO, MENNA e MARINO al
ruolo di addetto alla vigilanza dei covi del clan. ESPOSITO,SECONDO e
ILLIANO convergono sulla destinazione allo SCOGNAMIGLIO di somme
mensili tra le 3.000 e 4.000 euro. L’ILLIANO indica il ricorrente – tra altri
– quale componente del gruppo di fuoco, corroborato dal MARINO che
riferisce il ruolo di vedetta seppure non armata dello storico covo di via
Cicerone, riferendo comunque la disponibilità da parte del ricorrente di
una pistola cal 9X21 come pure quella di correre in armi ove si rendesse
necessario. Quanto, poi, all’accusa di cui la capo B) la ordinanza valuta,
nell’ambito del rilevato contesto associativo che aveva come suo punto
di forza il traffico di droga, le dichiarazioni dell’ESPOSTO in ordine alla
provenienza dal traffico di droga del denaro destinato allo stipendio del
ricorrente e di quelle dell’ANNUNZIATA che colloca il ricorrente nella
nota «piazza di spaccio » della 219, seguito dal MARINO che pure
riferisce della disponibilità del ricorrente a correre armato anche alla
«219».
4.2.

Ebbene, considerando la richiamata motivazione, inammissibile
per manifesta infondatezza ed aspecificità è la censura difensiva in
ordine al rigetto della deduzione relativa alla attendibilità soggettiva dei
collaboratori.

4.3.

In tema di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, il c.d.
“pentimento”, collegato nella maggior parte dei casi a motivazioni
utilitaristiche ed all’intento di conseguire vantaggi di vario genere, non
può essere assunto ad indice di una metamorfosi morale del soggetto
già dedito al crimine, capace di fondare un’intrinseca attendibilità delle
4

sulle propalazioni dei collaboratori di giustizia ESPOSITO

sue propalazioni. Ne consegue che l’indagine sulla credibilità del
collaboratore deve essere compiuta dal giudice non tanto facendo leva
sulle qualità morali della persona – e quindi sulla genuinità del suo
pentimento – quanto sulle ragioni che possono averlo indotto alla
collaborazione e sulla valutazione dei suoi rapporti con i chiamati in
correità, oltre che sulla precisione, coerenza, costanza e spontaneità
delle dichiarazioni ( Sez. 6, Sentenza n. 43526 del 03/10/2012 Rv.

Si colloca nell’ambito di detto orientamento la valutazione del

4.4.

Tribunale che ha escluso la rilevanza del dedotto calcolo utilitaristico alla
base della collaborazione dei propalanti. Inidoneo, poi, a dare specificità
al motivo è il generico richiamo alla memoria difensiva ed a talune
divergenze narrative delle quali non si coglie la decisívità, risultando
invece, che detta memoria sia stata adeguatamente considerata
secondo molteplici aspetti sollevati e, in particolare, per quanto qui
viene in rilievo, in ordine alla dedotta genericità e non convergenza delle
dichiarazioni.
Pertanto, le doglianze mosse dal ricorrente si risolvono in una

4.5.

riproposizione di valutazioni in fatto delle propalazioni dei collaboratori
senza attingere effettivamente a vizi della motivazione che – invece – si

è posta nell’alveo di legittimità richiamato allorquando, dopo la congrua
valutazione di attendibilità dei dichiaranti, ha mostrato di scandagliare le
relative dichiarazioni individuandone specifici e rilevanti punti di
convergenza in ordine al ruolo associativo ascritto all’indagato sia in
relazione al capo A) – in ordine al quale è rimarcata conclusivamente e
correttamente la natura fiduciaria dei ruoli svolti dal ricorrente – che al
capo B) – nel valorizzato contesto ed in presenza degli indici
partecipativi ricordati, risultando priva di vizi logici, ma appartenendo
alla valutazione di merito la non decisività della esclusione riferita
dall’ESPOSITO, che ferma le sue conoscenze al luglio 2010, come pure
talune difformità sulle modalità di retribuzione.
5. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
6.

Devono disporsi gli adempimenti di cancelleria ai sensi dell’art. 94 co. 1
ter disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

5

253709 Imputato: Ritorto e altri).

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui
all’art. 94 co. 1 ter disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, 30.10.2013.

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