Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46464 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46464 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: SERPICO FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEGANTINI GIUSEPPE N. IL 14/04/1974
avverso la sentenza n. 662/2007 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
18/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO SERPICO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E • SELVAGG I
che ha concluso per 1′ inammiss ib il it à del ricorso ;

Udito, per laNarte civile, l’Avv
Udit i diténsor Avv.

Data Udienza: 05/11/2013

-2—
RITENUTO in FATTO

e
CONSIDERATO in DIRITTO

Sull’appello proposto da SEGANTINI GIUSEPPE avverso la sentenza in data
14-12-2005 del GUP presso il Tribunale di Lanciano che lo aveva dichiarato
colpevole del reato di cui all’art.73 DPR 309/90 per illecita coltivazione

di n.I0 piante di cannabis indica e relativa detenzione di gr.2,I di tale

sostanza e l concessa l’attenuante di cui al co.5 dell’art.73 cit. 1 1o aveva

‘condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 1009,00= di multa,con il beneficio délla pena sospesa p la Corte di Appello di L’Aquilapcon
sentenza in data I8-5-20II,confermava il giudizio di I” grado,ribadendo p a

fronte della pacifica prova del fattopperaltropammesso dall’imputato,i1 ca-

rattere di offensività di questopin mancanza di comprovati elementi di segno contrario,intesi alla completa inoffensività di tale coltivazione cd.
domestica s con richiamo al

principio tracciato da questa Corte di legitti-

mità in materia l secondo cui ogni tipo di coltivazione non autorizzata di

piante da cui siano estraibili sostanze stupefacenti è penalmente rilevan-

te anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale.

Avverso tale sentenza il SEGANTINI ha proposto ricorso per cassazione,deducendo,a mezzo del proprio difensore p a motivi del gravame;
Violazione dell!art.696. co. A lett.b) ed e) cpp.:
I)per inosservanza di norme sostanziali e relativa errotea applicazione
delle stesse con riferimento agli artt.26 ss.gg.,73 DPR 309/99 e

49 cp.

in difetto di una ragiOnevole configurabilità,nella specie,di una attività
di sostanziale “coltivazione” di piante, di cannabis indica,stante l’inoffensività del prodotto di queste anche in relazione all’oggettivo dato quantitativo di detta coltivazione,fermo restando,in ogni caso,l’a’ssoluto difetto di comprovati elementi indicativi della destinazione a terzi del prodotto
e

di tali . piante,peraltro i in assenzia di riscontri oggettivi in sede di
perquisizioni a carico del ricorrente;
2)Insuffienza,apparenza e manifesta illogicità della motDvazione in punto
di asserita idoneità offensiva della condotta contestata al ricorrente,
con trascurata valutazione del fatto che,nella specie p la coltivazione do-

mestita di n.I0 piante,fatte crescere in vaso,da cui avrebbe potuto ricava
si un limitato quantitativo di sostanza stupefacente,non è inquadrabile ne 1la vera e propria attività di coltivazione rivolta al mercato e p come tale,
incompatibile con l’esimente dell’uso personale.
Ad avviso del ricorrente,infatti,”nella situazione in esame la condotta rie
tra nel concetto di “detenzione”,scriminata dalla ritenuta finalizzazione
ad uso personale.E ciò è desumibile dall’assenza di qualsiasi elemento
sintomatico della destinazione allo spaccio della sostanza sequestrata…

in sede di perquisizione personale e domiciliare” .In conclusione ,adavviso

del ricorrente,”se la condotta è assolutamente inidonea a porre a repentagkio 11 bene giuridico tutelato viene meno la ricondticilmilità della fattispecie concreta a quella astratta l proprio perchè l’indispensabile connotazione di offensività in generale di quest’ultima implica di riflesso la necessità che anche in concreto l’offensività sia ravvisabile nella singola

condotta dell’agente;in mancanza,la fattispecie deve essere ricondotta nella figura del reato impossibile (art.49 cp.)”.

Il ricorso è infondato e va rigettato,con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Ed invero p la vexata quaestio in tema di punibilità della condotta di coltivazione di piante produttrici di caratteri annoverabili nella categoria

delle sostanze ad effetto stupefacente l ha trovato,tra non secondarie quanto
stimolanti versioni in fatto e diritto,talora coh,trapposte ed inconciliabili,ai fini di rilievo penale,una significativa traccia interpretativa

già ad opera della Consulta (cfr.sentenza n.265/05)e di questa stessa Corte di legittimità a S.U. (cfr.Sentenza n.28605 del 24-4-208,Di Salvia).

Allo sostanziale portata di dettd quadro interpretativo della materia si è
motivatamente ancorata la decisione della Corte territoriale aquilana l a sup.
porto della conferma della decisione di I” grado del giudice del Tribunale
di Lanciano.
Ciò posto l giova ribadire,in via pregiudiziale e quindi preliminare,che l
proprio una corretta lettura di quanto disposto dagli artt.26 ss.gg.DPR
309/90ipone il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese
nella tabella I di cui all’art.I4 ( fra le quali è annoverata anche la can-z
nabis indica),fatta eccezione per finalità scientifiche,sperimentali e didattiche.E’ a questo punto cheplungi dal cadere in pressappochismi massi-

-49′

malistibi,s’impone una determinante puntualizzazione ai fini della rdlevanza penale della condotta di “coltivazione” rispetto ad altre legislativamen
te perseguibili,prima tra tutte quella della detenzione.
Al riguardo è imprescindibile,ai fini della necessaria tutela del bene
protetto dalla legge salute individuale e collettiva)avere riguardo ai
caratteri di “offensività” della cennata condotta,di cui il giudice di merito è tenuto a dar conto p ancorchè in termini di essenzialità argomentatlrta.

vapsotto l’aspetto della concretezza del pericolo collegato a tale condotE’ a questo punto che,sebondo una coerente lettura del tracciato decisorio
della Consulta e di quello di questa Corte di legittimità,che va ribadito
il principio di diritto,secondo cui la condotta in subiecta materia può

correttamente definirsi “inoffensiva” soltanto se il bene tutelato non è

stato leso o messo in pericolo anche in grado minimo,di guisa che,con specifico riferimento al caso in esame p la “offensività”non ricorre soltantb

se la sostanza ricavabile dalla coltivazione non è idonea a produrre u4 effetto stupefacente rilevabile,cosa che l’impugnata sentenza motivatamente

esclude (cfr.fol.2). Di qui l’irrilevanza dell’invocata esimente dell’uso
esclusivamente personale del. prodottopin uno all’impropbnibile figura di
teato impossibile ex_art.49 c0.2” cp.

In tali sensi la decisione impugnata appare corretta e motivata,con conse-

guente infondatezza del ricorso proposto avverso la stessa e relativo riget
to di tale gravame.

P.Q.m.

RIGETTA il ricorso e CONDANNA ‘il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma l il 5-11-2013

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