Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46461 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46461 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIANNOTTI OSCAR N. IL 14/02/1947
avverso la sentenza n. 3180/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
08/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Gpnerale in persona del Dott.Osar attkAn erOLD
che ha concluso per Ak
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 30/10/2013

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con sentenza in data 8.6.2012 la Corte di appello di Ancona – a seguito
di gravame interposto dall’imputato GIANNOTTI Oscar avverso la
sentenza del 3.10.2010 emessa dal Tribunale di Ancona – ha confermato
detta sentenza con la quale è stata riconosciuta la penale responsabilità
dell’imputato, condannato a

pena

di giustizia sospensivamente

in più giorni dal 25 gennaio 2007 al 24 gennaio 2008, sostando nei locali
antistanti la sala delle udienze del Giudice di pace di Bologna e quindi
entrando ed uscendo dalla stessa, esibendo un cartello contenente
lamentele varie nei confronti degli organi giudiziari ostentatamente
richiamando l’attenzione dei presenti in udienza, non allontanandosi
all’invito delle forze di polizia e così determinando varie interruzioni delle
udienze, turbato la regolarità del servizio.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo
del difensore deducendo con unico motivo errata applicazione dell’art.
21 Cost. e 51 c.p. in relazione all’art. 10 CEDU e manifesta illogicità
della motivazione. In particolare, secondo il ricorrente, la Corte di merito
avrebbe illogicamente eluso il pur affermato diritto di critica sulla base
della prevalenza di altro diritto – nella specie dell’ordinato svolgimento
delle udienze – non leso dall’imputato che aveva inteso manifestare la
propria protesta nei corridoi del palazzo di giustizia, senza
comportamenti attivi o passivi volti a disturbare l’udienza, turbamento
solo soggettivamente presunto dalla d.ssa MACCAFERRI.
3.

Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

4.

Integra il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di
pubblica necessità anche la condotta che causi una temporanea
alterazione, purchè oggettivamente apprezzabile, della regolarità
dell’ufficio o del servizio.(Sez. 5, Sentenza n. 27919 del 06/05/2009 Rv.
244337 Imputato: De Angelis.); ancora, il reato previsto dall’art. 340
cod. pen. tutela non solo l’effettivo funzionamento di un servizio
pubblico, ma anche l’ordinato svolgimento di esso, sicché ai fini della
sussistenza dell’elemento oggettivo non ha rilievo che la interruzione sia
stata temporanea o che si sia trattato di un mero turbamento nel
regolare svolgimento del servizio stesso.(Sez. 6, Sentenza n. 44845 del
26/10/2007 Rv. 238096 Imputato: Stante).

1

condizionata, in ordine al reato di cui agli artt. 340-81 cpv c.p. perché,

5.

L’esercizio dei diritti di riunione e di manifestazione del pensiero,
garantiti dagli artt. 17 e 21, primo comma, Cost., cessa di essere
legittimo

quando

travalichi

nella

lesione

di

altri

interessi

costituzionalmente tutelati, come quando si concreti in un
comportamento integrante la fattispecie di cui all’art. 340 cod. pen. con
modalità di condotta che esorbitino dal fisiologico esercizio di quei diritti.
Sez.

6, Sentenza n.

7822 del 27/11/1998 Rv. 214755 Imputato:

6.

Ritiene il Collegio che la sentenza impugnata si sia correttamente posta
nell’alveo di legittimità richiamato.

7.

Invero, con insindacabile valutazione in fatto, la sentenza ha osservato
che del tutto pacifiche sono le circostanze dei fatti consistiti nella
reiterata condotta dell’imputato in relazione allo svolgimento della
attività giudiziaria da parte del Giudice di Pace di Bologna, d.ssa
Nicoletta MACCAFERRI, estrinsecatasi nella puntuale esposizione di
cartelloni di protesta – tesi a contestare la professionalità del predetto
magistrato e la correttezza del suo comportamento e a screditarne
quindi sia professionalmente che umanamente la figura agli occhi
dell’utenza ( v. sentenza di primo grado pg. 3) – in occasione di tutte le
dodici udienze di cui all’imputazione, tenute dal medesimo magistrato.
Ha ritenuto dimostrato il clamore ed il conseguente turbamento
provocato da quella protesta all’utenza presente all’interno dell’aula di
udienza, tanto che il Giudice predetto si era visto costretto a richiami
all’ordine e, in qualche occasione, anche a sospendere l’udienza ed a
richiedere l’intervento della forza pubblica per ripristinare l’ordine nei
locali e, quindi, riprendere la regolare attività giudiziaria; ha rilevato,
inoltre, la reiterazione e la sistematicità della condotta volte a
provocare, con specifico riferimento alla professionalità della d.ssa
MACCAFERRI, fastidio all’attività giudiziaria della predetta con il rischio,
in più occasioni concretamente verificatosi, di una sospensione.

8.

In particolare, la sentenza ha correttamente negato valenza scriminante
alla manifestazione del diritto di critica da parte dello stesso imputato in
ragione delle circostanze di fatto nell’ambito delle quali esso si è
manifestato, deliberatamente comprimendo quello primario di buon
andamento dell’amministrazione della giustizia. Ritiene questo Collegio
che correttamente è stata negata una irrilevante condotta «passiva»
e «silente» all’imputato nel manifestare la sua critica, non potendosi
qualificarsi tale, ed esulando dal fisiologico esercizio del diritto , la
intromissione dell’imputato nell’ aula giudiziaria durante la celebrazione

2

Magnanelli M e altri).

della udienza ponendo in essere una pubblica contestazione volta al
discredito professionale e personale del Magistrato che la conduce.
9. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 30.10.2013.

P.Q.M.

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