Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46453 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46453 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMBROSINO SALVATORE N. IL 01/02/1967
avverso l’ordinanza n. 173/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
11/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/10/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 21-12-2012 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale
di Napoli disponeva, ai sensi dell’art. 321/2 cod. proc. pen. e dell’art. 12-sexies
D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv. con mod. dalla L. 7 agosto 1992, il sequestro

immobili riferibili a Ambrosino Salvatore, indagato per associazione a delinquere
di stampo mafioso.

2. Avverso tale provvedimento proponeva richiesta di riesame il difensore
dell’indagato, rilevando l’assenza dei presupposti per l’applicazione della misura.
Faceva rilevare, in particolare, che le somme depositate sui conti bancari e i
mezzi a lui in uso erano il frutto della sua attività di avvocato civilista e che gli
altri beni sequestrati erano stati acquistati col contributo dei genitori e di amici e
con indennizzi assicurativi, mentre altri beni erano stati acquistati dalla moglie
prima del matrimonio.

3. Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza dell’11-2-2013, confermava il
suddetto decreto di sequestro, in considerazione del fatto che il ricorrente aveva
presentato, negli ultimi anni, “risibili dichiarazioni dei redditi”, a comprova della
sproporzione tra beni e redditi. Inoltre, non aveva in alcun modo provato la lecita
provenienza dei beni, in quanto le fatture, tutte del’anno 2012, non coincidevano
con l’epoca degli acquisti; i bollettini di versamento delle rate di finanziamento
erano in fotocopia; il certificato di matrimonio non provava nulla.
Infine, anche gli immobili intestati alla moglie concorrevano “a provare la
sproporzione tra il reddito dichiarato e le possidenze, in assenza, anche per
quest’ultima, di dichiarazioni di proventi leciti”.

4. Contro l’ordinanza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
di Ambrosino Salvatore, l’avv. Antonio Pesce, il quale si duole della erronea
applicazione dell’art. 12-sexies d.l. 306/92, nonché dell’assenza di motivazione.
Deduce che la Corte di merito non ha tenuto conto della dimostrazione, fornita
dal ricorrente, della provenienza legittima della provvista economica per
l’acquisto di ciascun bene sequestrato ed ha assolto il suo obbligo motivazionale
con espressioni generiche e apodittiche. Lamenta, quanto ai beni della moglie,
che non abbia tenuto in nessun conto l’epoca dell’acquisto degli stessi,

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preventivo di depositi bancari, polizze assicurative, autoveicoli e quote di

antecedente al matrimonio: fatto che poneva i beni fuori dell’area della
sequestrabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Condizioni per l’applicazione della misura di prevenzione sono, come ritenuto
pure dal giudicante, la sproporzione tra i beni e la capacità reddituale del

condizioni erano state specificamente e puntualmente contestate dal ricorrente
in sede di gravame, allegando circostanze astrattamente idonee a contestare
entrambe le condizioni suddette, senza tuttavia ricevere risposta. Infatti aveva
dedotto che:
– il veicolo Ford Focus, immatricolato il 18/3/2008, era stato acquistato (anche)
con i proventi di un indennizzo assicurativo di C 22.996,54 disposto dalla Navale
Ass.ni a favore della moglie Annunziata Fortuna;
– il veicolo Opel Agila tg CM296DX, era intestato solo formalmente all’indagato,
ma era stato acquistato il 27/5/2008 dal padre Ambrosino Aniello a mezzo di
finanziamento concesso dalla Neos Banca spa e da lui pagato e usato;
– il terreno e il fabbricato siti in Altavilla Silentina erano stati acquistati
dall’indagato il 29/2/2002 per la somma di C 36.151,00, con denaro donatogli
dal padre Ambrosino Aniello e dai genitori della moglie, nonché con i soldi
ricevuti, in occasione delle nozze, da parenti ed amici;
– della polizza assicurativa n 6354516577, stipulata il 31-10-2002 con l’INA
ASSITALIA, era stata pagata un’unica rata di C 1.705,16 (come da allegato
estratto conto);
– le somme esistenti sul c/c n. 3813 acceso sulla Banca Vesuviana erano il
provento dell’attività di avvocato (allegava copia delle parcelle e delle note di
credito) e il retratto di una rimessa di C 4.000 effettuata a novembre del 2012
dalla Spa Assitalia (allegava atto di transazione e quietanza);
– le quote di terreno site in Ottaviano, alla via Ferrovia, erano state acquistate
dalla moglie nel 2001, prima del matrimonio, con l’aiuto dei genitori.
Rispetto a tale analitica confutazione, che riguardava tutti i beni
sottoposti a sequestro e veniva accompagnata dalla produzione di
documentazione che metteva in discussione entrambi i requisiti della misura
patrimoniale, il Tribunale ha esaminato diffusamente il profilo del fumus
commissi delicti, si è soffermato ampiamente sui principi elaborati dalla
giurisprudenza di legittimità in tema di misure patrimoniali, ma ha speso solo
poche e scarne parole per confutare le allegazioni difensive, anche laddove
apparivano idonee, in astratto, a provare la lecita provenienza dei beni. Tanto

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proposto, nonché l’assenza di prova circa la lecita provenienza dei beni. Tali

vale sia per i beni intestati direttamente al’Ambrosino – per i quali vige la
presunzione di illecita accumulazione – sia per i beni intestati alla moglie e
acquistati prima del matrimonio, per i quali la presunzione suddetta non ha
ragione di operare. D’altra parte, anche per i beni del primo tipo è data
all’interessato la facoltà di provare che sono stati acquistati con denaro
proveniente dalla propria attività lavorativa o con altre lecite utilità (nel caso di
specie il ricorrente aveva giustificato alcuni acquisti col retratto di un consistente
indennizzo assicurativo e con pagamenti effettuati dal genitore; vale a dire, in

incombe sull’accusa (anche) la prova della intestazione fittizia e della correlativa
disponibilità dei beni in capo all’indagato (o al condannato). E’ ben vero che
“deve ritenersi compreso nell’obbligo della confisca previsto dall’art. 12 sexies
della L. 7 agosto 1992, n. 356, il bene che, pur essendo nella disponibilità
dell’imputato, risulti formalmente di proprietà di persona a lui legata da rapporti
personali (come il familiare convivente), la cui incapacità di giustificare la
provenienza del denaro impiegato nell’acquisto ne rivela l’intestazione fittizia” (in
questo senso, Cass., n. 31895 dell’1-4-2008. Cass., n. 3889 del 24/10/2000),
ma tale presunzione non può riguardare i beni acquistati dal convivente prima
del matrimonio, dal momento che, in assenza di rigorosa prova contraria, si
tratta di beni “non contaminati” dal sospetto di illiceità né di beni che è
ragionevole presumere siano stati intestati al convivente per sottrarli alla
confisca.
Per quanto sopra il provvedimento va annullato con rinvio al Tribunale di
Napoli per un nuovo esame dei profili sopra esaminati.

P.Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.
Così deciso il 9/10/2013

circostanze facilmente verificabili), mentre per i beni intestati alla moglie

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