Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46449 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46449 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOTARO DANTE N. IL 08/02/1977
avverso la sentenza n. 3479/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
03/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Data Udienza: 06/05/2015

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

4-J

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr Alberto CarAino, non si oppone alla
richiesta di rinvio e conclude, nel merito, chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Totaro Dante propone ricorso per cassazione contro la sentenza
pronunciata dalla Corte d’Appello di Bari, in data 3 dicembre 2013, che confermava la
decisione emessa dal Tribunale di Foggia, in data 14 maggio 2010, con la quale

476 del codice penale, per avere istigato Totaro Mario, tenente della Polizia Municipale
di Foggia, per occultare un avviso di accertamento di infrazione del codice della strada
del 29 marzo 2008 (capo 24) e del reato previsto dagli articoli 61 n. 2, 110 e 223 del
codice penale perché, per avere procurato al destinatario dell’infrazione un ingiusto
vantaggio e un pregiudizio corrispondente al Comune di Foggia.
2. In data 4 maggio 2015 il ricorrente presenta istanza di rinvio dell’udienza per
impedimento del difensore per concomitanti impegni professionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura.
1. Preliminarmente va disattesa la richiesta di rinvio dell’udienza poiché il difensore non ha
documentato di avere avuto conoscenza dei concomitanti impegni professionali in data
30 aprile 2015, poiché l’attestazione di cancelleria recante tale data non si riferisce al
predetto profilo, ma alla semplice esistenza dell’impedimento.
2. Con il primo motivo il difensore deduce l’omessa motivazione da parte della Corte
territoriale sulle ragioni per le quali l’istanza di rinvio avanzata dal difensore per la
presenza di un contemporaneo impegno professionale è stata disattesa. Il difensore
sottopone a critica l’orientamento giurisprudenziale dominante secondo cui il rinvio
dell’udienza per legittimo impedimento del difensore non trova applicazione nel caso di
udienza camerale come quella del rito abbreviato, in quanto tale interpretazione
sarebbe in contrasto con gli articoli 24 e 111 della Costituzione.
3. La censura è infondata. Dalle risultanze processuali emerge che il difensore ha inviato
un’istanza di rinvio datata 5 novembre 2013, con fax recante la medesima data, con
riferimento all’udienza del 3 dicembre 2013. La richiesta non è stata presa in esame
dalla Corte territoriale verosimilmente perché non sottoposta all’esame del collegio. In
tale circostanza, infatti, opera il principio secondo cui l’istanza di rinvio per legittimo
impedimento del difensore, inviata a mezzo telefax in cancelleria, non è nulla o
inesistente, ma l’utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione espone il richiedente
al rischio della intempestività, nell’ipotesi in cui detta istanza non venga portata a

l’imputato era stato ritenuto responsabile del reato previsto dagli articoli 110, 490 e

conoscenza del giudice procedente (Sez. 5, Sentenza n. 7706 del 16/10/2014 Ud.
(dep. 19/02/2015) Rv. 262835), ipotesi verificatasi nel caso di specie.
4. In ogni caso, al procedimento camerale del giudizio abbreviato di appello non si applica
l’art. 420-ter, comma quinto, cod. proc. pen., che impone il rinvio del procedimento in
caso di impedimento del difensore (nella menzionata udienza camerale, la presenza
delle parti è facoltativa e solo per l’imputato è espressamente previsto, dall’art. 599

alla udienza, questa deve essere rinviata in caso di suo legittimo impedimento). (Sez.
1, n. 6907 del 24/11/2011 – dep. 22/02/2012, Ganceanu, Rv. 252401).
5. È stato infatti affermato dal giudice delle leggi (Corte Cost, sent. n. 373/1992; Corte
Cost, ord. n. 160/1994) che rientra nei poteri discrezionali del legislatore predisporre le
forme di rito ritenute più consone alle specifiche fattispecie procedimentali e tanto non
determina alcuna disparità di trattamento per consimili situazioni processuali.
6. La giurisprudenza della Consulta è, infatti, assolutamente costante nel riconoscere che
le concrete modalità di esercizio del diritto di difesa possono essere variamente
modulate dal legislatore ordinario in relazione alla diversità dei riti, con modalità
improntate a criteri di economia processuale e di massima speditezza, che tengano
conto della struttura e delle finalità dei riti alternativi, senza che per ciò siano lesi i
principi costituzionali in materia di eguaglianza, difesa e giusto processo, purché di tale
diritto non sia snaturata o preclusa l’effettività. Nè può ritenersi che un contraddittorio
che in sede di gravame si svolga, in ipotesi, in forma meramente cartolare vanifichi
l’esercizio di difesa o leda il principio di eguaglianza allorché tale possibilità consegua
all’opzione, liberamente privilegiata dallo stesso imputato, di consentire l’accelerazione
del procedimento in cambio di consistenti benefici sostanziali. (in questo senso Cass.
Sez. 4, sent. 15.4.2004, n. 21761, Rv. 228592 e Cass. Sez. 5, sent. 6.4.2006, n.
16555, Rv. 234451).
7. Tale orientamento ha trovato conferma nella motivazione della recente decisione
adottata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U, n. 15232 del 2015) che
hanno esaminato le perplessità ed i rilievi della difesa, rilevando che in qualche
decisione la Corte (cfr. Sez. 6, n. 27842 del 10/06/2009, Non, non mass.) ha rilevato
che sarebbe irrazionale un sistema che riconosca all’astensione del difensore il diritto al
rinvio dell’udienza in un procedimento camerale, in cui invece il legittimo impedimento
del difensore, ossia una situazione di impossibilità oggettiva di partecipare, non
riceverebbe tutela. Si è però condivisibilmente replicato che l’obiezione prova troppo, e
non è dunque convincente, perché non tiene conto che si tratta di due situazioni
profondamente diversificate, che in quanto tali giustificano una diversità di trattamento:
il legittimo impedimento è funzionale al diritto di difesa dell’assistito, il cui esercizio può

comma secondo, cod. proc. pen., che, ove abbia manifestato la volontà di presenziare

essere diversamente modulato in considerazione del rito a cui accede, purché sia in
funzione dello scopo del giudizio; l’astensione per adesione all’agitazione di categoria è,
invece, funzionale all’esercizio di un diritto costituzionale del difensore, che ha valenza
pari agli altri diritti costituzionali e fondamentali che vengono in gioco nel procedimento,
ma in relazione ai quali il legislatore ha introdotto un autonomo sistema per operare, a
monte, il loro bilanciamento. E in tale opera di bilanciamento la fonte secondaria
competente, non ha differenziato l’esercizio del diritto da parte del difensore a seconda

8. Con il secondo motivo deduce la violazione dell’articolo 192 del codice di rito in ordine al
contenuto e alla interpretazione degli elementi probatori raccolti nel procedimento non
avendo la Corte territoriale osservato l’onere di rigorosa motivazione delle ragioni per le
quali ha ritenuto condivisibile l’affermazione di responsabilità espressa dal giudice di
primo grado. Il difensore evidenzia che dalle risultanze processuali non emerge che
Totaro Mario, padre del ricorrente, sia stato visto per strada ed elevare contravvenzioni,
in quanto, al contrario, la squadra della quale faceva parte si occupava soltanto dei
controlli degli ambulanti. I giudici di merito non precisano da quali elementi avrebbero
dedotto la presenza, in strada, del padre del ricorrente. Da ciò deriva che la presunta
disponibilità di quest’ultimo a “elevare la multa” colta dal contenuto di una
conversazione con il figlio, troverebbe spiegazione nella volontà di scrollarsi la pressione
di persone che erano state multate, restando insuperabile il dato secondo cui le funzioni
svolte dal tenente Totaro richiedevano la presenza in caserma e la possibilità di uscire
solo in gravi e documentati casi, non ricorrenti nella fattispecie in esame.
9. Il motivo è inammissibile perché ripetitivo della doglianza proposta in sede di appello e
non si confronta con la puntuale motivazione del giudice di secondo grado il quale ha
correttamente evidenziato che dagli atti del processo emerge documentalmente che
Totaro, il giorno 29 marzo 2008, era comandato di servizio di polizia commerciale
amministrativa su strada, mentre dalle ore 21 il suo turno prevedeva il servizio in
caserma. Come evidenziato dai giudici di merito non vi sono dubbi sulla presenza
dell’imputato per strada e la riferibilità allo stesso della redazione della contestazione
elevata, come emerge dal contenuto della conversazione telefonica con il figlio Dante
delle ore 21.15, in cui questi riferisce di avere visto il padre poco prima, mentre elevava
la contestazione e dalle dichiarazioni rese dall’imputato nel descrivere l’autovettura
sanzionata e la circostanza di avere lasciato un bigliettino sul parabrezza.
10.Con il terzo motivo il difensore deduce la violazione dell’articolo 192 del codice di rito
riguardo all’interpretazione degli elementi raccolti in dibattimento, evidenziando un
travisamento delle prove testimoniali, con particolare riferimento al contenuto delle
dichiarazioni rese dai testi Palmieri e Montrano i quali, contrariamente a quanto ritenuto

del rito, ma unicamente in funzione del diritto di libertà dell’imputato.

dai giudici di merito, non avrebbero mai riferito che il tenente Totaro si trovava per
strada ad elevare contravvenzioni.
11.11 motivo è infondato poiché, come rilevato dalla Corte territoriale con motivazione
immune da vizi logici e giuridici, i testi si sono limitati a riferire della presenza
dell’imputato in caserma dopo le ore 21.
12.Con il quarto motivo deduce la violazione degli articoli 544 e 546 del codice di rito

intercettata, tra il ricorrente ed il padre, non pare suscettibile dell’interpretazione
accolta dai giudici di merito. D’altra parte, anche nell’ipotesi in cui la consegna
dell’avviso di cortesia fosse stata effettuata a cura del ricorrente, nelle mani del padre,
non sarebbe possibile da ciò solo trarre la conseguenza che il ricorrente fosse a
conoscenza delle illecite operazioni di soppressione del verbale, poste in essere dal
padre. Infatti, l’istigazione richiede -comunque- l’allegazione di elementi di fatto dai
quali ricavare l’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa e preparatoria
del reato, con indicazione specifica delle modalità attraverso i quali la condotta si
sarebbe manifestata. Inoltre, al giudice del merito è richiesto un obbligo di motivazione
sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase preparatoria del reato,
con la precisazione delle modalità con le quali tale attività si sia espletata.
13.11 motivo è infondato. La Corte territoriale ha fornito una motivazione compiuta e logica
degli elementi univocamente dimostrativi della penale responsabilità dell’imputato in
ordine al delitto a lui contestato, evidenziando che l’imputato ha manifestato una chiara
e specifica richiesta di provvedere, cui seguiva la disponibilità del padre, che si
rammaricava di essere stato, proprio lui i l’autore del fatto pregiudizievole per la persona
segnalata dall’imputato.
14.Alla pronuncia di rigetto consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6/05/2015

riguardo all’onere di motivazione rigorosa, in quanto il contenuto dell’unica telefonata

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