Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46443 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46443 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POLISCIANO RAFFAELE N. IL 20/04/1974
avverso la sentenza n. 3126/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
18/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERO SAVANI
Udito il Procuratore Generale in persona
che ha concluso per

Data Udienza: 23/10/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza emessa in
data 17 marzo 2009 dal Tribunale di Monza, Sezione distaccata di Desio, appellata da POLISCIANO Raffaele, dichiarato responsabile dei delitti di lesioni aggravate e danneggiamento,
commessi il 4 febbraio 2007.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo, con un primo motivo, vizio di motivazione sulla responsabilità, affermata sulla base di inattendibili dichiarazioni della p.1., non potuta escutere a dibattimento per la sua irreperibilità, e senza considerare le deposizioni favorevoli dei
testi presenti al fatto.
Con un secondo motivo deduce violazione del diritto di difesa in quanto, non essendo potuto
comparire all’udienza di primo grado in cui si sarebbe dovuto sottoporre all’esame, a causa di un
ricovero ospedaliero che non aveva consentito di chiedere rinvio, ed avendo chiesto alla Corte di
Appello di esser sottoposto ad esame in quella sede, aveva visto respinta la sua istanza con violazione del proprio diritto all’autodifesa.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto tendente a sottoporre al giudizio di
legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal
Tribunale che dalla Corte di Appello.
Nel caso in esame, difatti, le pronunce dei giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato
che la prova del fatto ascritto all’imputato riposava innanzitutto nella testimonianza della persona offesa, le cui dichiarazioni sono state valutate anche in raffronto con quelle dei testimoni, esaminate queste ultime con riferimento anche ai plurimi spunti di contraddizione evidenziati dal
primo giudice. La Corte di merito ha rilevato che, anche seguendo la ricostruzione ricavabile dai
contributi dei testimoni a difesa, l’incontrovertibile riscontro oggettivo delle lesioni riscontrate
sulla p.l. e dei danni oggettivamente presenti sul veicolo rendeva credibile la versione della persona offesa, quanto meno sulla causa, riferibile ad azione del prevenuto, dei danni riportati al suo
viso ed al veicolo, piuttosto che ad altre affermate ricostruzioni alternative (riproposte inammissibilmente in questa sede) circa un’ autolesione in un momento in cui gli astanti avrebbero cercato di disarmarlo da una spranga di ferro che si sostiene avesse impugnato, soluzione che lascia
peraltro senza spiegazione il riscontrato danneggiamento al veicolo.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
Sotto il profilo processuale la Corte di merito, di fronte alla definizione del processo di primo
grado senza che l’impedimento fosse stato evidenziato come motivo di rinvio, ha dovuto valutare
la decisività della richiesta di esame, escludendola in relazione ai già acquisiti contributi processuali difensivi, con motivazione che, in quanto del tutto logica, si sottrae alle critiche del ricorrente.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013.

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