Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46442 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46442 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI CRISTINZI TIZIANO N. IL 18/02/1959
avverso la sentenza n. 361/2008 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 04/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in Repona del Dott. (4. (›il
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che ha concluso per 711 ,-Ls- JA-0

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Udito per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 17/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1.Tiziano DI CRISTINZI è stato ritenuto colpevole dei reati di sequestro di persona (capo A) e
violenza a P.U. (capo B) in danno del carabiniere Gaetano Pio, con sentenza 4.12.2012 della
Corte d’Appello di Campobasso che ha confermato quella emessa in data 7.10.2008 dal
Tribunale di Isernia.
1.1Era avvenuto che il carabiniere, recatosi in ora notturna presso il bar dell’imputato per

dell’apertura del locale oltre l’orario consentito redigendo il relativo verbale. Di Cristinzi aveva
azionato mediante telecomando la chiusura della saracinesca del bar restando all’interno dello
stesso con il P.U. per costringerlo a strappare il verbale già elevato. Poi la saracinesca era
stata aperta dall’esterno mediante telecomando azionato dalla moglie del prevenuto, a seguito
di una telefonata da parte di quest’ultimo nella quale era intervenuto il carabiniere Pio.
2.11 ricorso proposto dal difensore è articolato in sei motivi.
3.Primo: erronea applicazione dell’art. 336 cod. pen. in quanto la minaccia o violenza che
caratterizzano tale reato devono essere tali da incidere sull’autodeterminazione del P.U., il che
nella specie non era avvenuto visto che l’attività del carabiniere – peraltro armato- si era
svolta senza impedimenti essendo stata la contravvenzione elevata e il verbale sottoscritto dal
prevenuto. Inoltre il comportamento minaccioso di questi era intervenuto durante l’atto del
P.U., mentre, secondo l’art. 336 cod. pen., la violenza o minaccia devono precederlo.
4.Secondo motivo: vizio di motivazione, anche per ‘travisamento dei fatti’, sotto il profilo
dell’elemento oggettivo dei reati, non essendo state chiarite le ragioni per le quali era stato
ritenuto credibile il carabiniere persona offesa (il quale aveva dichiarato che, mentre si
accingeva a redigere il verbale, l’imputato aveva azionato un telecomando, la saracinesca del
bar si era automaticamente chiusa e il Di Cristinzi lo aveva invitato a strappare il verbale
altrimenti le cose si sarebbero messe male) e non la moglie dell’imputato (la quale aveva
riferito di essere intervenuta a seguito di telefonata del marito per azionare dall’esterno un
telecomando idoneo al sollevamento della saracinesca) e i motivi per i quali la condotta del
prevenuto era stata ritenuta intimidatrice, non emergendo ciò neppure dalla testimonianza
della p.o..
5.Terzo motivo: mancanza dell’elemento psicologico del sequestro di persona in quanto
l’assunto per il quale la chiusura della saracinesca sarebbe stata determinata da una volontaria
decisione dell’imputato era smentito dal fatto che egli stesso ne aveva dopo pochi minuti
determinato l’apertura tramite la moglie.
6.Quarto: mancanza di nesso causale tra condotta ed evento per impossibilità di apertura
dall’interno della saracinesca.
7.Quinto: mancanza dell’evento privazione della libertà in quanto il carabiniere, essendo
armato, avrebbe potuto costringere Di Cristinzi a consegnargli il telecomando.

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contestargli il volume troppo alto della musica, aveva accertato la violazione amministrativa

8.Sesto motivo: erronea applicazione e vizio di motivazione in ordine all’art. 336 cod. pen. per
essere la condotta dell’imputato successiva al compimento dell’atto del P.U..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso merita nel complesso rigetto.
2. Sono infondate la prima e la sesta doglianza relative ad erronea applicazione dell’art.

sarebbe successiva al compimento dell’atto del P.U., mentre il reato è integrato da una
condotta antecedente a tale compimento. Così argomentando il ricorrente mostra di
confondere tra l’atto del P.U. rappresentato dalla elevazione della contravvenzione,
compiuto dal carabiniere Pio mediante la redazione del relativo verbale, e quello,
contrario ai doveri d’ufficio, cui si riferisce il capo B d’imputazione, al quale il Di Cristinzi
voleva indurlo con violenza e minaccia poste in essere prima dell’atto stesso, costituito
dall’annullamento della contravvenzione attraverso la soppressione del verbale.
3. Sono del pari infondati il secondo, quarto e quinto motivo che investono la sussistenza
dell’elemento oggettivo del sequestro di persona e del nesso causale relativo a tale
reato.
4. I giudici di merito, contrariamente all’assunto del ricorrente, hanno evidenziato che la
versione del carabiniere (il quale aveva dichiarato che, mentre si accingeva a redigere il
verbale, l’imputato aveva azionato un telecomando, la saracinesca del bar si era
automaticamente chiusa e il Di Cristinzi lo aveva invitato a strappare il verbale
altrimenti le cose si sarebbero messe male) era credibile essendosi accertato che il
telecomando tenuto all’interno del locale consentiva soltanto la chiusura della
saracinesca (con conseguente impossibilità per il carabiniere, benché armato, di
sottrarsi alla privazione della libertà), onde l’azionamento dello stesso da parte del Di
Cristinzi -che invano ha cercato di negarlo ipotizzando una chiusura automatica,
smentita dalla testimonianza del carabiniere che lo aveva visto puntare il telecomando
verso la saracinesca, il che conferma il nesso causale tra condotta dell’imputato e
privazione della libertà del Pio, contestato con il quarto motivo- aveva il chiaro fine di
consentirgli di restare solo nell’esercizio con il PU, il quale aveva appena redatto un
verbale di contravvenzione a suo carico che egli aveva tutto l’interesse a far annullare.
5. Le dichiarazioni della moglie dell’imputato (la quale aveva riferito di aver azionato
dall’esterno, a seguito di una telefonata di questi, un telecomando idoneo al
sollevamento della saracinesca) sono state poi valutate non già non credibili, ma
piuttosto inidonee a privare di rilevanza penale il comportamento dell’imputato, dal
momento che l’intervento della donna costituiva un post factum, per di più determinato
dall’intromissione del car. Pio, che l’aveva invitata ad aprire la saracinesca, nella
telefonata fattale dal marito.

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336 cod. pen. e a vizio di motivazione sull’assunto che la condotta dell’imputato

6. E’ poi palesemente privo di fondatezza l’assunto del ricorrente secondo il quale non
sarebbero stati indicati i motivi per i quali la sua condotta era qualificabile come
intimidatrice, emergendo la portata minacciosa del suo contegno e delle sue parole
dalla testimonianza della p.o. Pio, valorizzata dai giudici di merito, che aveva ricordato
come Di Cristinzi, rimasto a tu per tu con lui nel locale di cui aveva appena
opportunamente chiuso la saracinesca, gli aveva prospettato che, se non avesse
stracciato il verbale, ‘le cose si sarebbero messe male’.

dell’elemento psicologico del sequestro di persona per essere la volontarietà della
chiusura della saracinesca contraddetta dal fatto che l’imputato stesso ne aveva dopo
pochi minuti determinato l’apertura tramite la moglie. Invero la corte territoriale ha
superato tale argomento osservando che la volontarietà del gesto era confermata
dall’esistenza del telecomando funzionante e dalle significative parole pronunciate dal Di
Cristinzi -riferite dalla p.o.- ‘adesso siamo soli.., se non strappi quello che hai scritto, di
qua non esci e finisce male…’.
8. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P. Q.

M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 17-10-2013

Il Presidente

7. Quanto sopra evidenzia pure l’infondatezza del terzo motivo che prospetta difetto

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