Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46440 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46440 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASATI AMBROGIO N. IL 21/07/1953
avverso la sentenza n. 6293/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
01/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
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Udito il Procuratore Generale in pers a del Dott.
che ha concluso per
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Udito, r la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv..

A h RE 1-1– ( f`-S- i

Data Udienza: 17/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1.Ambrogio CASATI è stato ritenuto responsabile con sentenza della Corte d’Appello di Milano
del 1-12-2011, quale amministratore di fatto della società Lombarda Tre C, dichiarata fallita il
1-4-2004, dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, in parziale riforma
di quella del Tribunale di Monza in data 5-11-2008 (in quanto era dichiarata la prescrizione del
reato di bancarotta semplice di cui al capo e).

motivazione in punto di riconoscimento del ruolo di amministratore di fatto sotto vari profili.
3.Premesso che la corte milanese aveva motivato per relationem alla decisione di primo grado
limitandosi ad osservare che le relative argomentazioni non erano superate da quelle addotte
dalla difesa a fronte delle numerose testimonianze circa il ruolo dell’imputato e della firma da
parte sua di alcuni documenti di rilievo per la vita della società, il ricorrente si doleva in primo
luogo del mancato esame di alcuni contributi dichiarativi a lui favorevoli e della scorretta
interpretazione di quelli ritenuti a carico.
4. In secondo luogo sosteneva che il contenuto di due documenti valorizzati ai fini della
condanna non fosse stato correttamente valutato, posto che la firma del contratto di appalto
con Ma.gi.ca . rientrava nelle sue funzioni quale procuratore per l’attività commerciale della
Lombarda Tre C., mentre la transazione con la predetta Ma.gi.ca . non risultava sottoscritta da
lui.
5. Sotto un ulteriore profilo si evidenziava che nessuna delle due sentenze aveva proceduto al
confronto tra le testimonianze a favore e quelle contro l’imputato nonostante la relativa
censura fosse stata sollevata con i motivi di appello.
6.Si chiedeva quindi l’annullamento senza o con rinvio della sentenza impugnata, in subordine
la riduzione al minimo della pena.
7.In data 27-9-2013 la difesa Casati ha presentato motivi nuovi che consistono
nell’approfondimento di quelli già proposti e nel completamento degli allegati al ricorso (stralci
delle testimonianze Callegari, Ripamonti e Parolini).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato e va disatteso.
2.Invero la sentenza di primo grado, il cui apparato argomentativo, come sempre in caso di
c.d. doppia conforme, integra sinergicamente la motivazione della pronuncia di secondo grado,
costituendo con essa un tutto unico, ha valorizzato, a sostegno dell’attribuzione della qualifica
di amministratore di fatto al Casati, da un lato le circostanze che la Lombarda Tre C fosse
l’impresa della famiglia Casati e che legale rappresentante ne fosse la moglie dell’imputato (tra
l’altro recatasi agli incontri con il curatore fallimentare sempre in compagnia del marito, il
quale si era mostrato a piena conoscenza degli aspetti gestionali della società, rispondendo con

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2.11 ricorso proposto dall’imputato tramite il difensore avv. O. Giambellini prospetta il vizio di

competenza ed in prima persona alle domande del curatore), dall’altro plurime testimonianze
concordanti circa il ruolo del prevenuto (quelle di Michele Fabbro, Pietro Merra, Maurizio
Carastro, Aurelio Marco Foglia e Luigi Tessaro).
3.Contrariamente all’assunto del ricorrente, non ha poi mancato di sottoporre a disamina e ad
attenta valutazione il contenuto degli apporti testimoniali di Gianfranco Parolini e Antonella
Ripamonti, concludendo motivatamente, quanto al primo, che l’interpretazione complessiva di
esso, favorevole alla prospettazione accusatoria, dava conto della falsità e reticenza della

in cui il Parolini, amico d’infanzia del Casati, aveva tentato maldestramente di sostenere di
aver ricevuto le direttive soltanto dal direttore della produzione, valorizzando, quanto alle
dichiarazioni della Ripamonti, la parte in cui la dipendente individuava le funzioni del Casati
nella tenuta dei rapporti con i clienti e nel controllo delle lavorazioni dello stabilimento,
ponendolo quindi al vertice dei settori operativi ed economici della società. Per contro la
testimonianza di Antonio Callegari, del pari allegata per stralcio ai motivi nuovi, non porta
acqua al mulino della difesa essendo relativa ad un’unica fornitura della Lombarda 3C che il
predetto aveva gestito tramite un collaboratore ignorando quindi l’identità dell’interlocutore
che aveva agito per la società fornitrice.
4. Per quanto oggetto di censura sia, formalmente, la motivazione della sentenza impugnata
sotto il profilo della mancanza, illogicità o contraddittorietà, le doglianze si risolvono quindi, in
sostanza, nella critica alla valutazione delle prove compiuta dai giudici di merito prospettandosi
una diversa interpretazione, più favorevole, dei dati processuali e conseguentemente
un’alternativa ricostruzione dei fatti: operazioni non consentite perché nel sistema processuale
vigente la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti compete, in via esclusiva, ai
giudici di merito, mentre a questa sede è riservata la verifica che le predette valutazioni siano
sorrette da una motivazione congrua ed immune da manifeste illogicità.
5. Infondato, alla stregua di quanto sopra, risulta quindi anche l’addebito mosso alle sentenze
di merito di non aver proceduto al confronto tra le testimonianze a favore dell’imputato e
quelle contrarie, essendo state tutte puntualmente vagliate.
6.Nè ha maggior consistenza la censura inerente alla valutazione delle prove documentali
utilizzate per sostenere la conclusione che il Casati operava come dominus della società.
7.Premesso che la sentenza di primo grado ha dato conto del fatto che alcuni assegni relativi
all’attività distrattiva, nonché alcuni effetti cambiari erano stati girati personalmente
dall’imputato per quanto privo di deleghe bancarie o poteri di firma, la tesi secondo la quale la
sottoscrizione da parte del prevenuto del contratto di appalto con Ma.gi.ca . spa rientrasse nelle
sue funzioni di procuratore per l’attività commerciale della Lombarda Tre C., risulta smentita —
oltre che dal rilievo della obiettiva consistenza di quell’accordo (che prevedeva, come da atto
allegato al ricorso, un corrispettivo di oltre 115mila euro)- anche dal fatto, evidenziato nella
sentenza di primo grado, che, in correlazione a tale stipulazione, era stato pure convenuto, con
atto sottoscritto dallo stesso Casati, che questi acquistasse da Ma.gi.ca . un appartamento al

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parte, allegata per stralcio ai motivi nuovi presentati il 27-9-2013 dal difensore dell’imputato,

prezzo di C 51.500, da pagare con la fornitura di merce descritta nel contratto di appalto. Il
che, al di là della mancata realizzazione di tale accordo a causa della sopravvenuta
dichiarazione di fallimento della Lombarda Tre C, è stato con ragione ritenuto significativo della
commistione tra l’attività di quest’ultima e gli interessi personali del Casati che aveva tentato
di utilizzare la società per l’acquisizione di un immobile a lui intestato.
8.La circostanza, poi, che il tema della sottoscrizione da parte dell’imputato della transazione
con la predetta Ma.gi.ca . non sia stato affrontato nelle sentenze di merito (la sentenza di primo

indicato come il ‘legale rappresentante pro tempore’ della Lombarda Tre C), è da attribuire al
fatto che la transazione, allegata al ricorso, appare sottoscritta, nello spazio riservato alla
Lombarda Tre C, con una sigla la cui riferibilità all’imputato risulta avvalorata dall’autentica
delle firme dei contraenti apposta in calce all’atto dall’avv. Fabrizio Consoloni.
9.Inammissibile è, da ultimo, la richiesta subordinata di riduzione al minimo della pena, non
sorretta da alcun argomento né in fatto né in diritto.
10.AI rigetto dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente alle spese.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 17.10.2013

Il consigliere estenso e

Il r idente

grado non ha peraltro mancato di evidenziare che nell’intestazione dell’atto il Casati figurava

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