Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46433 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46433 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dai difensori di:
Lauzzana Federico, nato a Udine, il 7/5/1978;

avverso la sentenza del 6/3/2012 della Corte d’appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Eduardo
Vittorio Scardaccione, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Luigini Martellato, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 15/10/2013

1.Con sentenza del 6 marzo 2012 la Corte d’appello di Trieste confermava la condanna
alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile
di Lauzzana Federico per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale
commessi nella sua qualità di amministratore della CORUM s.p.a. dichiarata fallita il 13
aprile 2005.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo dei propri difensori articolando sette
motivi.

citazione dell’imputato per l’udienza preliminare a seguito dell’omessa notifica al
medesimo dell’avviso ex art. 419 c.p.p., notificato invece al difensore di fiducia ai sensi
dell’art. 161 dello stesso codice in ragione dell’inidoneità dell’elezione di domicilio
effettuata dal Lauzzana presso la propria residenza in territorio straniero. In particolare
il ricorrente lamenta l’invalidità dell’elezione di domicilio in quanto raccolta dalla polizia
giudiziaria senza aver prima avvertito l’imputato – come invece suo diritto – della
necessità di indicare il proprio domicilio in un luogo del territorio italiano. L’originaria
invalidità dell’elezione di domicilio e l’acquisita notizia dell’effettiva residenza all’estero
dell’imputato avrebbero poi determinato la necessità di notificargli l’avviso ex art. 169
c.p.p., invece omesso, il che dunque escluderebbe che nel caso di specie ricorra
un’ipotesi di notifica meramente irregolare, con conseguente insanabilità della relativa
nullità. Non di meno, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, la
notifica presso il difensore di fiducia non poteva ritenersi idonea a determinare la
conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato proprio in ragione del fatto che egli
risiedeva all’estero. Infine alcuna sanatoria della nullità relativa al procedimento di
notifica – pure affermata dai giudici d’appello – si sarebbe verificata a seguito della
successiva richiesta di giudizio abbreviato, atteso che il rilascio al difensore di procura
speciale per i riti alternativi non investirebbe quest’ultimo di poteri di rappresentanza in
tema di ricezione delle notifiche e, conseguentemente, impedirebbe la produzione di
alcun effetto sanante in tal senso all’esercizio del potere delegato.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del principio di immutabilità
del giudice, rilevando come nel corso del giudizio d’appello sia ripetutamente mutata la
composizione del collegio giudicante.
2.3 Con il terzo e quarto motivo si lamentano l’errata applicazione della legge penale
incriminatrice e correlati vizi della motivazione della sentenza impugnata in merito alla
ritenuta sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale. In particolare il
ricorrente si duole della mancata considerazione delle obiezioni sollevate con i motivi
d’appello in merito alla configurabilità dell’elemento soggettivo del reato menzionato
nonostante il difetto della prova della volontà dell’imputato di impedire la ricostruzione
del movimento degli affari della fallita attraverso le irregolarità contabili rilevate. Non di

2.1 Con il primo rinnova l’eccezione, già rigettata dalla Corte territoriale, di nullità della

meno, con riguardo alla contestata registrazione in contabilità di fatture per operazioni
inesistenti evidenzianti crediti della fallita nei confronti di terzi, il ricorrente eccepisce
come tale condotta sarebbe stata erroneamente qualificata ai sensi dell’art. 216 comma
1 n. 2 legge fall., atteso che la stessa era invece finalizzata a far figurare una solidità
patrimoniale dell’impresa funzionale ad ottenere credito presso le banche o al più ad
evadere le imposte, integrando in tal senso eventualmente le fattispecie di false
comunicazioni sociali o di frode fiscale, ma non già quella fallimentare ritenuta in

del fatto che l’insolvenza della società è insorta a distanza di tempo dai fatti contestati
e a seguito delle iniziative pacificamente attribuibili ai soggetti che sono succediti al
Lauzzana nella gestione della fallita.
2.4 Analoghe doglianze vengono sollevate con il quinto motivo di ricorso, ma con
riferimento alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta patrimoniale, rilevandosi in
proposito come i giudici d’appello avrebbero immotivatamente escluso l’imputabilità del
trasferimento della somma contestata al Lauzzana al rimborso in favore del medesimo
delle spese sostenute per svolgere la sua attività per conto della fallita, come altrimenti
documentato in contabilità con riguardo ad annmontari ben maggiori. Non di meno
ancora una volta la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il dolo
del reato, nonostante l’esiguità della somma oggetto della presunta distrazione
proverebbe l’assenza di qualsiasi pericolo per la garanzia patrimoniale dei creditori della
fallita, ma soprattutto della prevedibilità per l’imputato della stessa possibilità di recare
pregiudizio a questi ultimi con la propria condotta.
2.5 Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ulteriori carenze motivazionali in punto di
commisurazione della pena oltre il minimo edittale, mentre con il settimo lamenta
l’ingiustificato mancato riconoscimento del beneficio della non menzione e la
sproporzione nella dosimetria della pena accessoria applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e per certi versi anche inammissibile e deve essere pertanto
rigettato.
1.1 Inammissibile e comunque infondata è in particolare l’eccezione processuale
sollevata con il primo motivo di ricorso. Infatti, va innanzi tutto ribadito che le invocate
disposizioni relative alla notifica all’imputato all’estero stabilite dall’art. 169 c.p.p. non
si applicano nel caso in cui questi, anche quando risulti avere la residenza o la dimora
all’estero, abbia comunque avuto notizia del procedimento penale instaurato nei suoi
confronti ed abbia dichiarato od eletto domicilio e che, ove tale dichiarazione od
elezione di domicilio risulti inidonea, la notifica deve essere effettuata mediante
consegna al difensore a norma dell’art. 161, comma 4 del c.p.p. E proprio in

sentenza, di cui ancora una volta difetterebbe comunque il dolo tipico, anche alla luce

applicazione di tale principio questa Corte, rilevando la inidoneità della elezione di
domicilio in località estera effettuata dall’imputato, ha avuto modo di ritenere la
legittimità della notifica del decreto di citazione presso il difensore (Sez. 4, n. 23716
del 15 gennaio 2001, PM in proc. Sisovic ed altro, Rv. 218902).
1.2 Quanto alla presunta originaria invalidità delle dichiarazione di domicilio effettuata
dal Lauzzana, è appena il caso di evidenziare come alcuna disposizione – e men che
meno l’art. 161 c.p.p. – impongono alla polizia giudiziaria che raccolga la dichiarazione

necessità che il domicilio indicato si trovi nel medesimo territorio. Ma anche volendo
sostenere che tale obbligo sia insito nel sistema e non appartenga esclusivamente alla
disciplina dell’art. 169 c.p.p., deve evidenziarsi come il ricorso si riveli comunque
irrimediabilmente generico, non avendo saputo indicare con la necessaria precisione (al
limite allegandolo al ricorso medesimo) gli estremi dell’atto in cui si sarebbe registrata
la lamentata omissione ed impedendo così qualsiasi verifica della circostanza dedotta, a
maggior ragione trattandosi di un verbale redatto nel corso delle indagini preliminari il
cui corredo documentale non transita, di regola, nel fascicolo dibattimentale trasmesso
al giudice di legittimità per il relativo giudizio. Deve infatti ricordarsi come l’onere di
provare il fatto processuale, dal quale dipenda l’accoglimento dell’eccezione
procedurale, gravi sulla parte che ha sollevato l’eccezione stessa (Sez. 5, n. 1915/11
del 18 novembre 2010, Durantini e altri, Rv. 249048; Sez. 5, n. 600/09 del 17
dicembre 2008, Cavallaro, Rv. 242551).
1.3 Non di meno va osservato come, anche qualora si accantonassero i pur dirimenti
profili affrontati in precedenza, la nullità eccepita dal ricorrente comunque andrebbe
annoverata tra quelle generali a regime intermedio e non tra quelle assolute e la sua
deduzione risulterebbe dunque intempestiva ai sensi degli artt. 180 e ss. c.p.p. Infatti,
come pure ricordato dalla Corte territoriale, la nullità assoluta e insanabile prevista
dall’art. 179 c.p.p. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione
all’imputato sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da
quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da
parte dell’imputato medesimo; la medesima nullità non ricorre invece nei casi in cui vi
sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione (Sez.
Un., n. 119/05 del 27 ottobre 2004, Palumbo, Rv. 229539). Nel caso di specie il
ricorrente lamenta sostanzialmente, al di là delle sue assertive affermazioni sulla
natura assoluta della nullità eccepita, che la notifica dell’avviso di fissazione
dell’udienza preliminare, pur effettuata presso il difensore di fiducia, sia stata eseguita
con modalità difformi da quelle prescritte. Quanto poi alla presunta inidoneità della
notifica al difensore di fiducia a garantire all’imputato la conoscenza dell’atto oggetto
della stessa, deve osservarsi come la doglianza sia del tutto generica, giacchè il fatto
che l’imputato risiedesse all’estero – peraltro in un paese confinante con l’Italia – non è

in tal senso effettuata nel territorio italiano di avvisare previamente l’imputato della

di per sé ragione sufficiente per sostenere l’impossibilità – e non solo la maggiore
difficoltà – per il difensore di mantenere un contatto con il proprio assistito funzionale
alla veicolazione a quest’ultimo del contenuto degli atti notificati a suo nome al primo.
Non di meno va ribadito che è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il
ricorso per cassazione con cui si deduca la nullità della notifica di un atto in quanto
effettuata presso il difensore di fiducia, pur in maniera irregolare, ove il ricorrente non
indichi il concreto pregiudizio derivato dalla mancata conoscenza dell’atto stesso e dal

Fanciullo Giuseppe, Rv. 255629). Ed in proposito è appena il caso di osservare come il
Lauzzana sia stato assistito da un difensore di fiducia in ogni stato e grado del giudizio
ed abbia compiutamente esercitato il proprio diritto ai riti alternativi essendo stato
giudicato su sua richiesta nelle forme del rito abbreviato.
1.4 Infine proprio la presentazione della richiesta di abbreviato da parte del difensore
dell’imputato munito di procura speciale rilasciata da quest’ultimo, mette in luce una
ulteriore ragione della manifesta infondatezza dell’eccezione del Lauzzana. Questa
Corte ha infatti ripetutamente precisato come nel giudizio abbreviato siano rilevabili e
deducibili solo le nullità di carattere assoluto, rimanendo quelle a c.d. regime
intermedio e quelle relative neutralizzate dalla scelta negoziale di tipo abdicativo
effettuata dall’imputato

(ex multis Sez. 5, n. 46406 del 6 giugno 2012, Paludi e altro,

Rv. 254081).
2. Anche l’ulteriore eccezione di natura processuale sollevata dal ricorrente con il
secondo motivo deve ritenersi manifestamente infondata. Non risulta, infatti, per come
emerge dallo stesso ricorso, che la Corte territoriale, nella composizione diversa da
quella con cui è stata assunta la decisione finale, abbia adottato provvedimenti o svolto
attività in grado di interferire con il principio di immutabilità, essendosi limitata a
compiere quegli atti ordinatori mirati all’ordinato svolgimento del processo e privi di
valenza nel giudizio, quali la sospensione o il rinvio del dibattimento. Deve infatti
ribadirsi che il principio di immutabilità, funzionale al rispetto dei principi di oralità ed
immediatezza, esige soltanto che a decidere sia lo stesso giudice che ha presieduto
all’istruttoria (Sez. 6, n. 18615 del 16 aprile 2013, Poloni, Rv. 254843; Sez. 5, n.
1842/99 del 25 novembre 1998, Pagani A, Rv. 212353).
3. Infondate al limite dell’inammissibilità sono le doglianze avanzate con il terzo ed il
quarto motivo di ricorso, in quanto il giudice d’appello ha motivato in maniera
esauriente sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta
fraudolenta documentale, attenendosi in proposito ai consolidati principi fissati da
questa Corte in merito alla sua configurabilità. In particolare la sentenza si è premurata
di confutare la rilevanza delle circostanze addotte in senso contrario dalla difesa con i

non avvenuto esercizio del diritto di difesa (Sez. 6, n. 28971 del 21 maggio 2013,

motivi d’appello, la quale invece in maniera assertiva il ricorrente si è limitato a
ribadire, senza nemmeno svolgere il necessario confronto con le argomentazioni svolte
dai giudici d’appello.
In punto di diritto, invece, le doglianze del ricorrente, per un verso, cercano di
espandere la base intenzionale del dolo previsto dall’ultima parte dell’art. 216 comma 1
n. 2 legge fall. fino a farne un dolo di “scopo” e cioè, in definitiva, proprio quel dolo
specifico che questa Corte, con orientamento dal quale non vi è motivo di discostarsi,

condotta di irregolare tenuta delle scritture contabili (ex multis Sez. 5, n. 21872 del 25
marzo 2010, Laudiero, Rv. 247444); per l’altro verso si risolvono nell’affermazione per
cui l’annotazione di fatture attive per operazioni inesistenti non potrebbe ritenersi
sintomatica del dolo proprio della bancarotta documentale, in quanto non rivelerebbe
l’intenzione di frodare i creditori. Premesso che, per la parte in cui la censura nasconde
una lamentela sulla valutazione della prova della sussistenza del dolo del reato in
concreto operata dal giudice d’appello, la stessa si risolve nella inammissibile
proposizione di una questione di merito, deve escludersi che il principio invocato dal
ricorrente possa essere affermato, non essendo corretta la premessa su cui si fonda – e
cioè che l’unico scopo possibile della annotazione di fatture attive false sia quella di
accedere a nuova finanza – mentre l’eventuale confusione contabile che consegue alla
condotta descritta è in astratto idonea a determinare la relativa impossibilità di
ricostruire il volume di affari del fallito e, pertanto, la mera consapevolezza che tale
evento possa prodursi è sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo del reato,
dovendosi ribadire che il fine di recare pregiudizio ai creditori rimane estraneo al dolo
tipico della specifica ipotesi di bancarotta documentale contestata.
4. Infondate sono altresì le doglianza relative al difetto di motivazione sull’esiguità della
somma oggetto di distrazione, atteso che la lesione dell’interesse della massa creditoria
viene consumata anche attraverso la diminuzione in maniera non consistente della
garanzia patrimoniale e sul punto dunque la Corte territoriale non aveva necessità di
intrattenersi. Diversa è ovviamente la questione della sussistenza dell’elemento
soggettivo tipico della bancarotta fraudolenta anche in presenza di sottrazioni di entità
ridotta. Ma anche su questo punto la sentenza impugnata non appare censurabile,
atteso che i giudici d’appello hanno contestualizzato il fatto nell’ambito della registrata
sussistenza di plurime omissioni contabili sintomatiche di un approccio gestionale, che
in maniera non manifestamente illogica hanno portato la Corte territoriale a ritenere la
non rilevanza dell’ammontare contenuto della somma oggetto di distrazione. Ed in
proposito il ricorrente si è ben guardato dal confutare la linea argomentativa assunta
dai giudici giuliani, preferendo invece ribadire l’asserita decisività – nel senso
dell’inconfigurabilità del reato – di circostanze che gli stessi giudici hanno invece

ha sempre escluso venga richiesto dalla norma incriminatrice in riferimento alla

ritenuto frutto di mera allegazione. Ma anche sul punto il ricorso risulta carente della
dovuta specificità, giacchè il ricorrente fallisce ancora una volta nella dimostrazione
dell’effettiva riconducibilità dell’assegno oggetto di distrazione al rimborso delle spese
sostenute dall’amministratore, atteso che l’esistenza di precedenti versamenti in favore
dell’imputato con tale causale non impone di concludere, sotto il profilo logico, che
anche la somma distratta fosse invece dovuta a tale titolo, tanto più che proprio il suo
incasso non veniva annotato in contabilità.

commisurazione della pena e di diniego del beneficio ex art. 175 c.p.p., atteso che le
stesse non appaiono specificamente correlate all’effettiva motivazione fornita dai giudici
d’appello su tali punti a sostegno del rigetto delle analoghe censure mosse con i motivi
d’appello.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15/10/2013

5. Inammissibili sono infine le residue lamentele avanzate dal ricorrente in tema di

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