Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46422 del 25/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46422 Anno 2013
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BESANA MARIO N. IL 04/08/1948
MORONI ETTORE N. IL 02/10/1957
avverso la sentenza n. 4775/2002 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/04/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
Procuratore Gener

Data Udienza: 25/09/2013

udito il PG in persona del sost.proc. gen. dott. G. Izzo che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO

2. Ricorrono per cassazione i difensori entrambi gli imputati.
3. Il difensore di Besana deduce violazione di legge e carenze dell’apparato
motivazionale in quanto risultano violati gli articoli 195 e 192 cpp; il primo, perché sono state
utilizzate le dichiarazioni del curatore che ha riferito di avere appreso quanto detto dallo stesso
Besana (che avrebbe ammesso di essere stato amministratore di fatto); quest’ultimo, tuttavia,
non è stato ascoltato. Lo stesso vale per le dichiarazioni che il curatore ha affermato avere
ricevuto dal Moroni.
L’ad 192 è stato violato perché non sussistono riscontri individualizzanti a quella che va
qualificata come una chiamata in correità indiretta. Peraltro, le stesse dichiarazioni che il
Besana avrebbe fatto al curatore non appaiono tali da fondare la sua responsabilità, atteso che
neanche è stato chiarito il luogo dove l’imputato avrebbe operato, né il numero dei dipendenti
impiegati. Alle domande del presidente, il curatore si è limitato a ribadire genericamente che
Moroni avrebbe indicato Besana come gestore di fatto. Secondo la corte, poi, una fattura
emessa nel 1991, quando socio accomandatario era proprio Moroni, costituirebbe riscontro alle
dichiarazioni del curatore; si tratta evidentemente di una incongruenza logica.
La sussistenza del reato in questione viene comunque ritenuta -dai giudici del merito- sulla
base di una semplice congettura, priva di riscontri oggettivi. La corte afferma che, poiché dalla
contabilità emergerebbe che la sas avrebbe sempre venduto merce sottocosto, ciò sta provare
la falsità stessa delle annotazioni contabili. Si tratta, come premesso, di una apodittica
affermazione, in quanto l’eventuale vendita sotto costo integrerebbe altro reato, ma non certo
quello di bancarotta documentale fraudolenta.
4. Il difensore del Moroni deduce, a sua volta, violazione di legge e carenze
dell’apparato motivazionale, sostenendo che la corte milanese ha fatto ricorso aduna
motivazione illogica e apodittica, ritenendo arbitrariamente inverosimile che la società avesse
venduto per tre anni sottocosto la merce di sua competenza, come risultava dalla contabilità.
Tale affermazione non è suffragata da dati di fatto attestanti la falsità di una o più
registrazioni.
Con l’appello poi si era dedotta la insussistenza dell’elemento psicologico. Al proposito, il
giudice del secondo grado si è limitato a elencare una serie di pronunce della corte di
cassazione, in base alle quali, per la sussistenza del reato contestato, è sufficiente il dolo
generico. Orbene, con l’atto d’impugnazione, si era negato proprio che il Moroni fosse
consapevole che le annotazioni pretesamente non veritiere avrebbero danneggiato i creditori.
Infine si deduce la illogicità della motivazione in punto di mancata concessione delle attenuanti
generiche, richieste -addirittura- anche dal pubblico ministero in udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati e meritano rigetto. Ciascun ricorrente va condannato alle
spese del grado.
2. La giurisprudenza di questa sezione ha chiarito e ribadito (es. ASN 200836593-RV
242020) che le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui
all’ad. 63, comma secondo, cpp, che prevede l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all’AG o
alla pg da chi, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere sentito in qualità d’imputato. Invero, il

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte d’appello di Milano ha confermato la
pronuncia di primo grado con la quale Besana Mario e Moroni Ettore furono condannati a
pena di giustizia in quanto ritenuti responsabili di bancarotta fraudolenta documentale in
relazione al fallimento della sas MB, dichiarato con sentenza del 2 novembre 1993. Moroni
risultò essere stato socio accomandatario dal 1991 alla data del fallimento. Precedentemente
accomandatario era stata la moglie del Besana. Quest’ultimo è stato individuato come
amministratore di fatto.

3. Tanto premesso, poiché, come si legge in sentenza, Besana ammise al curatore di
essere stato l’amministratore di fatto della sas, poiché Moroni indicò, sempre al curatore,
Besana come reale dominus della società, è da notare che le due dichiarazioni, veicolate nel
processo, appunto, dal curatore, si incrociano e si riscontrano reciprocamente. Besana dunque
è chiamato a rispondere come colui che di fatto ha compiuto l’azione tipica del reato
addebitato; Moroni, quale amministratore di diritto per non aver impedito l’evento.
4. Quanto alla sussistenza del delitto contestato, non è illogica la motivazione esibita
dalla corte d’appello, che parte da un dato di fatto non contestato dalle difese (né giustificato,
a quanto è dato comprendere, dagli imputati in dibattimento), vale dire che, nel corso di ben
tre anni, tutta la merce risulta essere stata venduta sottocosto. Trattasi indubbiamente di una
condotta incompatibile con la logica d’impresa e, come si è anticipato, non giustificata da
alcuno in alcun modo. Detta condotta ben può essere assunta come dato sintomatico in
relazione al sussistenza del reato contestato. Invero, poiché non è concepibile che, senza una
valida ragione, un’impresa commerciale operi in perdita, i giudici di merito hanno ritenuto,
certo non illogicamente, che le annotazioni contabili non siano state veritiere. Riscontro a tale
ipotesi ricostruttiva la corte lombarda (e, prima di essa, il competente tribunale) ha individuato
nella sicura falsità di una fattura di vendita di un’autovettura di pertinenza della sas.
5. Quanto all’elemento psicologico, esso, evidentemente, viene dedotto dalle stessq
modalità dei fatti. Invero una condotta così protratta nel tempo, secondo l’implicito assunto«
giudice di merito, non può che essere finalizzata a un preciso scopo e, trattandosi di condotta
che obiettivamente danneggia i creditori, i giudici del merito hanno ritenuto che gli imputati
non potessero esserne inconsapevoli.
6. Per quel che riguarda il trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata, nell’ultima
pagina, chiarisce per qual motivo non siano state riconosciute le attenuanti generiche, facendo
riferimento ai numerosi precedenti penali di entrambi gli imputati.
PQM
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese procedimento.
Così deciso in Roma in data 25 settembre 2013.

curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non può neanche farsi rientrare nella
previsione di cui all’art. 220 delle norme di coordinamento cpp, che concerne le attività
ispettive e di vigilanza.
2.1. Trattasi in ogni caso di dichiarazioni rese prima del procedimento penale (e prima
del suo instaurarsi) e, sul punto, si è ritenuto (ASN 201102231-RV 249198) che il divieto
invocato dai ricorrenti non viga neanche per le dichiarazioni che il (futuro) imputato abbia reso
a un appartenete alla polizia giudiziaria, il quale, dunque, potrà, sul punto, riferire in
dibattimento.
Le dichiarazioni ammissive di responsabilità rese da Besana al curatore, pertanto erano
perfettamente utilizzabili.
2.2. Altrettanto utilizzabili erano le dichiarazioni eteroaccusatorie rese al medesimo
curatore dal Moroni posto che è certamente utilizzabile, quale prova a carico dell’imputato, la
testimonianza indiretta del curatore fallimentare sulle dichiarazioni accusatorie a lui rese da un
coimputato non comparso al dibattimento, e trasfuse dallo stesso curatore nella relazione
redatta ai sensi dell’art. 33 della legge fallimentare (ASN 201115218-RV 249959).
Né sussisteva per il giudice l’obbligo di chiamare a deporre la “fonte diretta” in quanto la
disciplina prevista in tema di testimonianza indiretta dall’art. 195 cpp non può trovare
applicazione quando la fonte di riferimento sia costituita da un soggetto che rivesta la qualità
di imputato (ASN 200949517-RV 245658).

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