Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46418 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46418 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Brasini Roberto, nato a Roma V11/07/1965

avverso la sentenza emessa il 20/10/2011 dalla Corte di appello di Roma

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Alfredo Montagna, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per l’imputato ricorrente l’Avv. Massimo Proietti Lupi, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata,
in subordine la declaratoria di intervenuta prescrizione del reato

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 21/03/2013

Il difensore di Roberto Brasini ricorre avverso la sentenza indicata in
epigrafe, recante la conferma della condanna dello stesso imputato alla pena di
mesi 6 di reclusione, pronunciata il 19/03/2010 dal Tribunale di Civitavecchia.
I fatti riguardano addebiti di lesioni personali, ingiuria e minaccia, in ipotesi
commessi dal Brasini in danno di Laura Burzotta: la donna, che prestava attività
lavorativa presso un bar, aveva rappresentato di essere stata aggredita
dall’imputato dopo che costui, allontanatosi dal locale assieme al figlio minore,
protestando per non aver trovato un certo tipo di gelato che era interessato ad

male parole e colpita al volto. Gli assunti della Burzotta, secondo i giudici di
merito, trovavano riscontro in certificazioni mediche attestanti lesioni alla
regione orbitaria ed alle ossa nasali, constatate nell’immediatezza: al contrario, il
Brasini aveva sostenuto di essere stato a sua volta aggredito da persone presenti
nel bar, ma ciò risultava da un referto di due giorni più tardi, che documentava
solo un ematoma alla tibia (oltre a dolori cervicali meramente riferiti
dall’interessata).
La difesa deduce:
– inosservanza ed erronea applicazione delle norme sostanziali contestate
all’imputato, nonché omessa motivazione della sentenza impugnata, censurando
che la dichiarazione di penale responsabilità risulta fondata soltanto sulle
dichiarazioni della persona offesa, da intendersi soggetto portatore di interessi
antagonistici rispetto a quelli del ricorrente, e che risulta comunque smentita
quanto all’affermazione che il Brasini – sulla mano con cui l’avrebbe colpita al
volto sferrandole un pugno – aveva un anello appuntito, circostanza da
escludere in ragione dell’entità delle lesioni che ne erano derivate;
– insussistenza del dolo, segnalando che «il signor Brasini non è tornato sul luogo
con l’intenzione di dare una lezione alla Burzotta ma solo di chiedere spiegazioni
del suo comportamento scortese. L’essersi visto attorniato da molteplici persone
con cattive intenzioni ha scaturito il susseguirsi degli eventi che non possono
essere attribuiti al signor Brasini»;
– inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 52 cod. pen., argomentando che
l’imputato, «a causa delle circostanze verificatesi essendo stato attorniato da
molteplici amici della Burzotta, tutti con intenzioni non buone visto che gli stessi
lo stavano aggredendo, per difendere un diritto proprio quale quello della sua
integrità fisica, ha sferrato un colpo che nella mischia è andato forse a colpire la
Burzotta cagionandole le lesioni lamentate».

CONSIDERATO IN DIRITTO

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acquistare, era tornato senza più il bambino al seguito, quindi l’aveva presa a

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile, per manifesta infondatezza e
genericità dei motivi.
1.1 La giurisprudenza di legittimità, con un recente intervento del massimo
organo di nomofilachia, ha definitivamente chiarito che «le regole dettate
dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni
della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa

dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in
tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono
sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone» (Cass., Sez. U, n. 41461 del
19/07/2012, Bell’Arte, Rv 253214). Nel caso in esame, peraltro, neppure
potrebbe porsi in astratto il problema paventato dalla difesa, atteso che gli
assunti della Burzotta (per inciso, neppure costituitasi parte civile, stando agli
atti qui trasmessi) erano pienamente suffragati dalle certificazioni mediche e da
dati logici: fra questi, la circostanza che fu la donna, e non l’imputato – che pure
continua a sostenere di essere stato aggredito da più malintenzionati – a
sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine. Costituisce poi una mera illazione
l’assunto della difesa secondo cui la Burzotta avrebbe dovuto palesare lesioni più
gravi, se fosse stata attinta al volto da un anello appuntito.
1.2 Assolutamente inconsistente risulta la tesi del ricorrente che vorrebbe il
medesimo non animato da dolo, perché intenzionato solo a chiedere ragione alla
persona offesa di una pregressa condotta inurbana: la ricostruzione che indica
l’imputato come non responsabile degli avvenimenti successivi, oltre ad investire
(inammissibilmente, in sede di legittimità) il merito della vicenda, mira a
descrivere irragionevolmente il Brasini come una sorta di vittima inconsapevole
di eventi cui egli stesso aveva dato comunque causa.
1.3 E’ ancora una volta meramente allegata, come pura tesi di comodo, la
presunta aggressione subita dal Brasini e già smentita dai giudici di merito: a dir
poco pretestuosa si rivela, in particolare, la dinamica sostanzialmente istintiva
del gesto che l’imputato avrebbe realizzato per fini di difesa, andando “forse” a
colpire la Burzotta. In tal modo, la difesa persevera nel prospettare a questa
Corte una ricostruzione alternativa (e del tutto arbitraria) delle risultanze
istruttorie.

2. Stante la ritenuta inammissibilità del ricorso, non è possibile prendere
atto della prescrizione del reato contestato all’imputato (sopravvenuta il
02/11/2011, in data posteriore alla sentenza di appello): per pacifica

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verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del

giurisprudenza di questa Corte un ricorso per cassazione inammissibile, vuoi per
manifesta infondatezza dei motivi vuoi per altra ragione, «non consente il
formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129
cod. proc. pen.» (Cass., Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266,
relativa appunto ad una fattispecie in cui la prescrizione del reato era maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; v. anche, negli stessi

3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Brasini al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 21/03/2013.

termini, Cass., Sez. IV, n. 18641 del 20/01/2004, Tricorni).

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