Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46417 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 46417 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LEONE GIOVANNI N. IL 26/09/1973
avverso l’ordinanza n. 13/2012 TRIB.SEZ.DIST. di PISTICCI, del
12/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/sgatite le conclusioni del PG Dott.9,e3 ;LQ

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Data Udienza: 24/10/2013

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza resa il 12 ottobre 2012 il Tribunale di Matera, sezione distaccata di
Pisticci, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rideterminava nei confronti del
condannato Giovanni Leone il presofferto in custodia cautelare con riferimento all’ordinanza
del 31 gennaio 2011 e respingeva l’istanza, proposta dal Leone, per il riconoscimento in
sede esecutiva della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze indicate nella
richiesta stessa.
1.1 II Tribunale fondava la decisione sull’assenza di un disegno criminoso unitario a

non essendo a tal fine sufficiente nemmeno il dedotto stato di tossicodipendenza,
espressione di una mera tendenza a delinquere; inoltre, riscontrava la fondatezza
dell’istanza dell’interessato circa l’erroneo calcolo del presofferto, che si era protratto per
un anno e non per mesi tre e giorni ventiquattro come riportato nel provvedimento di
unificazione di pene concorrenti, emesso dal Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Matera in data 5/7/2012.
2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a
mezzo del suo difensore, il quale ha lamentato:
a) mancanza e manifesta illogicità della motivazione, violazione di legge ed inosservanza
ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 666 e 663 cod.proc.pen.;
era documentalmente dimostrato che esso ricorrente aveva interamente espiato la pena
comminatagli di anno uno di reclusione nell’ambito del processo iscritto al nr. 5135/2011
R.G. Trib. per avere sofferto custodia cautelare dal 2/2/2011 all’ 1/2/2012 e dal 29/1/2011
all’8/10/2011 per mesi otto e giorni dieci di reclusione in relazione alla sentenza nr.
44/2011 del Tribunale di Matera ed anche in forza di altro titolo custodiale, per un totale di
anni uno, mesi otto e giorni dieci.
b) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione, inosservanza ed erronea applicazione
della legge penale in relazione all’art. 81 cod. pen.: il primo giudice aveva omesso di
prendere in considerazione i rilievi e le argomentazioni esposte, dimostrative dei
presupposti per il riconoscimento della continuazione, ossia l’assoluta identità, quanto a
tipologia, caratteristiche e finalità, dei reati di furto commessi per procurarsi il denaro
necessario all’acquisto di stupefacente.
3.Con requisitoria scritta depositata il 30 maggio 2013 il Procuratore Generale presso
la Corte di Cassazione, dr. Sante Spinaci, ha chiesto l’annullamento senza rinvio
dell’ordinanza impugnata limitatamente alla statuizione della determinazione del
presofferto, correttamente determinato nel provvedimento di cumulo del P.M. del
22/11/2011 ed il rigetto nel resto del ricorso.

Considerato in diritto

1

monte della commissione delle violazioni per le quali il Leone aveva riportato condanna,

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
1.In punto di fatto dagli atti del procedimento risulta che:
-con decreto in data 22/11/2011 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Matera, nel determinare la pena da eseguire nei confronti di Giovanni Leone, aveva
ritenuto già espiata la pena detentiva di mesi otto e giorni dieci di reclusione, inflittagli con
sentenza del Tribunale di Matera dell’ 1/2/2011, irrevocabile il 28/10/2011, in ragione del
presofferto di pari durata, dipendente dalla sottoposizione del condannato a custodia
cautelare in carcere ed agli arresti domiciliari dal 29/1/2011 all’8/10/2011;

determinato la pena complessiva da eseguire in anni due, mesi sei di reclusione in
relazione alle condanne inflitte al Leone con: a)la sentenza del Tribunale di Matera, sezione
distaccata di Pisticci, del 2/3/2011, che gli aveva irrogato la pena di anno uno e mesi sei di
reclusione per violazione dell’art. 9 I. 1423/56 e minaccia a pubblico ufficiale; b) sentenza
del Tribunale di Matera, sezione distaccata di Pisticci, del 5/5/2011, che gli aveva
comminato la pena di anno uno di reclusione per il delitto di furto aggravato, dal quale
cumulo materiale aveva detratto ulteriore presofferto per mesi tre e giorni ventiquattro,
relativo al periodo di detenzione per misure cautelari subito dal 9/10/2011 alli 1/2/2012,
così ricalcolando il “quantum” di pena da espiare in anni due, mesi due, giorni sei di
reclusione.
-Con ordinanza del 12 ottobre 2012 il Tribunale di Matera, sezione distaccata di Pisticci, nel
pronunciare sull’incidente di esecuzione proposto dal condannato, ha accolto l’istanza e nel
dispositivo ha espresso la decisione nei seguenti testuali termini “ridetermina il presofferto
in custodia da Leone Giovanni con riferimento al titolo cautelare del 31/1/2011, notificato il
2/2/2011…rigetta la chiesta continuazione”.
1.1 Ebbene, nonostante il dispositivo del provvedimento in verifica non espliciti in
modo compiuto e comprensibile la volontà decisoria del suo autore, nella motivazione è
stato rilevato che a carico del Leone erano state emesse due ordinanze custodiali, una in
data 29/1/2011 in relazione ai reati giudicati con la sentenza n. 44/2011 del Tribunale di
Matera emessa nel febbraio 2011, irrevocabile il 28/10/2011, ed altra in data 2/2/2011 per
quelli di cui alla sentenza n. 156/2011 del Tribunale di Matera, sezione distaccata di
Pisticci, del 5/5/2011, irrevocabile il 5/4/2012, titoli ritenuti compatibili tra loro e non
determinanti la sospensione dell’esecuzione della prima misura cautelare. Ha concluso
quindi che il presofferto doveva essere rideterminato in anno uno, mesi due, giorni sei, in
tal modo disattendendo la richiesta del condannato di calcolare in anno uno e mesi otto il
periodo di detenzione anticipata per effetto dei due titoli custodiali sopra citati.
2. Osserva questa Corte che, sebbene l’ordinanza sia affetta da un chiaro errore
nell’apprezzamento della durata del presofferto, perché calcolato in eccesso rispetto a
quanto effettivamente risultante dagli atti, la stessa non può essere sul punto annullata, né
modificata in assenza di qualsiasi iniziativa impugnatoria da parte dell’accusa: tale

2

-con successivo provvedimento del 5/7/2012 lo stesso Procuratore della Repubblica aveva

intervento, sollecitato dal Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta, si risolverebbe
in un’inammissibile violazione del divieto di “reformatio in peius”.
2.1 Tanto premesso, è pacifico che, ancorchè il Leone sia stato sottoposto a due
diverse ordinanze applicative della custodia cautelare in carcere, poi sostituita con gli
arresti domiciliari, in realtà, per l’omogeneità e la compatibilità delle due forme di
restrizione impostegli, le stesse sono state eseguite per lo più contestualmente secondo
quanto disposto dall’art. 297 cod. proc. pen., comma 5; in ogni caso egli ha subito
carcerazione preventiva soltanto per il periodo ininterrotto dal 29/1/2011 all’1/2/2012 per

ricorso. Entrambi, infatti, omettono di considerare quanto deducibile dagli atti del
procedimento, ossia che il Procuratore della Repubblica aveva già imputato un primo
periodo di custodia cautelare per mesi otto e giorni dieci alla pena, dichiarata interamente
già espiata, inflitta al Leone con la sentenza del Tribunale di Matera dell’ 1/2/2011,
irrevocabile il 28/10/2011, sicchè, all’esito di tale operazione, avrebbero potuto essere
considerati soltanto i tre mesi e ventiquattro giorni di presofferto residuo, che il P.M. aveva
correttamente detratto dal cumulo materiale operato con il decreto del 5/7/2012.
2.2 La pretesa del ricorrente di duplicare la durata delle misure cautelari -dal
29/1/2011 all’8/10/2011 e dal 2/2/2011 all’1/2/2012- in ragione della diversità dei relativi
titoli emessi, nonostante la loro parziale contemporaneità, non ha alcun fondamento
giuridico, dovendosi considerare soltanto il periodo di effettiva privazione della libertà
personale subito, a prescindere dalla decorrenza e dall’inefficacia successiva delle singole
misure.
3. La diversa questione dell’applicabilità in sede esecutiva dell’istituto della
continuazione, ha ricevuto, invece, corretta e motivata soluzione nel provvedimento
impugnato, che resiste alle censure sviluppate col ricorso. Il giudice dell’esecuzione ha,
infatti, evidenziato con plausibili argomentazioni le ragioni fattuali desunte dalle sentenze
di condanna, ritenendo la prossimità temporale, l’omogeneità dei reati commessi e lo stato
di tossicodipendenza del responsabile insufficienti ad offrire dimostrazione dell’esistenza di
quell’unico iniziale programma in vista di uno scopo determinato, ricomprendente le
singole violazioni, che costituisce l’indefettibile presupposto per il riconoscimento della
continuazione. Ha quindi concluso che le violazioni per le quali era intervenuta condanna
costituivano espressione di una generale abitudine a delinquere in danno dell’altrui
patrimonio, desunta dai precedenti riportati nel certificato del casellario giudiziale.
3.1 La decisione contestata è supportata da motivazione, che, oltre ad essere in sé
logica e coerente, risulta in linea col dettato normativo e con i principi interpretativi
elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, mentre il ricorso allude all’unico disegno
criminoso costituito dal trarre profitto dalla commissione di furti, ossia richiama quello che
è stato il movente venale delle azioni criminose, non il preventivo programma di realizzarle
con modalità deliberate almeno nelle linee generali e richiama la condizion di
tossicodipendenza.

3

un anno e quattro giorni, non nella misura indicata nel provvedimento e nemmeno nel

3.2 In punto di diritto è opportuno richiamare il costante insegnamento di questa
Corte, secondo il quale, anche dopo la modifica apportata all’art. 671 c.p.p., comma 1, dal
D.L. n. 272 del 2005, art. 4-vicies, convertito con la L. n. 49 del 2006, che ha introdotto
nel testo normativo una disposizione a contenuto generale, per la quale “la consumazione
di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza” deve essere considerata “fra gli
elementi che incidono sulla applicazione della disciplina del reato continuato”, sia nel
giudizio di cognizione, che nella fase dell’esecuzione, l’intervento interpretativo della Corte
di Cassazione si è espresso nel senso che, per quanto la novellazione dell’art. 671 cod.

responsabile tossicodipendente, tale condizione personale non può ritenersi da sola
sufficiente per ottenere in via automatica il riconoscimento dell’unicità del disegno
criminoso a monte della commissione di una pluralità di reati, richiedendosi piuttosto la sua
valutazione, quando la sua sussistenza sia allegata o risulti dagli atti, unitamente agli altri
requisiti già individuati dalla giurisprudenza per applicare l’istituto della continuazione
(Cass., sez. 1, 14.02.2007, n. 7190, rv. 235686, Procuratore generale in proc. Bernardis;
sez. 1, 27.04.2011 nr. 20144, Casà, rv. 250297; sez. 5, 23.02.2010, nr. 10797, rv.
246373, Riolfo; sez. 1, 7.07.2010, nr. 33518,rv. 248124, Trapasso; sez. 1, 13.10.2010 nr.
39287, rv. 248841, Presta).
3.3 Poiché tali ulteriori condizioni non sono state ravvisate dal Tribunale con
motivazione adeguata e logica, anche la questione dello stato di tossicodipendenza non
assume rilevanza decisiva.
Per le considerazioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente
condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in relazione ai profili di
colpa, insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, di una somma di denaro in favore
della Cassa delle Ammende, che si reputa equo determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2013.

proc. pen. abbia inteso attenuare il rigore del regime sanzionatorio nei confronti del

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