Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46415 del 24/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 46415 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KHAZAR SALAHEDDINE N. IL 05/11/1988
avverso l’ordinanza n. 3068/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
VENEZIA, del 08/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere D tt. MO>ICA BONI;
lette/watite le conclusioni del PG Dott.
ef2Qo
rad( RQ.
(j2

Uditi difenso Avv.;

Data Udienza: 24/10/2013

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza resa 1’8 gennaio 2013 il Tribunale di Sorveglianza di Venezia
respingeva l’opposizione proposta dal condannato Salaheddine Khazar avverso il
decreto col quale il Magistrato di Sorveglianza di Venezia in data 22 ottobre 2012
aveva disposto la sua espulsione dal territorio nazionale ai sensi dell’art. 16, comma 5,
D.Lgs. n. 286/98, ritenendo che la sua condizione di soggetto straniero cui era stata

ha subito il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, il che
legittimava l’adozione del provvedimento espulsivo.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a
mezzo del suo difensore, il quale ha lamentato violazione di legge in relazione al
disposto dell’art. 16, comma 5, nella parte in cui richiama l’art. 13, comma 2, D.Igs.
286/98, per avere il Tribunale di Sorveglianza operato l’applicazione analogica di tale
ultima norma di legge laddove indica i presupposti per procedere all’espulsione del
condannato straniero con effetti sfavorevoli per l’interessato, nonostante i due
procedimenti amministrativi, finalizzati rispettivamente al rilascio del permesso di
soggiorno ed alla regolarizzazione del rapporto di lavoro, siano distinti e diversamente
disciplinati quanto a requisiti di ammissibilità e la disposizione dell’art. 16, comma 5,
avesse natura penale sostanziale, non potendo quindi essere oggetto di interpretazione
analogica, se non a vantaggio del condannato.
3.Con requisitoria scritta depositata il 22 maggio 2013 il Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione, dr. Roberto Aniello, ha chiesto il rigetto del ricorso,
ritenendo che il ricorrente non potesse invocare la disciplina sull’esenzione
dall’espulsione in quanto la sua domanda di emersione dal lavoro irregolare era stata
respinta per l’avvenuto ingresso nel territorio dello Stato mediante elusione dei
controlli di frontiera.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va dunque respinto.
1.11 ricorrente sottopone a critica il provvedimento assunto dal Tribunale di
Sorveglianza con argomenti che, seppure in astratto fondati, nel caso specifico non
possono condurre all’invocato annullamento.
1.1Va premesso in punto di fatto che nei confronti del Khazar il Magistrato di
Sorveglianza di Venezia ha applicato l’espulsione quale misura alternativa
all’espiazione nel territorio nazionale di pena detentiva, di cui al provvedimento d
unificazione di pene concorrenti, emesso dal Procuratore della Repubblica pre o i

1

respinta la richiesta di emersione dal lavoro irregolare fosse equiparabile a quella di chi

Tribunale di Milano in data 22/9/2011, ritenendo sussistenti i presupposti applicativi,
stabiliti dall’art. 16 D.Igs. n. 286 del 1998, il quale richiama quanto richiesto dall’art.
13, comma 2, dello stesso decreto per l’adozione dell’espulsione in via amministrativa
dello straniero irregolare. In particolare, ha considerato che il Khazar aveva fatto
ingresso nel paese mediante elusione dei controlli di frontiera, situazione prevista
dall’art. 13, comma 2 lett. a), secondo quanto riportato nell’annotazione di servizio

1.2 Per contro, il Tribunale di Sorveglianza, chiamato a pronunciarsi
sull’opposizione proposta dal condannato, ha tralasciato tale considerazione, ha
erroneamente ritenuto sussistere i diversi presupposti per disporre l’espulsione in sede
esecutiva stabiliti dall’art. 13, comma 2, lett. b), per avere egli subito il rigetto della
domanda di emersione del lavoro irregolare, equiparato negli effetti al rigetto
dell’istanza per il rilascio del permesso di soggiorno.
1.3 Tali considerazioni non sono condivisibili.
1.3.1 E’ noto che il testo originario dell’art. 13, comma 2, lett. b), tra le condizioni
per disporre l’espulsione in via amministrativa contemplava l’essersi lo straniero
“trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel
termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il
permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di
sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo” e la giurisprudenza di questa Corte
aveva costantemente interpretato la previsione dei presupposti per procedere ad
espulsione in sostituzione di espiazione di pena detentiva nel territorio dello Stato
come tassativa e non estensibile a situazioni differenti, quali la pendenza del
procedimento per il rilascio del permesso di soggiorno oppure il suo diniego.
1.3.2 Si era affermato in relazione al delitto di cui all’art. 14, comma 5-ter del
D.Lgs. n. 286 del 1998, che nel testo antecedente la riforma introdotto con la legge n.
94 del 2009 annoverava i medesimi presupposti richiesti per procedere ad espulsione
anticipata nel procedimento di esecuzione penale di condanna a pena detentiva ai sensi
dell’art. 16, comma 5, stesso testo di legge, che la condotta incriminata dall’art. 14,
comma 5-ter non era configurabile nei casi in cui lo straniero si fosse trattenuto
successivamente all’ordine di lasciare il territorio nazionale dello Stato entro cinque
giorni, emesso a seguito di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto
l’equiparazione a livello interpretativo del rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno
alla sua revoca o all’annullamento darebbe luogo ad applicazione analogica della norma
incriminatrice con effetti sfavorevoli per l’interessato al di là della previsione tassativa
e testuale dei presupposti dell’azione antigiuridica (Cass. sez. 1, n. 24813 del
21/04/2010, Souada, Rv. 247808; sez. 1, n. 244 del 7/12/2007, PG c/o Raqi, rv.

2

della Questura di Treviso del 3 ottobre 2011.

238817; sez. 1, n. 1479 del 18/12/2007, PG c/o Khouma, rv. 238818; sez. 1 n. 3500
dell’11/1/2007, Arab, rv. 235743; sez. 1, n. 27743 del 18/5/2004, Nefzi, rv. 229727).
1.3.3 Soltanto con il d.l. n. 89 del 23 giugno 2011, convertito con modificazioni
nella legge 2 agosto 2011 n. 129, l’art. 13 sopra citato è stato modificato con
l’aggiunta tra le situazioni che giustificano l’espulsione dello straniero anche del rigetto
della domanda di permesso di soggiorno. Conservano però attualità i rilievi, già

partem” della norma in esame, dal momento che il rigetto dell’istanza di emersione
non può sotto alcun aspetto essere equiparato al rifiuto di permesso di soggiorno.
Trattasi di decisione di analogo contenuto, ma riguardante due istituti giuridici diversi,
l’uno volto a legittimare la presenza permanente nel territorio di cittadini di paesi
stranieri extracomunitari, l’altro, secondo quanto prescritto dall’art. 1-ter del d.l.
1/07/2009, n. 78, convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102, a regolarizzare una
determinata tipologia di rapporto di lavoro subordinato, instaurato in modo illegale tra
cittadini italiani o comunitari quali datori di lavoro e soggetti di origine comunitaria o
extracomunitaria, questi ultimi in possesso di titolo di soggiorno, oppure comunque ed
in via di fatto presenti nel territorio nazionale ed adibiti a mansioni di assistenza di
persone non autosufficienti o di collaborazione domestica.
1.3.4 La legge da ultimo citata disciplina il procedimento per la legalizzazione del
rapporto di lavoro irregolare, da attivarsi da parte del datore di lavoro mediante
presentazione della dichiarazione di emersione, redatta su modello informativo ed
entro un determinato termine, di cui al comma 2 dell’art. 1-ter, pagamento di un
contributo forfetario, ed inserimento, a pena d’inammissibilità di requisiti tassativi,
stabiliti dal comma 4 .
1.3.5 Da tali premesse discende che la pratica di legalizzazione può essere
respinta per ragioni differenti, che, diversamente da quanto sostenuto nella requisitoria
scritta del Procuratore Generale, non necessariamente consistono nella presenza
irregolare del lavoratore straniero per essere questi entrato nel territorio nazionale
eludendo i controlli di frontiera, dal momento che l’ingresso o il trattenimento irregolari
sono contemplati tra i presupposti soggettivi del lavoratore proposto per l’emersione
ed il rigetto della relativa domanda può dipendere dalla sua tardività, dal mancato
pagamento del contributo, oppure dalle carenze di contenuto dell’istanza. Il che è
tanto più valido nel caso in esame, nel quale dagli atti non emergono le specifiche
ragioni per le quali la domanda riguardante il Khazar era stata respinta.
2. Se, pertanto, non può condividersi il percorso giustificativo esposto
nell’ordinanza impugnata, perché frutto di applicazione analogica di norma sostanziale
con effetti svantaggiosi per il condannato, ciò nonostante deve rilevarsi che agli atti
sussiste la prova del fatto che il ricorrente si trovava nelle condizioni per dover subir

3

elaborati da questa Corte, in ordine al divieto di applicazione analogica in “malam

in ogni caso l’espulsione, secondo quanto stabilito dall’art. 13, comma 2 lett. a), in
quanto, come riferito dalla nota della Questura di Treviso del 3/10/2012, richiamata
nel provvedimento del Magistrato di Sorveglianza, confermato dal Tribunale, egli aveva
fatto ingresso nel territorio dello Stato, sottraendosi ai controlli di frontiera e senza
essere stato respinto. Per tale ragione, e non per quanto erroneamente sostenuto
nell’ordinanza impugnata, la cui motivazione deve essere rettificata perché inficiata da

conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2013.

errore di diritto ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., il ricorso va respinto con la

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA