Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46403 del 25/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 46403 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Natati Marcello

n. il 16 marzo 1971

avverso
la sentenza 26 novembre 2011 — Corte di Appello di Bologna;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr.

Eduardo Vittor Scardaccione, Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende;

Data Udienza: 25/10/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Svolgimento del processo
1. — Con sentenza deliberata in data 26 novembre 2011, depositata in cancelleria il 23 dicembre 2011, la Corte di Appello di Bologna dichiarava non doversi procedere nei confronti di Natati Marcello, imputato di più episodi concretanti il reato
di cui all’art. 9 primo comma L. 1423/56, limitatamente ai fatti commessi in data
12 settembre 2006 e nelle date del 12, 22 e 24 ottobre 2006, per essere i reati e-

due di arresto.
1.1. — Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata, Natati
Marcello, sottoposto a provvedimento di sorveglianza speciale in data 23 febbraio
2006 che gli faceva divieto, tra l’altro, di incontrarsi con persone già condannate
ovvero sottoposte a misure di sicurezza, violava la misura in dodici episodi.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Giampaolo Remondi, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione Natati Marcello
chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente tre motivi di ricorso:
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a) con la prima doglianza veniva rilevata la mancanza di motivazione ed erronea applicazione della legge penale in punto reato contestato; il giudice ha ignorato
il profilo assunto in gravame secondo cui, nella fattispecie, non sarebbe stata configurabile la frequentazione ripetitiva da parte del prefato di persone pregiudicate;
b) con la seconda censura veniva eccepita la carenza di motivazione in punto di
sussistenza dell’elemento psicologico; non aveva motivato il giudice sulla conoscenza da parte del ricorrente della condizione di pregiudicato delle persone frequentate;
c) con il terzo motivo di gravame veniva evidenziata la violazione della reformatio in pejus atteso che il giudice, che pur aveva dichiarato non doversi procedere
per intervenuta prescrizione per quattro episodi, non aveva provveduto alla relativa
diminuzione di pena.

Motivi della decisione
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.

Pubblica udienza:

10 luglio 2013

Natati Marcello — RG: 26235/12, RU: 1;

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stinti per prescrizione. Confermava nel resto la pena irrogata dal giudice in mesi

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

3.1. — È costante insegnamento di questa Corte ritenere che, in tema di contravvenzione agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza,
la prescrizione di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne o sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza non va intesa nel
senso letterale che l’espressione ha nella legislazione penale, con il richiamo a profili di comunanza di vita e di interessi, ma deve essere riferita esclusivamente alla

Ne consegue che, ai fini della configurabilità della citata contravvenzione, non è richiesta la costante e assidua relazione interpersonale, ben potendo la reiterata frequentazione essere assunta a sintomo univoco dell’abitualità di tale comportamento
(v. ex pluribus, Cass., Sez. 1, 8 aprile 2008, n. 16789, P.G. in proc. Danisi, rv.
240121). Nella fattispecie, peraltro, il giudice ha posto in evidenza che la pericolosità del soggetto si era palesata anche per il numero stesso delle violazioni (ben dodici) in un arco di tempo relativamente circoscritto.
3.2 — Anche il secondo motivo di gravame è manifestamente infondato e deve
essere dichiarato inammissibile.
3.2.1 — Il giudice ha motivato in modo esaustivo e logico in ordine alla circostanza che le persone dal Natati frequentate, così come evidenziato dalla istruttoria
svolta, erano conosciute sulla piazza di Ferrara sicché non potevano non essere noti
al prefato i loro trascorsi. Inoltre, non deve sfuggire l’ulteriore considerazione che il
reato ascritto al prefato ha natura contravvenzionale, sicché il contravventore risponde anche per negligenza, gravandogli l’onere di accertare, in forza della sua
condizione di persona raggiunta da misura di prevenzione, se i soggetti che con lui
si approcciano in modo apprezzabilmente significativo appartengano o meno al novero di quelli la cui frequentazione gli è preclusa.
3.3 — Parimenti manifestamente infondato è il terzo motivo di impugnazione.
3.3.1 — Ancorché sia evidente che il venir meno, per qualsivoglia ragione, di
uno dei reati ascritti all’imputato debba avere in via di principio una incidenza sulla
pena in concreto irrogata al condannato, è altrettanto certo però che tale ricaduta
in tanto sarà possibile in quanto, appunto, al reato venuto meno e ritenuto sia ricollegabile un qualche segmento di pena effettivamente inflitto. Nella fattispecie,
non solo il giudice di primo grado non aveva applicato il vincolo della continuazione
tra tutti gli episodi criminosi ascritti al Natati, ma aveva anche applicato il minimo

Pubblica udienza: 10 luglio 2013 — Natati Martello — RG: 26235/12, RU: 1;

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nozione di pericolosità sociale che qualifica la materia delle misure di prevenzione.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

della pena. Il venir meno pertanto di quattro episodi criminosi di dodici, non poteva
quindi dispiegare alcun effetto sul trattamento sanzionatorio, sicché bene ha fatto il
giudice a mantenere inalterata la sanzione finale.
3.4 — Quanto alla prescrizione dei residuali reati, maturata in epoca successiva
alla sentenza impugnata, trova applicazione il principio affermato da questa Corte
(Sez. U, 22 novembre 2000, n. 32, rv. 217266, De Luca), secondo cui l’inammissi-

consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129
cod. proc. pen.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 25 ottobre 2013

Il

nsigliere estensore

Il Presidente

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bilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non

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