Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46386 del 10/09/2013


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Penale Sent. Sez. F Num. 46386 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
CIGNETTI VALERIO

n. il 14.05.1962

avverso la sentenza n. 231/11 della Corte d’appello di Trieste del
4.10.2011.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 10 settembre 2013 la relazione fatta
dal Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Pietro Gaeta
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 10/09/2013

RITENUTO IN FATTO
CIGNETTI VALERIO ricorre per cassazione avverso la sentenza, in epigrafe indicata,
della Corte d’appello di Trieste di conferma della sentenza di condanna emessa nei
suoi confronti dal Tribunale di Udine il 4.10.2011 in ordine al reato di guida in stato di
ebbrezza,
Con il motivo si denuncia violazione di legge nella specie degli artt. 186 del C.d.S. e
dell’art. 379 del Regolamento di esecuzione ed attuazione dello stesso C.d.S.,
deducendosi che la prova dello stato di ebbrezza è stato desunta dai risultati

dato relativo né al tipo di apparecchio utilizzato per procedere all’accertamento, né
alla data di avvenuta revisione, né tanto meno alla data di scadenza della medesima,
tutto ciò in violazione del richiamato art. 379 del Regolamento di attuazione del
C.d.S..
Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione con riferimento al ritenuto
stato di ebbrezza alcolica, non essendo stata tenuta in alcun conto la testimonianza
del dott. Frassinetti, amico dell’imputato, che era stato in sua compagnia fino a poco
prima dell’accertamento operato dai carabinieri, il quale ha riferito che in sua presenza
il CIGNETTI non aveva assunto bevande alcoliche. Si evidenzia che il lasso di tempo
tra il momento in cui il ricorrente lasciò l’amico e quello in cui venne controllato risulta
di gran lunga inferiore alle due ore ipotizzate dalla Corte d’Appello, per cui è
ragionevole escludere che in tale esiguo lasso di tempo il ricorrente abbia potuto
assumere alcol.
RIITENUTO IN DIRITTO
I motivi, di cui il secondo non è consentito in questa sede, sono, comunque, infondati
e determinano il rigetto del ricorso.
Ebbene, quanto al primo motivo, conferente è il richiamo in sentenza alla costante
giurisprudenza di questa Corte secondo cui, allorquando l’alcoltest risulti positivo, la
difesa dell’imputato deve fornire una prova contraria a tale accertamento, quale, ad
esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata
metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non limitandosi a richiedere il deposito
della documentazione attestante la regolarità dell’etilometro. Inoltre, vale ricordare
che ai fini della prova della sussistenza dello stato di ebbrezza del conducente di
autoveicoli, non è necessario che l’accertamento strumentale effettuato mediante
l’etilometro trovi conferma anche in dati sintomatici riguardanti il comportamento del
soggetto interessato. Gli artt.186 del codice della strada e 379 del relativo
regolamento richiedono, infatti, soltanto che l’accertamento tecnico venga eseguito
con le modalità prescritte e che la concentrazione alcolemica, superiore al limite

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dell’accertamento effettuato con l’apparecchio etilometro sebbene non si evinca alcun

massimo consentito, risulti da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad
intervalli di tempo di cinque minuti.
Con riguardo al secondo motivo il ricorrente vorrebbe che questa Corte
inammissibilmente rivalutasse la deposizione testimoniale Frassinetti; sul punto giova
rammentare che il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato
dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo” (nel caso di
specie, nemmeno allegati, in violazione del principio di “autosufficienza del ricorso”

giurisprudenza civile, ma che trova applicazione anche nell’ambito penale), non ha
alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e
non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva,
non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite,
trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito (Cass. pen.
Sez. 4, 19.6.2006, n. 38424), giacché, attraverso la verifica del travisamento della
prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova
posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri
inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi (Cass. pen. Sez. 4, 12.2.2008,
n. 15556, rv. 239533; conformi: n. 27518 del 2006 Rv. 234604, n. 30440 del 2006
Rv. 236034, n. 4675 del 2007 Rv. 235656). Tale possibilità, peraltro, varrebbe
nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto
nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme (in cui le sentenze di primo e secondo grado
s’integrano completamente a vicenda in un unicum inscindibile, come nel caso di
specie), il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede
di legittimità (cfr. Cass. pen., sez. 4, 3.2.2009, n. 19710; conformi: n. 5223 del 2007
Rv. 236130, n. 24667 del 2007 Rv. 237207).
Nel caso di specie è l’accertamento strumentale, dunque, che conserva il suo pieno
valore probante e rende poco credibile, al di là delle dichiarazioni rese dal teste
Frassinetti,la tesi difensiva.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali .
offfiSIPTIS.triti Roma alla pubblica udienza del 10 settembre 2013.

costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla

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