Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46372 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46372 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Marini Mario, nato a Giulianova il 30.10.1953;
Andromeda Energy S.r.l.;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Teramo, in data 4.4.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Carmine Stabile,
il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
Udito il difensore, Avv. Guglielmo Marconi, il quale ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso,

Data Udienza: 07/11/2013

ritenuto in fatto

Con decreto del 5.2.2013, il Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Teramo dispose il sequestro preventivo di beni nei confronti di
Marini Mario, indagato per i reati di cui agli artt. 416 cod. pen. 640 bis cod.
pen. ed altro, nonché nei confronti di Andromeda Energy S.r.l. quale ente
responsabile di illecito amministrativo dipendente da reato.

Avverso tale provvedimento l’indagato e Andromeda Energy S.r.l.,
proposero istanza di riesame, ma il Tribunale di Teramo, con ordinanza del
4.4.2013, la respinse.
Ricorrono per cassazione i difensori di Marini Mario e di Andromeda
Energy S.r.l. deducendo:
1. violazione di legge in relazione all’art. 640 bis cod. pen. con
riferimento al difetto del fumus commissi delicti ed alla erroneità dei
presupposti individuati per ricondurre la materialità del fatto integrante
l’illecito alla sfera d’azione dei ricorrenti; il Tribunale non avrebbe
neppure sfiorato gli argomenti dedotti con la richiesta di riesame e
cioè l’attribuibilità all’indagato delle fasi relative al riconoscimento degli
incentivi alla società Andromeda Energy ed all’idoneità decettiva della
dichiarazione sostitutiva, asseritamente apocrifa; a) il Tribunale si è
limitato ad argomentare sulla posizione apicale di Marini, mentre il
G.I.P. aveva ancorato la responsabilità di Marini alla veste di legale
rappresentante della Giuma S.r.l.; non sarebbe configurabile il reato di
truffa, difetterebbe la querela per il falso in scrittura privata e il parere
del grafologo escluderebbe la riconducibilità della grafia a Marini;
l’autocertificazione non elideva l’obbligo di produrre documenti sui
quali si è formata la volontà dell’ente; non vi sarebbe perciò stata
nessuna immutatio veri; il 19.5.2011 Giuma S.r.l. trasmise la richiesta
di voltura dell’autorizzazione a favore di Andromeda Energy e ciò
avrebbe dato inizio ad un nuovo procedimento amministrativo, diverso
dal precedente il che renderebbe priva di fondamento l’ipotesi di truffa;
b) quanto ad Andromeda Energy Marini non ha falsificato la firma
sull’atto; Ghezzi, legale rappresentante di Andromeda Energy non è
raggiunto da alcun indizio di reità; la realizzazione dell’impianto non è
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dipesa dall’originaria autorizzazione, ma dalla volturazione; non
sarebbe sufficiente qualunque mendacio a far perdere la titolarità del
contributo incentivante; in capo a Marini non potrebbe essere
ravvisato il ruolo di artefice e sarebbe estraneo all’intero iter, non vi
sarebbero irregolarità nella pratica; il reingresso di Marini sarebbe
avvenuto dopo il momento consumativo della truffa;
2. violazione di legge in relazione all’art. 640 bis cod. pen. per il mancato

rapporto di causalità tra gli ipotizzati artifizi e raggiri e l’atto di
disposizione patrimoniale, nonché per l’errata individuazione del
soggetto passivo del delitto; la disposizione compiuta da GSF non
sarebbe in rapporto con la condotta attribuita a Marini e con l’artifizio
verso la Regione;
3. violazione di legge in relazione all’art. 640 bis cod. pen. per la
innocuità del mendacio consistito nella falsa attestazione, posto che i
fatti attestati erano veri;
4. violazione di legge in relazione all’art. 640 bis cod. pen. per l’erronea
identificazione dell’evento di profitto ingiusto e per l’assenza del danno
del reato, a fronte della regolarità dell’impianto;
5. violazione di legge in relazione agli artt. 322 bis e 640 bis cod. pen.
per l’erronea qualificazione e quantificazione del profitto di reato in
capo ad Andromeda Energy, dal momento che non sarebbe stata
operata distinzione tra attività illecita ed attività d’impresa;
6. violazione di legge in relazione agli artt. 5 e 24 D. Lgs n. 231/2001 per
il travisamento e l’erronea individuazione dei presupposti fondanti la
responsabilità da reato della persona giuridica; Marini non aveva alcun
ruolo apicale in Andromeda Energy e neppure Ghezzi in Giuma;
7. violazione della legge processuale in relazione all’art. 321 cod. proc.
pen. per l’eccesso di estensione del vincolo di indisponibilità con la
comunicazione a tutti gli Istituti bancari e per l’insussistenza del
periculum in mora nonostante l’avvicendamento dell’amministratore

della società.

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Considerato in diritto

I primi sei motivi di ricorso sono proposti fuori dai casi consentiti e
manifestamente infondati.
In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di
“violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per
cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la

mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali,
ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di
legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla
lett. e) dell’art. 606 stesso codice. (Cass. Sez. Un. sent. n. 5876 del
28.1.2004 dep. 13.2.2004 rv 226710. Fattispecie relativa ad annullamento
dell’ordinanza di riesame confermativa del sequestro probatorio di cose
qualificate come corpo di reato e del tutto priva di motivazione in ordine al
presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento
dei fatti).
Meno che mai è consentito, in sede di ricorso per cassazione, proporre
censure di merito.
Tutti i motivi di ricorso contestano invece, in buona sostanza, la
sussistenza di indizi del reato, con riferimento all’esclusione di
responsabilità individuali (trascurando peraltro l’ipotizzato concorso di
persone nel reato), l’esistenza di artifizi o raggiri, l’innocuità del mendacio, il
rapporto di causalità fra artifizi e raggiri ed atto di disposizione patrimoniale,
l’esistenza di ingiusto profitto e di danno e così via
Tali argomenti, che potranno essere dedotti nel corso del giudizio di
cognizione e non in sede cautelare, attengono, a ben vedere, non
all’astratta configurabilità del reato, ma all’esistenza di indizi e censurano la
motivazione.
Infatti la misura cautelare reale, per il momento in cui viene adottata (di
regola in una fase iniziale delle indagini preliminari) e per le sue finalità
(impedire la dispersione o l’occultamento dei beni prima della decisione del
giudice della cognizione, ovvero il loro utilizzo illecito), non può richiedere
una valutazione completa quale è quella del giudizio.
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In considerazione di ciò in sede di riesame dei provvedimenti che
dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione
sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a tutti gli
elementi della fattispecie contestata. Ne consegue che lo stesso giudice può
rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché però lo
stesso emerga “ictu oculr. (V. Cass. Sez. 4 sent. 23944 del 21.5.2008 dep.
12.6.2008 rv 240521).
correlazione con l’atto impugnato.
La comunicazione agli Istituti di credito non riguarda il provvedimento
impugnato, ma l’esecuzione dell’originario provvedimento cautelare.
Il periculum in mora, in ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla
confisca per equivalente, non riguarda la reiterazione di condotte illecite, ma
ha lo scopo di assicurare l’esecuzione della confisca, sicché è irrilevante
l’avvicendamento delle persone che ricoprono cariche sociali.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono
essere condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — ciascuna al pagamento a favore della cassa delle ammende
della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di mille euro alla
cassa delle ammende.
Così deliberato il 7.11.2013.

Il settimo motivo di ricorso è manifestamente infondato e difetta di

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