Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46370 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46370 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Garaffa Francesco Filippo, nato a Cosenza il 19/4/1971
Mazza Massimo, nato a Catanzaro il 13/11/1967
avverso la ordinanza 8/4/2013 del Tribunale per il riesame di Cosenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello , che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per i ricorrenti, l’avv. Vincenzo Belvedere e l’avv. Mazza, che hanno
concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 8/4/2013, Il Tribunale di Cosenza, a seguito di

istanza di riesame avanzata nell’interesse di Garaffa Francesco Filippo e
Mazza Massimo, indagati per il reato di cui all’art. 640 bis cod. pen.,
confermava il decreto del Gip di Cosenza, emessa in data 18/2/2013, con il
quale era stata applicata la misura cautelare reale del sequestro preventivo,

Data Udienza: 16/10/2013

anche per equivalente di somme, beni mobili ed immobili nella disponibilità
della società “Mediterranea Ricerca & Sviluppo s.r.l.” e degli amministratori,
Garaffa Francesco Filippo e Mazza Massimo, fino alla concorrenza della
somma di €.5.006.672,00.

2.

Il Tribunale riteneva sussistenti sia i requisiti del fumus commissi

delicti che quelli del

periculum in mora.

Osservava

che la

società

finanziamenti pubblici con l’obiettivo di «sperimentare e produrre
integratori ed ingredienti alimentari ottenuti attraverso l’utilizzo degli scarti
di lavorazione dell’industria lattiero-casearia», ottenendo l’erogazione di
oltre 5 milioni di euro. Le indagini della Guardia di Finanza avevano
permesso di appurare numerose incongruenze nelle voci di spesa di corredo
ai SAL presentati per la erogazione della contribuzione pubblica, relative a
rapporti di collaborazione con numerose persone che avrebbero dovuto
partecipare ad una ricerca sulla natura e quantità dei principi attivi estratti
da alghe. A seguito di una perquisizione, avvenuta il 3 luglio 2012 nello
stabilimento della società, la P.G. aveva rinvenuto un complesso aziendale
con evidenti segni di decadimento legato ad incuria e mancato utilizzo, tali
da far ritenere che il processo di lavorazione non aveva mai avuto inizio.
Un’ulteriore incongruenza riguardava una fattura emessa dalla Co. Eco S.a.s.
di Chiappetta Donatella & C. relativa ad una fornitura dell’importo di €.
76.800,00 che sovrastimava notevolmente il valore della fornitura
effettivamente eseguita. Quindi il Tribunale osservava che, alla luce delle
indagini svolte, non esistevano le premesse in fatto per la sperimentazione e
la produzione degli integratori ed ingredienti alimentari oggetto di ricerca,
essendo emersa soltanto una mera apparenza di attività economica messa in
piedi al solo fine di lucrare delle erogazioni finanziarie sotto forma di
finanziamento a fondo perduto o a tasso agevolato.

3.

Quanto al sequestro per equivalente, il Tribunale osservava che

l’intera operazione economica appariva finalizzata esclusivamente a lucrare i
finanziamenti pubblici, con la conseguente prognosi della confiscabilità dei
beni fino all’equivalente importo del finanziamento erogato. Escludeva,
inoltre, il Tribunale che il valore dei beni sequestrati esorbitasse il vincolo per
equivalente, reputando non affidabile la valutazione del consulente tecnico di

2

Mediterranea Ricerca & Sviluppo s.r.l. si era aggiudicata un pacchetto di

parte avente ad oggetto gli impianti ed i macchinari.
4.

Avverso tale ordinanza propongono ricorso Garaffa Francesco Filippo

e Mazza Massimo, sollevando cinque motivi di gravame.
4.1

Con il primo motivo deducono violazione di norme processuali

stabilite a pena di nullità per violazione dell’art. 63 cod. proc. pen.
eccependo l’inutilizzabilità dei verbali di sit resi da Dimizio Vincenzo, De Falco
Paolo, Salvo Fulvio, Testadura Marco e Regnoli Rossella. Al riguardo

P.M. e la P.G. erano perfettamente a conoscenza dei reati ipotizzabili a loro
carico ed obiettano che, alla luce di quanto prospettato nel capo di
imputazione, i collaboratori, in quanto sottoscrittori di atti ideologicamente
falsi, utilizzati per attestare oneri di spesa in parte inesistenti,
necessariamente dovevano considerarsi concorrenti nel reato di truffa.
Infatti, senza i contratti sottoscritti dai collaboratori e senza le sottoscrizioni
degli schemi di registrazione delle presenze, nessuna truffa, per come
ipotizzato dall’accusa, si sarebbe potuta consumare.
4.2

Con il secondo motivo deducono violazione di norme processuali

stabilite a pena di nullità per l’inosservanza dell’art. 63 cod. proc. pen.
eccependo l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Caruso Pier
Bartolomeo, in relazione alla fattura 225 del 30/11/2007, avendo costui reso
dichiarazioni indizianti innanzi alla politizia giudiziaria senza l’assistenza di
un difensore.
4.3

Con il terzo motivo deducono l’insussistenza del

fumus commissi

delicti e si dolgono che il Tribunale abbia omesso di valutare i molteplici
elementi che la difesa aveva posto alla sua attenzione con la memoria
depositata in atti. In proposito richiamano le deduzioni difensive relative agli
oneri di spesa sostenuti per le collaborazioni a progetto di Dimizio Vincenzo,
Salvo Fulvio, De Falco Paolo,Testadura Marco e Regnoli Rossella, osservando
che le spese relative ai collaboratori sono state regolarmente sostenute dalla
società e che l’eventuale restituzione di parte dei compensi percepiti da
Dimizio e De Falco agli amministratori configura un post factum che non
entra nello schema della truffa.
4.4

Con il quarto motivo eccepiscono che il valore dei beni sequestrati è

eccessivo rispetto alla somma per la quale è stato disposto il sequestro e si
dolgono della violazione del principio di proporzionalità fra il credito garantito
ed il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare. Al riguardo si dolgono di
motivazione apparente, eccependo che il Tribunale si è impegnato a

3

eccepiscono che, al momento i cui i detti collaboratori furono interrogati, il

smontare la consulenza estimativa del CT di parte con argomentazioni
implausibili e fittizie. Si dolgono, inoltre, che il Tribunale non ha preso
minimamente in considerazione il valore dei beni immobiliari dei due
ricorrenti che ammonta ad ulteriori svariati milioni di euro.
4.5

Con il quinto motivo deducono violazione dell’art. 322 ter cod. pen. in

relazione all’art. 321 cod. proc. pen. e si dolgono che il Tribunale non abbia
preso in esame la richiesta di decurtare dall’importo da sottoporre a

in considerazione le fideiussioni stipulate a garanzia del finanziamento.
Al ricorso sono allegati documenti tratti dal procedimento penale in corso e
due consulenze tecniche di parte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è infondato.

2.

Preliminarmente occorre premettere che secondo l’orientamento

espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, “In tema di riesame delle
misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto
può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 c.p.p.,
comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di
motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di
precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può
denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e
autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e)” (Cass. Sez. Un.
sent. n. 5876 del 28/1/2004 dep. 13/2/2004 rv 226710.).

3.

Ancora più recentemente, questa Corte ha ribadito che il ricorso per

cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o
probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione
dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia
quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo
posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo
a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Cas:s. Sez. 5,

sequestro le somme riconducibili ad investimento privato dei soci, prendendo

Sentenza n. 43068 del 13/10/2009 Cc. (dep. 11/11/2009 ) Rv. 245093).
4.

Nel caso di specie la motivazione del provvedimento impugnato non

è né del tutto mancante, né apparente. Al contrario la motivazione del
provvedimento impugnato consente di ricostruire il percorso argomentativo
seguito dal Tribunale per il riesame per pervenire alle conclusioni assunte e
prende in considerazione i principali argomenti sollevati dalla difesa.

Tanto premesso, per quanto riguarda il primo motivo, in punto di

inutilizzabilità dei verbali di sit resi da Dirnizio Vincenzo, De Falco Paolo,
Salvo Fulvio, Testadura Marco e Regnoli Rossella, le doglianze dei ricorrenti
sono state esaminate e respinte dal Tribunale con motivazione puntuale che
non può cadere sotto la censura della motivazione apparente, né vi sono
estremi di violazione di legge.
Correttamente il Tribunale ha richiamato l’arresto di questa Corte che ha
statuito che l’inutilizzabilità assoluta nei confronti di terzi, prevista dall’art.
63, comma secondo, cod. proc. pen., per le dichiarazioni rilasciate da
persona che fin dall’inizio avrebbe dovuto essere sentita in qualità di
indagato o imputato, è subordinata, in ogni caso, alla condizione che il
dichiarante sia colpito da indizi in ordine al medesimo reato ovvero al reato
connesso o collegato attribuito al terzo ed è finalizzata ad impedire che
l’utilizzazione di dette dichiarazioni possa risolversi, comunque, sia pure
indirettamente, in un possibile nocumento nei confronti di chi le ha rese. Ne
consegue che devono ritenersi utilizzabili le dichiarazioni rese allorquando,
rispetto al delitto attribuito al terzo, il dichiarante, indagato di altro reato,
assuma solo la specifica veste di testimone (Cass. Sez. 4, Sentenza n.
15451 del 14/03/2012 Cc. (dep. 20/04/2012 ) Rv. 253510). Nel caso di
specie il Tribunale non ha ritenuto ipotizzabile a carico dei dichiaranti alcun
reato, salvo il falso ideologico del privato in scrittura privata, fatto privo di
rilievo penale. Trattasi di una valutazione in fatto rispetto alla quale non
sarebbe concepibile un intervento di questa Corte in sovrapposizione
argomentativa rispetto alle determinazioni del Tribunale.

6.

Deve essere respinto anche il secondo motivo in punto di nullità e/o

inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Caruso Pier Bartolomeo in ordine
alla fattura 225 del 30/11/2007, per inosservanza dell’art. 63 cod. proc.
pen. Costui ebbe a rendere dichiarazioni auto ed etero indizianti e venne
indicato come indiziato di reato nell’informativa redatta dalla Guardia di

5.

Finanza, depositata in data 27/3/2013. Al riguardo occorre precisare che,
effettuando una prova di resistenza, l’eventuale inutilizzabilità delle
dichiarazioni etero ed autoindizianti rese dal Caruso alla RG. non
travolgerebbe la compattezza logica dell’impianto argomentativo, essendo
l’episodio relativo al narrato del Caruso soltanto uno dei numerosi elementi
che concorrono a formare il quadro indiziario.

Per quanto riguarda il terzo motivo, le censure sollevate attengono a

vizi della motivazione che non avrebbe preso adeguatamente in
considerazione, oppure avrebbe ignorato i molteplici elementi posti dalla
difesa all’attenzione del Tribunale per la libertà. Come tali

le censure

proposte sono inammissibili poiché il vizio di motivazione non può essere
fatto valere nei procedimenti relativi alle misure cautelari reali. Nel caso di
specie il Tribunale ha effettuato un esame degli elementi che compongono il
quadro indiziario con una motivazione nient’affatto apparente.

8.

Per quanto riguarda il quarto motivo in punto di violazione del

principio di proporzionalità fra il credito garantito ed il valore dei beni
sequestrati, la questione è stata valutata dai Tribunale per il riesame che ha
respinto la richiesta di riduzione del sequestro sul presupposto che il valore
dei beni sequestrati fosse esorbitante rispetto al profitto del reato e quindi
al valore confiscabile. Al riguardo il Tribunale ha preso in considerazione la
perizia del tecnico di parte ed ha ritenuto affidabili i prezzi di riferimento
relativi al complesso immobiliare posto sotto sequestro, ma se ne è
distaccato per quanto riguarda la valutazione degli impianti e macchinari.
Può discutersi – in astratto – sull’adeguatezza di tale motivazione, ma, non
essendo deducibile il vizio di motivazione, il motivo deve essere respinto.

9.

Le stesse considerazioni portano al rigetto anche del quinto motivo

che deduce censure analoghe ed in fatto, in quanto relative alla
determinazione concreta del profitto derivante dal reato, questione che
sfugge al sindaato di legittimità.

10.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

7.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali
Così deciso, il 16 ottobre 2013

Il Pre idente

Il Consigliere estensore

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